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L’UE sostiene l’agricoltura biologica in modo efficace?

L’UE sostiene l’agricoltura biologica in modo efficace?
Image by Mirko Fabian from Pixabay

Agricoltura biologica nel 25% dei terreni UE entro il 2030: un obiettivo raggiungibile?

L’agricoltura biologica è una componente fondamentale per il successo della strategia UE Farm to Fork. Ma il sostegno dell’Unione Europea è davvero efficace?

La Corte dei conti europea manifesta alcune perplessità nella Relazione speciale Agricoltura biologica nell’UE – Lacune e incoerenze ostacolano il successo della pertinente politica: rileva la mancanza di una visione e la definizione di valori-obiettivo che vadano al di là del 2030, oltre alle modalità con cui misurare i progressi compiuti.

In sostanza, secondo la Corte dei conti non basta erogare finanziamenti se non si presta la giusta attenzione ai requisiti e alle esigenze del settore.

Gli obiettivi ambiziosi della strategia Farm to Fork

L’agricoltura biologica deve produrre alimenti con sostanze e processi naturali, favorire la biodiversità e limitare l’inquinamento dell’acqua, dell’aria e del suolo. È quindi ritenuta una pratica sostenibile dal punto di vista ambientale.

La strategia Farm to Fork ha un obiettivo ambizioso: arrivare almeno al 25 % di superficie agricola coltivata in biologico entro il 2030 e aumentare l’acquacoltura biologica in modo significativo.

Tra il 2014 e il 2022 gli agricoltori europei hanno ricevuto sostegni per circa 12 milioni di euro per la conversione al biologico o per mantenere le pratiche biologiche; da qui al 2027 sono stati stanziati altri 15 milioni.

Eppure la diffusione dell’agricoltura biologica varia notevolmente nei diversi Paesi UE: in Italia, che è uno dei paesi più avanzati in questo senso, rappresenta circa il 19% del totale coltivato.

Come ha osservato Keit Pentus-Rosimannus, membro della Corte responsabile dell’audit, l’agricoltura europea sta diventando sempre più verde, anche per merito dell’agricoltura biologica.

Sostenere la filiera dell’agricoltura biologica UE

Tuttavia, perché l’effetto sia duraturo non basta focalizzarsi solo sull’aumento di superficie coltivata, bisogna sostenere l’intera filiera sviluppando il mercato e incentivando la produzione, «altrimenti rischiamo di creare un sistema sbilanciato che dipende completamente dai fondi dell’UE, anziché un comparto dinamico trainato da consumatori informati».

Qui entra in gioco anche la PAC (Politica Agricola Comune), sulla quale gli auditor della Corte dei conti europea hanno fatto alcune osservazioni.

Ad esempio, gli agricoltori possono ricevere i fondi comunitari anche se non applicano la rotazione delle colture o gli standard in materia di benessere animale, che sono principi fondamentali dell’agricoltura biologica. Oppure si autorizza l’uso di sementi non biologiche per coltivazioni biologiche.

Un appunto ulteriore riguarda la valutazione dei benefici ambientali dell’agricoltura biologica: sono realmente concreti?

Con quali obiettivi è nata la PAC?

Varata nel 1962, la PAC rappresenta l’intesa tra gli agricoltori e la società. Essendo una politica comune a tutti gli Stati, è gestita e finanziata con risorse del bilancio UE.

Vediamo di seguito quali sono i suoi obiettivi:

Nuovi scenari e nuove necessità

Ovviamente, negli anni la PAC si è evoluta per adattarsi a nuovi scenari economici e alle mutate necessità dei cittadini.

In particolare, i piani strategici della PAC 2023-2027 sono cambiati per contribuire alla realizzazione del Green Deal e delle strategie Farm to Fork e Biodiversity.

La PAC doveva compensare gli agricoltori per i costi aggiuntivi e il mancato guadagno dovuti al passaggio dall’agricoltura tradizionale a quella biologica, ma per accedere ai fondi non era obbligatorio assicurare una produzione biologica.

A queste condizioni, anche se è aumentata la superficie coltivata secondo principi green, l’agricoltura biologica rimane confinata in un mercato di nicchia: rappresenta appena il 4% del mercato agroalimentare comunitario.

L’unico obiettivo, peraltro non vincolante, fissato dall’UE è l’aumento della superficie dedicata all’agricoltura biologica. Il rischio è di non raggiungere l’obiettivo del 25% entro il 2030.

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