Valorizzare i sottoprodotti del caffè ne ridurrebbe l’impatto ambientale e sarebbe un vantaggio per i produttori e per l’industria globale. Un gruppo di ricerca ha identificato alcune molecole che si prestano a diversi utilizzi in campo alimentare, nutraceutico, cosmetico e agricolo
Perché valorizzare i sottoprodotti del caffè
Il caffè non è solo una bevanda molto apprezzata dai consumatori ma potenzialmente ha molte altre virtù. I ricercatori dell’ENEA hanno identificato nel caffè alcune molecole che si prestano a diversi utilizzi in campo alimentare, nutraceutico, cosmetico e agricolo.
Nella ricerca Bioactive Compounds and Valorization of Coffee By-Products from the Origin: A Circular Economy Model from Local Practices in Zongolica, Mexico – pubblicata dalla rivista “Plants” – gli studiosi italiani hanno affiancato alcuni colleghi messicani.
I ricercatori hanno identificato i composti bioattivi organici e inorganici del caffè verde e hanno studiato la possibilità di utilizzare i sottoprodotti.
I sottoprodotti della lavorazione del caffè verde sono ricchi di composti che possono essere riciclati per un possibile utilizzo nella produzione di bevande, fertilizzanti e diserbanti.
Valorizzare i sottoprodotti del caffè conviene
La coltivazione del caffè si concentra nei paesi in via di sviluppo, per i quali rappresenta una fonte fondamentale di sostentamento per oltre 25 milioni di famiglie oltre a una quota considerevole dei guadagni derivanti dalle esportazioni.
Per avere un’idea della sua importanza, il caffè è il secondo prodotto più commercializzato nel mondo dopo il petrolio.
Sulla volatilità dei prezzi incidono i fattori ambientali come il cambiamento climatico, le aggressioni di parassiti e fattori economici che incidono direttamente sui costi di produzione.
Pertanto, valorizzare i sottoprodotti del caffè ridurrebbe il suo impatto ambientale e sarebbe un vantaggio per i produttori e per l’industria globale.
Scarti del caffè, da problema a risorsa
Il caso di studio prescelto dai ricercatori è l’area montuosa della Sierra de Zongolica, a Veracruz (Messico), dove si coltiva caffè di alta qualità senza l’uso di pesticidi, fertilizzanti né di altre sostanze chimiche.
«Gli scarti del chicco di caffè sono spesso considerati un problema ma, grazie alla ricerca scientifica, possono trasformarsi in miniere di molecole benefiche, come antiossidanti, polifenoli, carotenoidi, flavonoidi e minerali, per realizzare prodotti a valore aggiunto per vari settori», spiegano i ricercatori dell’ENEA Loretta Bacchetta, Oliviero Maccioni, Gianfranco Diretto e Sarah Frusciante.
Ad esempio, nella cascara (ovvero la buccia essiccata delle drupe, che sono i frutti del caffè) i ricercatori hanno identificato ben 93 molecole volatili «aprendo la strada a un suo migliore riutilizzo, in linea con i principi di economia circolare e bioeconomia, generando reddito aggiuntivo per i coltivatori di caffè».
Sottoprodotti milleusi
Altri sottoprodotti della lavorazione del caffè come il pergamino (la sottile pellicina che avvolge i semi che si trasformeranno in chicchi di caffè) e la silverskin (la pellicola che protegge lo strato esterno del seme del caffè) svolgono un ruolo di antiossidanti e additivi antifungini grazie ai loro composti polifenolici.
In particolare, il pergamino è un ottimo erbicida da utilizzare intorno agli alberi da frutto; la silverskin può diventare un ingrediente alimentare, addensante e colorante, oltre a essere utilizzato negli infusi e per migliorare le proprietà fisiche e chimiche del suolo agricolo nella coltivazione di funghi commestibili.