L’anno dell’agroalimentare italiano potrebbe chiudersi con il livello record di 50 mld di export
di Isabella Ceccarini
Secondo Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura, il 2021 sembra complessivamente positivo per l’agroalimentare: potrebbe chiudersi con il livello record di 50 miliardi di euro di export. La produzione, nonostante la pandemia e la mancanza dello sbocco nei canali HoReCa, ha continuato a garantire i rifornimenti e a mantenere un alto livello di qualità. «Il sistema agroalimentare è in grado di assicurare un significativo contributo al rilancio sostenibile e duraturo dell’economia italiana, ha dichiarato Giansanti.
Stime confortanti per la vendemmia 2021
Le stime per la vendemmia 2021 si attestano intorno ai 45 milioni di ettolitri. Un leggero calo rispetto alla media di 50 milioni registrati negli anni precedenti, ma comunque ragguardevole. Il fatturato prima della pandemia si aggirava intorno ai 13 miliardi di euro, di cui 6,2 venivano dall’export.
Anche il comparto vinicolo, sembra superfluo ribadirlo, risente molto del cambiamento climatico: episodi estremi che da saltuari sono diventati la norma. Dalla siccità che ha arso il Sud ai nubifragi del Nord, con grandinate violente e forti raffiche di vento. Eppure, nonostante il meteo avverso, il vino promette di essere di ottima qualità. Mai come quest’anno i periodi di raccolta differiscono da una zona all’altra dell’Italia: se in Sicilia il caldo esagerato ha fatto anticipare la maturazione dell’uva, nelle regioni del Nord come Lombardia e Veneto la vendemmia sarà ritardata. Qui i produttori si aspettano una produzione lievemente maggiore rispetto alle altre regioni settentrionali e di ottima qualità. Il Friuli Venezia Giulia sta invece combattendo contro la flavescenza dorata, una fitoplasmosi in arrivo dalla Slovenia che colpisce la vite.
Il cambiamento climatico e prezzi delle materie prime
Il cambiamento climatico incide sull’agricoltura e di conseguenza sui prezzi delle materie prime. Rincari del 20% per i cereali, 14% per i prodotti caseari, 20,5% per le carni. Aumenti che, come spiega Giansanti, sono la conseguenza di una serie di fattori che hanno un forte impatto sui bilanci delle aziende agricole e zootecniche.
Se gelate e siccità hanno compromesso il 30% della produzione di frutta e il 10% dell’uva da vino, la resilienza delle imprese agricole dipende anche dal loro tasso di innovazione tecnologica, sottolinea Massimiliano Giansanti. Il presidente di Confagricoltura rileva inoltre il contributo fondamentale che può svolgere l’agricoltura nella riduzione delle emissioni (ad esempio, l’agricoltura potrebbe fornire biometano di origine agricola per il 10% del fabbisogno nazionale).
Via libera all’innovazione in agricoltura quando si traduce in risparmio di acqua e riduzione dell’uso di fertilizzanti e pesticidi e in razionalizzazione della gestione delle imprese agricole. È impensabile che un settore come l’agroalimentare, che vale 540 miliardi di euro (ovvero il primo comparto produttivo italiano), non sia al passo con tecnologia, scienza e ricerca.
La mancanza di manodopera
I produttori agricoli si trovano davanti alla mancanza di manodopera proprio nel momento clou della raccolta dei pomodori e della vendemmia, come sottolinea Giansanti, che ha chiesto l’emanazione di un nuovo decreto flussi per far entrare in Italia nuovi lavoratori stranieri. Inoltre, Confagricoltura ha chiesto la proroga dei permessi di soggiorno scaduti affinché chi è già in Italia con un permesso di soggiorno possa restarvi un periodo ulteriore per lavorare. È un problema che esiste da tempo, per il quale non è più possibile ricorrere a rimedi temporanei dettati dall’emergenza, ma che necessita invece di soluzioni strutturali.
Il cambiamento climatico e la carenza di manodopera rischiano di essere un ostacolo allo sviluppo del potenziale produttivo agricolo del nostro Paese. Questo significa diminuire il volume e la tipologia delle colture, con il risultato di aumentare la nostra dipendenza dalle importazioni mentre avremmo le potenzialità per raggiungere l’autosufficienza della produzione alimentare.
Come ha più volte ribadito Giansanti, il Recovery Fund rappresenta un’occasione irripetibile per il potenziamento del comparto agricolo, che costituisce una componente fondamentale del Pil italiano: «Abbiamo l’occasione per realizzare la transizione ecologica in linea con gli obiettivi fissati dall’Unione Europea. Completare la digitalizzazione diffusa sull’intero territorio nazionale. Modernizzare le infrastrutture e la rete dei trasporti, anche per agevolare la presenza dei nostri prodotti sui mercati internazionali».
Basta polemiche, è il tempo del dialogo
Giansanti, d’accordo con Carlo Bonomi, presidente di Confindustria, ritiene che sia il momento di mettere da parte le polemiche e di aprire la stagione del dialogo, perché tutti dobbiamo lavorare per raggiungere un obiettivo comune: la crescita dell’Italia. Stiamo recuperando bene le perdite generate dalla pandemia, ma – rispetto agli altri Paesi europei – siamo ancora sotto i livelli del 2008 a cui si aggiunge una pesante crisi demografica.
L’Italia è ancora in difficoltà nella competizione internazionale, ma ha buone possibilità di recupero. Bisogna investire nei giovani, come dimostra l’agricoltura: un settore produttivo che sta risvegliando un interesse crescente tra i giovani, che investono e innovano dimostrando anche una grande attenzione ai temi della sostenibilità ambientale.
Regole trasparenti e uguali per tutti
È stata recentemente approvata la riforma della PAC (la politica agricola comune) che ha diminuito del 15% la dotazione destinata all’Italia. Massimiliano Giansanti affonda il coltello nella piaga quando reclama scelte politiche nette e denuncia le distorsioni del mercato generate dal dumping. Regole e accordi commerciali devono essere trasparenti, ma soprattutto uguali per tutti. Non si deve più permettere alle grandi catene la vendita di prodotti ortofrutticoli a pochi centesimi: una manovra possibile perché i prodotti provengono da Paesi che hanno costi di manodopera, di energia e di trasporti inferiori a quelli italiani.
Quello che costa troppo poco viene da Paesi con scarsi controlli – o nessun controllo – sulla qualità e sanità dei prodotti agricoli, dove si fa uso di pesticidi e dove la manodopera è sfruttata oltre i limiti della schiavitù.
Competitività fa rima con sostenibilità
Giansanti sollecita la necessità di una strategia dell’agroalimentare che guardi al medio-lungo periodo. Il mondo sta cambiando e con esso le scelte dei consumatori. Competitività oggi fa rima con sostenibilità, e sono proprio i giovani a dichiararsi disponibili a spendere qualcosa in più per un prodotto sostenibile. Anche qui ripetiamo un concetto già detto, ovvero che la transizione non sarà un pranzo di gala.
Per riorganizzare la filiera agricola nazionale in chiave sostenibile, operazione che comporterà degli aggravi economici anche per le aziende, è indispensabile che le imprese che dimostrano di volersi aprire all’innovazione e di essere attente alla salute dell’uomo e del Pianeta siano accompagnate e sostenute nel loro percorso verso la piena sostenibilità.
«Gli imprenditori agricoli sono pronti ad investire sulle innovazioni, per migliorare i processi produttivi, nell’ottica della sostenibilità ambientale; per rafforzare la tutela delle risorse naturali e la cura del territorio; per partecipare attivamente alla produzione di energie rinnovabili, ma dal governo deve arrivare un segnale chiaro e costante sulla puntuale e totale applicazione del PNRR e delle riforme interne collegate, a partire dall’efficienza della pubblica amministrazione».
Segnale che sembra arrivato dal ministro delle Politiche Agricole, Stefano Patuanelli. Il PNRR assegna circa 5 miliardi di euro ai progetti del settore agroalimentare italiano: dalla meccanizzazione, ai contratti di filiera, all’irrigazione. Altri tre miliardi sono stati destinati alle agro-energie, a cui si aggiungono gli stanziamenti a favore delle innovazioni tecnologiche. Inoltre, 910 milioni – finanziati con i fondi di Next Generation EU – sono stati messi a disposizione dell’Italia per aumentare la capacità di spesa dei programmi di sviluppo rurale nel biennio 2021-2022.