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La discussione sull’accordo UE-Mercosur, tra reciprocità e standard ambientali

L’accordo UE-Mercosur solleva molte polemiche ed evidenzia posizioni divergenti tra i Paesi UE. Gli agricoltori sono sul piede di guerra e una nuova rivolta sembra più che un timore. Di fatto, si creerebbe la più grande zona di libero scambio del mondo, con 720 milioni di persone. Tuttavia, è tassativo garantire la reciprocità delle regole e il rispetto dell’ambiente

La discussione sull’accordo UE-Mercosur, tra reciprocità e standard ambientali
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UE-Mercosur, da cosa nascono le perplessità

L’accordo UE-Mercosur non mette tutti d’accordo. Al contrario, solleva molte polemiche ed evidenzia posizioni divergenti tra i Paesi UE presenti al G20 di Rio de Janeiro.

Al centro delle discussioni, il problema della reciprocità delle regole. In mancanza di questa, non è possibile garantire che i prodotti importati nell’Unione Europea abbiano gli stessi standard ambientali e sociali vigenti in Europa.

Che cos’è il Mercosur

Il Mercosur (in spagnolo Mercado Común del Sur, in italiano Mercato Comune del Sud) è il mercato comune dell’America del Sud nato nel 1991 con il Trattato di Asunción.

Ne fanno parte Argentina, Brasile, Paraguay, Uruguay e Venezuela (sospeso a causa di comportamenti scorretti nei comportamenti di mercato). Successivamente si sono associati Bolivia, Cile, Perù, Colombia ed Ecuador.

Nell’ottica di una crescente integrazione economica, il Mercosur prevede la liberalizzazione degli scambi, ma anche l’adozione di norme comuni su temi quali l’ambiente, la scienza e la tecnologia, la concorrenza, la tutela della proprietà intellettuale, i trasporti e il turismo tra i paesi aderenti.

L’obiettivo del Mercosur è realizzare un mercato comune senza dazi doganali interni; tuttavia continuano a esistere barriere protezionistiche tra gli Stati che vi appartengono.

Probabilmente questo è dovuto all’esistenza di forti disparità. Ad esempio, il Brasile è il paese più popoloso e il più forte dal punto di vista economico e commerciale.

1999: il Free Trade Agreement

Nel 1999 si parla per la prima volta del Free Trade Agreement (FTA), un accordo di libero scambio tra UE e Mercosur.

Nel 2019, al termine di negoziati durati vent’anni, viene siglato (ma mai ratificato) un accordo di libero scambio tra il Mercosur e l’Unione Europea.

L’abbassamento dei dazi doganali aveva lo scopo di favorire la circolazione di beni e merci tra i due blocchi.

Gli agricoltori in rivolta

Il trattato di libero scambio con i Paesi del Mercosur è al centro di accese discussioni, soprattutto perché purtroppo, ancora una volta, l’UE è incapace di parlare con una voce sola e il fronte è diviso tra favorevoli e contrari.

Gli agricoltori sono sul piede di guerra e una nuova rivolta sembra più che un timore: i trattori sono già arrivati a Bruxelles per protestare contro la ratifica dell’accordo, mentre in Francia sono iniziate proteste piuttosto accese.

A Le Cannet-des-Maures (dipartimento del Var nella regione Provenza-Alpi-Costa Azzurra), vicino allo svincolo dell’autostrada, gli agricoltori hanno addirittura piantato a terra delle croci per simboleggiare la morte dell’agricoltura francese.

Una zona di libero scambio per 720 milioni di persone

In numeri, il Mercosur significa 300 milioni di abitanti su una superficie di 15 milioni di chilometri quadrati: ratificando l’accordo – e quindi cancellando quasi tutte le barriere doganali attualmente in vigore (92% dal Mercosur verso l’UE e 91% viceversa) – si creerebbe la più grande zona di libero scambio del mondo, con 720 milioni di persone.

Quali sono le merci in ballo? Principalmente i prodotti agricoli (carne bovina, pollame, frutta, mais, caffè e zucchero), oltre a automobili, abbigliamento, prodotti chimici e farmaceutici.

Restano fermi due punti chiave: la protezione delle Indicazioni Geografiche europee (a tutela, ad esempio, di prodotti come vini e formaggi) e il rispetto degli elevati standard dell’UE.

La contrapposizione tra i Paesi UE

Non è tutto semplice quando sono in ballo 27 Stati con caratteristiche diverse tra le quali sembra impossibile trovare una sintesi. Francia (favorevole) e Germania (contraria) guidano fronti contrapposti, la Commissione Europea è in difficoltà.

Secondo il commissario europeo all’Agricoltura, Janusz Wojciechowski, si dovrebbe rinegoziare l’accordo perché dal 2019 sono cambiate troppe cose anche per gli agricoltori, preoccupati dal perdurare dell’invasione russa dell’Ucraina e dal peggioramento delle condizioni climatiche.

La Francia teme che con l’accordo UE-Mercosur i paesi dell’America Latina invaderebbero il mercato europeo con prodotti venduti a prezzi stracciati grazie agli standard di produzione molto più “elastici” rispetto a quelli europei.

Il premier francese Michel Barnier, senza giri di parole, ritiene che l’accordo avrà un «impatto disastroso sull’agricoltura e l’allevamento». Pertanto, vorrebbe l’imposizione di clausole di reciprocità. Una posizione seguita anche da Austria, Olanda, Belgio e Italia.

Il COPA-COGECA, che rappresenta 22 milioni di agricoltori europei, ha inviato alla presidente della Commissione UE, Ursula von der Leyen, e al presidente del Consiglio UE, Victor Orban, una lettera firmata da oltre 50 associazioni agricole e cooperative europee contro l’attuale configurazione dell’accordo.

Nella lettera si ribadisce che il trattato penalizzerebbe gravemente le produzioni europee in termini di concorrenza e sicurezza alimentare.

La posizione dell’Italia

Francesco Lollobrigida, ministro dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste, ha dichiarato che «così come è impostato, il trattato UE-Mercosur non è condivisibile. Pur auspicando un mercato più aperto e regolato da trattati, è evidente che le attuali economie, organizzazione del lavoro e rispetto delle norme di carattere ambientale siano estremamente differenti tra i due contesti.
Le crisi geopolitiche hanno già drammaticamente indebolito ulteriormente il nostro settore primario, che difficilmente potrebbe reggere un impatto di importazioni a costi di produzione e quindi prezzi decisamente più bassi.

Va verificato a monte l’adeguamento nei Paesi aderenti al Mercosur agli stessi oneri che imponiamo ai nostri agricoltori in termini di rispetto dei diritti dei lavoratori e dell’ambiente».

Spagna e Germania guidano invece il fronte del sì. La Germania, in particolare, anche se è un paese esportatore di prodotti agricoli, ritiene che il nuovo mercato aprirebbe nuovi sbocchi commerciali per automobili, componentistica e altri prodotti industriali.

Dietro a questa posizione probabilmente ci sono il tentativo di eludere il protezionismo e i dazi promessi da Trump e le tensioni negli scambi commerciali con la Cina.

I motivi del no delle associazioni di agricoltori

Confagricoltura sottolinea la «necessità di un principio di reciprocità che richieda ai produttori del Mercosur di rispettare gli stessi standard ambientali e sanitari previsti per gli agricoltori europei, ponendo l’accento sulle difficoltà che gli operatori UE incontrerebbero per competere equamente con produttori esteri sottoposti a regole meno restrittive».

A queste condizioni si creerebbe «uno squilibrio che graverebbe pesantemente sulla bilancia agroalimentare italiana ed europea, affossando diverse produzioni nazionali di punta del Made in Italy».

Coldiretti e Filiera Italia sono allineate sulle stesse posizioni, e puntualizzano il fatto che «il Brasile negli ultimi venti anni ha quadruplicato l’uso di pesticidi che usano principi attivi spesso vietati nell’Unione Europea.

Un’ulteriore criticità riguarda gli allevamenti, dove si fa uso di antibiotici e altre sostanze usate come promotori della crescita, una pratica proibita in Europa dal 2006».

Inoltre, manca una completa tracciabilità che garantisca l’invio di prodotti senza ormoni verso l’Europa e «nell’ultimo anno il RASFF, il sistema di allerta rapido dell’UE, ha rilevato oltre duecento casi di allarmi per cibo proveniente da Paesi Mercosur con residui di pesticidi, sostanze tossiche e batteri».

In questo scenario si inserisce la voce controcorrente dell’Unione Italiana Vini, che vorrebbe allargare l’export ai mercati emergenti mentre quelli consueti sono in una fase di stagnazione. C’è quindi una posizione favorevole all’accordo U-Mercosur, perché si ritiene che sarebbe vantaggioso sia dal punto di vista commerciale che di difesa dei marchi.

Lo sfruttamento dei lavoratori

Ma le perplessità riguardano anche il trattamento dei lavoratori, che in alcune filiere sono sfruttati, «come nel caso delle banane del Brasile o delle fragole in Argentina».

Secondo le associazioni di industriali, l’accordo con il Mercosur aprirebbe il mercato ai nostri prodotti trasformati.

L’opposizione di Coldiretti e Filiera Italia è nettissima: «Basta leggere il documento per capire che nessuna apertura sostanziale viene concessa in termini di barriere non tariffarie sanitarie e veterinarie alla UE, pertanto tutti gli ostacoli strumentali nei confronti dei nostri prodotti trasformati sono e rimangono inalterati.

Né viene assicurata una tutela completa alle produzioni agroalimentari di qualità, considerato che il Sudamerica rappresenta un fiorente mercato del finto Made in Italy».

Ambiente, grande assente dai tavoli delle trattative

Finora le proteste sono finalizzate soprattutto a fermare un accordo commerciale. Sul fronte ambientale, tranne qualche associazione che combatte per la protezione dell’ecosistema e la sovranità alimentare il silenzio della politica regna sovrano.

Alcune opinioni sono chiare fin dal 2019 e non sono cambiate nel frattempo, come nel caso di Slow Food, che definì l’accordo UE-Mercosur «pericoloso per l’ambiente, il clima e i diritti umani».

A tale proposito, Slow Food notava che questo scambio tra agroindustria e automotive avrebbe avuto «pesanti ricadute sulle condizioni della foresta amazzonica, già colpita da incendi e deforestazione guidata dai grandi allevatori e agricoltori».

Le ricadute su piccole aziende e consumatori

Le perplessità espresse da Slow Food sembrano tuttora attuali: «A soffrire per la liberalizzazione degli scambi saranno inoltre le deboli industrie sudamericane, così come l’agricoltura europea di piccola e media scala, costretta a competere con i colossi brasiliani e argentini.

Infine, i consumatori saranno esposti a maggiori rischi di sicurezza alimentare, sia a causa della possibile presenza di pesticidi vietati in Europa nei prodotti agricoli provenienti dal Mercosur, sia per gli scandali e le frodi di cui si è macchiata l’industria della carne brasiliana».

L’ultima parola non è ancora detta. Il 5-6 dicembre al vertice a Montevideo (Uruguay) ci sarà l’eventuale firma dell’accordo sul Free Trade Agreement, ma poi il testo dovrà essere ratificato dal Consiglio e dal Parlamento europei. I 27 troveranno un accordo?

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About Author / Isabella Ceccarini

Lavora da più di trent’anni nel campo editoriale e giornalistico. Di formazione umanistica, è curiosa delle novità e affascinata dalla contaminazione tra saperi diversi. Non ama i confini mentali e geografici, è un’europeista sostenitrice dell’Italia, convinta che le sue grandi qualità – bellezza, arte, cultura, creatività – che il mondo ci invidia dovrebbero essere più apprezzate per primi dagli italiani. Promuove e sviluppa iniziative di comunicazione della scienza, di formazione giornalistica professionale e di sensibilizzazione sui temi della sostenibilità, ricerca, innovazione e formazione, nuove tecnologie, economia circolare. Organizza e modera tavole rotonde per mettere a confronto opinioni diverse.