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Microplastiche e nanoplastiche, pericolose nemiche degli impollinatori

La contaminazione da microplastiche e nanoplastiche ha gravi ripercussioni sull’ambiente in generale e quindi anche sugli impollinatori, che le assorbono dall’aria e dal terreno. Una situazione che ha anche ricadute economiche ingenti

Microplastiche e nanoplastiche, pericolose nemiche degli impollinatori
Immagine di wirestock su Freepik

Qual è l’effetto di microplastiche e nanoplastiche sugli impollinatori?

Le microplastiche (ovvero particelle comprese tra 0,1 e 5 mm) e le nanoplastiche (le particelle che misurano non più di 0,001mm) sono nemiche giurate degli impollinatori.

Microplastiche e nanoplastiche anche negli alimenti

La diffusione capillare di microplastiche e nanoplastiche fa sì che siano presenti praticamente ovunque nell’ambiente e, di conseguenza, anche negli alimenti. Tra i cibi più contaminati dalle microplastiche ci sono il pesce, la carne e gli alimenti proteici a base vegetale.

Ovviamente, il pesce è quello più contaminato dato il forte inquinamento da plastica del mare, dei fiumi e dei laghi.

La ricerca An inshore–offshore sorting system revealed from global classification of ocean litter, pubblicata in “Nature Sustainability”, ha analizzato i rifiuti dispersi in mare che sono presenti nelle seguenti proporzioni:

  • sacchetti di plastica monouso 14,1%
  • bottiglie di plastica 11,9%
  • contenitori 9,4%
  • involucri di cibo 9,1%
  • corde sintetiche 7,9%
  • oggetti per la pesca 7,6%
  • tappi e coperchi di plastica 6,1%
  • packaging industriale 3,4%
  • bottiglie di vetro 3,4%
  • lattine 3,2%

I rifiuti plastici di grandi dimensioni andranno incontro a un progressivo disfacimento fino a diventare microplastiche e nanoplastiche.

Gli effetti della contaminazione

È un tema di cui si parla poco, ma la contaminazione da microplastiche e nanoplastiche ha gravi ripercussioni sull’ambiente in generale e quindi anche sugli impollinatori, che le assorbono dall’aria e dal terreno. Infatti, è un dato di fatto che gli insetti selvatici e le api da impollinazione sono sempre meno.

Un gruppo di ricercatori cinesi nello studio Plastic pollution in agricultural landscapes: an overlooked threat to pollination, biocontrol and food security, pubblicato in “Nature communications”, ha studiato le principali fonti di contaminazione che colpiscono gli impollinatori.

Dallo studio non sono emerse sorprese, bensì conferme: teli di copertura delle colture, recipienti per i fertilizzanti e i pesticidi, acque contaminate e aria.

Le microplastiche e nanoplastiche ingerite e/o inalate inducono negli impollinatori degli effetti che compromettono la funzionalità del sistema immunitario, di quello digestivo e di quello nervoso. Gli insetti diventano quindi più vulnerabili e la loro attività di impollinazione è meno efficiente.

Il danno, in realtà, coinvolge tutto l’ecosistema, per il quale l’attività degli impollinatori è un fattore di sopravvivenza, e quindi la produttività delle coltivazioni. È opportuno ricordare che l’attività degli impollinatori è indispensabile alla sopravvivenza di circa il 70% delle specie coltivate.

Il circolo vizioso generato dall’agricoltura intensiva

Osservando gli effetti dell’agricoltura intensiva (di cui quella degli Stati Uniti è un esempio eclatante) si impone qualche riflessione. In questi casi il grande uso di pesticidi ha praticamente eliminato gli impollinatori selvatici ed è diventato indispensabile ricorrere ad api appositamente allevate.

Ad esempio, per i mandorleti della California – che sono già in sofferenza a causa della prolungata siccità – è indispensabile il lavoro degli impollinatori e si ricorre a quelli allevati per tale funzione.

Se si considera la grande estensione delle coltivazioni statunitensi è evidente che la mancanza di impollinatori selvatici ha importanti ripercussioni anche dal punto di vista economico (il costo per l’acquisto e il trasporto degli alveari è ingente), senza contare l’impatto ambientale dei camion che trasportano gli alveari.

Altrettanto evidente è il fatto che l’unica vera soluzione sarebbe ripristinare la biodiversità e diminuire l’uso di plastiche in agricoltura, ma al momento queste opzioni non sembrano in cima all’agenda delle priorità.

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