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La salute del suolo coincide con quella dell’uomo e del Pianeta

La salute del suolo non riguarda solo l’agricoltura, nel tempo ha acquisito un valore di multifunzionalità. Il 61% dei suoli non è sano. Quando il suolo non è sano non riesce a produrre i servizi ecosistemici indispensabili alla produzione di cibo, al mantenimento della biodiversità, a regolare il ciclo dell’acqua, a stoccare carbonio e contribuire alla mitigazione del clima

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Il suolo sfruttato mette a rischio la sicurezza alimentare

La salute del suolo può incidere sul nostro benessere e sull’approvvigionamento di cibo?

«Il suolo è una risorsa limitata. Il suo impoverimento e conseguente degrado non sono recuperabili se non nel corso di moltissimi anni. Occorrono fino a 1000 anni per formare circa 3 cm di terra fertile, mentre oggi l’equivalente di un campo da calcio di suolo è eroso ogni 5 secondi». Con queste parole Maurizio Martina, vice direttore generale della FAO, apre il Rapporto Il suolo italiano al tempo della crisi climatica di ReSoil Foundation.

Re Soil Foundation – promossa da Coldiretti, Novamont e Politecnico di Torino – ­nasce, come è facilmente intuibile dal suo nome, allo scopo di proteggere un bene straordinariamente prezioso di cui ci curiamo troppo poco e che sottoponiamo costantemente a forti stress.

Il concetto di salute del suolo è nato negli anni Novanta, legato soprattutto alla produzione agricola. Successivamente, si è evidenziata la funzione del suolo nell’ecosistema terrestre e quindi si è affermato il concetto di multifunzionalità, ovvero il suolo non è più legato soltanto alle attività agricole.

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I nemici della salute del suolo

Quali sono i nemici principali della salute del suolo? Acidificazione, cementificazione, erosione, inquinamento chimico, impoverimento dei nutrienti.

Un dato ha subito risvegliato la nostra attenzione: il 61% dei suoli non è sano. Dobbiamo preoccuparci? Sì, perché quando il suolo non è sano non riesce a produrre i servizi ecosistemici indispensabili alla produzione di cibo, al mantenimento della biodiversità, a regolare il ciclo dell’acqua, a stoccare carbonio e contribuire alla mitigazione del clima. I dati forniti dalla Commissione Europea dicono che il 78% del consumo di suolo è dovuto all’agricoltura; i terreni agricoli ogni anno perdono 7,4 milioni di tonnellate di CO2.

L’erosione è responsabile della perdita del 13% dei suoli europei. Questo significa sottrarre terreni all’agricoltura e redditi agli agricoltori. Al ritmo attuale di erosione entro il 2050 il 90% del suolo sarà a rischio, e con esso la sicurezza alimentare globale. Come se non bastasse, il 25% di questi suoli corre un elevato rischio di desertificazione.

La visione olistica dell’Agenda 2030

Tutelare la salute del suolo è vitale per l’agricoltura, ma dobbiamo considerare anche i danni non immediatamente visibili ma non per questo meno gravi: la perdita di terreni coltivabili e quindi di produzione agricola persa costa circa 400 miliardi di dollari l’anno. C’è poi un altro costo, umano e sociale, che si traduce nelle migrazioni di popolazioni costrette ad abbandonare i loro territori, diventati sterili.

Oggi la visione olistica dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite fa capire come tutto sia legato. I cambiamenti climatici determinano variazioni di temperatura che incidono sulla disponibilità di acqua, l’uso non sostenibile della terra ne compromette nel tempo le funzionalità. Gli effetti sul suolo sono lenti: ignorarli può portare a conseguenze potenzialmente catastrofiche. Il miglioramento della capacità produttiva del suolo è legato all’adozione di una gestione sostenibile del suolo e dell’acqua come al mantenimento della biodiversità.

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I costi ambientali della perdita di salute del suolo

La perdita di suolo e la sua impermeabilizzazione dovuta alla cementificazione è un costo ambientale importante che accresce il rischio di inondazioni, provoca la perdita di terreni agricoli fertili e aree naturali, distrugge il paesaggio rurale e altera la capacità di regolazione dei cicli naturali.

La perdita di superfici verdi si ripercuote anche sulla qualità dell’aria: nelle aree urbane, aggiunta al calore prodotto dal traffico e dai condizionatori e dal calore emanato dall’asfalto, causa l’effetto “isola di calore”. Non è un caso che nelle città la temperatura sia più alta di 2°-5° rispetto alle aree rurali.

Da dove partire per invertire la rotta? Dalla conoscenza – il suolo è una risorsa eterogenea e i dati variano a seconda del contesto agro-climatico – e dalla cooperazione fra i diversi attori: istituzioni, università, enti di ricerca, società.

Sostenere le aziende agricole nel cambiamento

Le strategie europee hanno fissato l’obiettivo di avere suoli sani entro il 2050. Perché ciò sia realizzabile occorre ridurre tutti gli effetti negativi delle pratiche agricole, ripristinare la fertilità dei terreni e ridurre l’impatto delle azioni umane: in una parola, bonificare i terreni.

Non dobbiamo più ragionare in termini di sfruttamento: il suolo è una materia viva che ha un valore in termini economici e produttivi, ambientali e sociali.

Partiamo quindi dalla conoscenza e dalla consapevolezza del valore indispensabile del suolo, usciamo dalla logica dell’emergenza e operiamo scelte politiche di lungo periodo sostenendo le aziende nello scegliere le pratiche ecologicamente più corrette.

Le piccole imprese agricole sono fortemente condizionate dall’impatto economico delle loro scelte: ricordiamo che quasi tutto il nostro tesoro di prodotti Igp, Igt, Dop, Doc e Stg proviene da piccole aziende situate nelle aree interne. Vale quindi la pena accompagnarle sulla strada della sostenibilità.

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About Author / Isabella Ceccarini

Lavora da più di trent’anni nel campo editoriale e giornalistico. Di formazione umanistica, è curiosa delle novità e affascinata dalla contaminazione tra saperi diversi. Non ama i confini mentali e geografici, è un’europeista sostenitrice dell’Italia, convinta che le sue grandi qualità – bellezza, arte, cultura, creatività – che il mondo ci invidia dovrebbero essere più apprezzate per primi dagli italiani. Promuove e sviluppa iniziative di comunicazione della scienza, di formazione giornalistica professionale e di sensibilizzazione sui temi della sostenibilità, ricerca, innovazione e formazione, nuove tecnologie, economia circolare. Organizza e modera tavole rotonde per mettere a confronto opinioni diverse.