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Olio d’oliva, la crisi climatica penalizza la produzione al Sud

Olio d’oliva, la crisi climatica penalizza la produzione al Sud
Immagine di wirestock su Freepik

In Italia la produzione di olio d’oliva risente della siccità

Prime stime sulla produzione di olio d’oliva, con differenze significative tra Nord e Sud che dividono il Paese in due. Ancora una volta, la causa di un problema che colpisce è da ricercare negli effetti della crisi climatica.

Olio d’oliva, calo della produzione in Italia

I dati forniti da Assitol (Associazione Italiana dell’industria olearia, che aderisce a Confagricoltura e Federalimentare) confermano che la prossima compagna olivicola avrà quantitativi inferiori alla media.

La produzione nazionale, secondo le prime stime, dovrebbe attestarsi intorno alle 200mila tonnellate.

Come abbiamo accennato all’inizio, la crisi climatica ha avuto un impatto determinante nelle regioni del Sud, particolarmente colpite dalla siccità. Proprio da queste regioni, tra l’altro, arriva la maggiore quantità di olio d’oliva: circa i due terzi della produzione olivicola italiana.

L’irrigazione degli oliveti non è molto diffusa, e comunque la scarsa disponibilità di acqua non riesce a soddisfare il fabbisogno degli olivi.

In Puglia si trova il 50% degli uliveti italiani ma, fortunatamente, lo scenario è molto variabile nelle diverse aree della regione.

La situazione del Centro-Nord sembra invece promettere una buona campagna.

Cresce la produzione nei Paesi del Mediterraneo

Nell’area mediterranea la situazione è meno critica. Infatti la Spagna, leader di mercato, dovrebbe superare 1.300mila tonnellate di olio.

Le stime danno in crescita anche la produzione della Turchia (250mila tonnellate), della Tunisia (320mila tonnellate), della Grecia (230mila tonnellate) e del Portogallo (170mila tonnellate).

L’olivicoltura italiana e il blending

Innanzi tutto, bisogna ricordare che nelle annate migliori la produzione italiana di olio d’oliva non supera le 350mila tonnellate, a fronte di un fabbisogno complessivo di 1 milione di tonnellate.

Sottolinea Anna Cane, presidente del Gruppo olio d’oliva di Assitol, che «l’industria del settore ha dimostrato di saper reagire agli effetti della crisi climatica, grazie alla sua riconosciuta capacità di selezionare la materia prima per sopperire al deficit produttivo».

Negli anni, il deficit fra produzione e fabbisogno ha portato le aziende a sviluppare il blending, ovvero produrre un olio di qualità accostando oli diversi per gusto e provenienza.

L’importanza dei controlli

In un simile contesto, è fondamentale la centralità dei controlli lungo la filiera. La legge impone il rispetto di norme severe a garanzia della qualità del prodotto.

«Il nostro è uno dei settori più monitorati, continuamente sotto i riflettori delle autorità competenti, che ringraziamo per il loro assiduo lavoro, e delle stesse aziende, che svolgono severe verifiche sulla genuinità dei prodotti finiti», ribadisce Anna Cane.

Le materie prime e la relativa produzione sono sottoposti a un sistema di controlli serratissimo. Una ulteriore vigilanza la esercita il SIAN (il sistema telematico nazionale che verifica i flussi oleari in entrata e in uscita dall’Italia) insieme ad altri otto organismi pubblici di controllo.

Inoltre, l’olio d’oliva è l’unico prodotto alimentare sottoposto ad analisi sensoriale (panel test) da parte di assaggiatori professionisti, che ne valutano la qualità.

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