di Angelo Riccaboni, Simone Cresti, Riccardo M. Pulselli
SDSN Mediterranean
(Rinnovabili.it) – La regione mediterranea è stata identificata come l’area del pianeta più sensibile agli effetti dei cambiamenti climatici dopo l’Artico. Aumento delle temperature già a quota +1.5°C (oltre i valori globali di +1.1°C), onde di calore, siccità e frequenti eventi meteorici estremi sono fattori che complicano il già complesso contesto mediterraneo. Tre continenti si incontrano nel Mediterraneo, culla di numerose civiltà, scenario di diversità culturali e biologiche e sede di controversie e delicati equilibri geopolitici. Non è mai semplice immaginare questo mare come un fattore aggregante o come una unica entità geografica, ma i problemi ambientali e sociali della contemporaneità richiedono visioni condivise attraverso una stretta cooperazione internazionale.
Il report Sustainable Development in the Mediterranean – Transformations to achieve the Sustainable Development Goals (SDGs), è stato realizzato del team di ricercatori del Santa Chiara Lab (Università di Siena), che ospita SDSN Mediterranean ed è diretto da Angelo Riccaboni. Con la supervisione di Jeffrey Sachs, direttore di SDSN, il report scatta una fotografia dei 24 paesi del Mediterraneo e dello stato di attuazione rispetto agli SDGs. I risultati dei vari indicatori monitorati da SDSN, aggregati in quattro aree geografiche (Europa sud-ovest, Europa sud-est, Medio Oriente e Nord Africa), mostrano che l’area Mediterranea, con oltre 500 milioni di persone, è ancora distante dal raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile. Dall’analisi sono emerse alcune criticità più evidenti.
Povertà e disuguaglianze
Circa 50 milioni di persone sono a rischio di povertà (12% della popolazione vive al di sotto della metà del reddito medio), inclusi 27 milioni di Europei. Il mercato del lavoro è stagnante; il livello di disoccupazione è mediamente dell’11% (circa 39 milioni di persone) e si osservano disuguaglianze sociali, misurate a partire dal reddito familiare, che tendono ad aumentare. Anche la disuguaglianza di genere in termini di diritti e opportunità di emancipazione per le donne e le ragazze richiede attenzione, specialmente considerando i livelli di scolarizzazione (85% nell’area Middle East e North Africa – MENA), la partecipazione nella forza lavoro (78% Europa; 34% MENA) e nell’attività politica (numero di seggi occupati da donne: 37% Europa; 18% MENA).
Abitudini alimentari non corrette comportano effetti sulla salute con impatti sul sistema sanitario dei paesi. Circa il 26% della popolazione, con quote fino al 35%, è in condizione di obesità (quasi 95 milioni di persone). Paradossalmente si osserva un progressivo abbandono della dieta mediterranea in favore di alimenti proteici e diete a base di carne, specialmente in Europa. Nonostante una progressiva conversione al disciplinare biologico, l’agricoltura è praticata con procedure spesso intensive che impiegano fertilizzanti chimici e provocano un eccessivo rilascio di nutrienti (in molti paesi Europei i fertilizzanti sono impiegati oltre 150 kg per ettaro). I cambiamenti climatici rischiano di compromettere ulteriormente la diponibilità di acqua, specialmente nei paesi dell’area MENA già in condizioni di scarsità di risorse idriche. Questo rischia di limitare l’accesso a servizi sanitari e acqua potabile, oltre a condizionare le pratiche agricole che impiegano la maggior parte delle risorse idriche disponibili.
Standard ambientali condivisi dovrebbero essere adottatati in tutti i paesi per la salvaguardia della biodiversità e dei servizi ecosistemici attraverso la costituzione di aree protette più estese e regole di fruizione più chiare, includendo territori, bacini idrici e aree marine costiere. Sistemi per il trattamento delle acque reflue sono ancora insufficienti in molti paesi con conseguenze sulla qualità delle acque interne e del mare; meno della metà dell’acqua utilizzata riceve un trattamento adeguato (78% Europa; 34% MENA). La pesca adotta tecniche non sostenibili che compromettono la rigenerazione della fauna ittica, mentre l’acquacoltura è in rapida diffusione e, se attuata opportunamente, può rappresentare un’opportunità di sviluppo per le comunità costiere.
La qualità dell’aria in aree urbane richiede un attento monitoraggio specialmente considerando che oltre il 70% della popolazione mediterranea vive in città ed è frequentemente esposta alle polveri sottili PM2.5. L’accessibilità a servizi di trasporto pubblico e la gestione dei rifiuti, più di altri servizi, richiedono miglioramenti consistenti. Anche le infrastrutture digitali dovrebbero garantire una più ampia accessibilità a internet.
Una roadmap per lo sviluppo sostenibile
In risposta a quanto osservato, a partire da una lettura sistematica degli indicatori per i 24 paesi del Mediterraneo, il report costruisce una roadmap per orientare politiche condivise verso uno sviluppo sostenibile e più equo. Sulla base dell’interpretazione dei numeri, l’approccio adottato identifica una serie di criticità che coincidono con le principali sfide da affrontare. In particolare, la roadmap include 150 possibili soluzioni per affrontare 48 sfide specifiche. Per ognuna delle sfide evidenziate, il report espone un set di azioni che potranno essere attuate da governi e amministrazioni pubbliche, imprese e altri stakehoders.
Regolamentazioni e attività di controllo dovranno essere attuate da governi e pubbliche amministrazioni, così come pratiche di governance, includendo piani settoriali e programmi operativi, dall’urbanistica, all’energia, a risorse e servizi. Programmi di incentivi, con una più ampia cooperazione pubblico-privato, dovranno promuovere e orientare nuovi investimenti. Programmi di educazione e informazione saranno strumenti cruciali specialmente rivolti a giovani per aumentare la consapevolezza e diffondere una mentalità comune; queste azioni includono una maggiore trasparenza della comunicazione rivolta ai consumatori per orientare le scelte di acquisto. Pratiche di partecipazione e ingaggio di stakeholders saranno fondamentali per coinvolgere varie parti sociali e costruire un ampio consenso intorno ai processi di trasformazione. In proposito, gli enti di ricerca dovranno fornire un supporto conoscitivo e agevolare la condivisione di informazioni. Nuove dinamiche economiche e di mercato potranno emergere con successo; le imprese saranno chiamate a modificare la propria missione aziendale, organizzando le attività in funzione di una maggiore sostenibilità che diventerà un indispensabile requisito per i mercati. Lo sviluppo del digitale sarà uno strumento essenziale per il trasferimento tecnologico e l’innovazione.
Una novità consiste anche nella genesi del report. La ricerca condotta da SDSN Mediterranean ha portato alla costituzione di un cluster di 6 Mediterranean hubs, ovvero enti di eccellenza per competenze tematiche che avranno una funzione di monitoraggio e orientamento nell’area Mediterranea per l’attuazione degli SDGs. Come indicato dal direttore di SDSN, Jeffrey Sachs, gli hubs si occuperanno di: educazione e disuguaglianze sociali e di genere (SDSN France); salute e benessere (SDSN Spain); energia, decarbonizzazione e produzione sostenibile (SDSN Greece); cibo, suolo, acqua e mare (SDSN Mediterranean – Italy); città e comunità sostenibili (SDSN Turkey); rivoluzione digitale (SDSN Cyprus). Il report ha dunque la caratteristica di non essere soltanto un documento informativo ma di poter essere utilizzato come uno strumento di supporto alle decisioni, per focalizzare l’attenzione su specifiche problematiche, conoscere lo stato di fatto e pianificare azioni che abbiano effetti nel breve e medio periodo. Lo scopo comune è supportare l’attivazione di un reale processo di trasformazione e affrontare la prima delle sfide, ovvero chiudere il divario tra la retorica e l’azione.