Soluzioni green per combattere la moria del kiwi
La superficie mondiale coltivata a kiwi supera i 270mila ettari (stima FAO). L’Italia, con 25mila ettari è il secondo produttore mondiale dopo la Cina (185mila ettari). Il Lazio è la regione con la maggiore superficie dedicata alla coltivazione di kiwi (circa 9.500 ettari, come riportano i dati Istat 2022).
Il batterio che uccide le piante di kiwi
Da qualche anno le piante di kiwi sono decimate da una malattia che ne attacca l’apparato radicale e le porta alla morte. I principali problemi sono dovuti al cancro batterico causato dal batterio Pseudomonas syringae pv. actinidiae (PSA) denominato anche moria del kiwi.
Dal 2008 ha iniziato a diffondersi in tutto il mondo con effetti devastanti. Finora, l’unica soluzione per fermare il batterio e quindi la perdita delle piante è stato il ricorso a prodotti chimici: da un lato si sono dimostrati moderatamente efficaci, dall’altro hanno un indubbio impatto ambientale. Tuttavia, le ricerche condotte in questi anni non hanno ancora portato a soluzioni definitive, ma le sperimentazioni continuano.
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L’irradiazione con raggi ultravioletti UV-C alternativa ai fitofarmaci?
Effetto ormesi nei kiwi (actinidia spp.) stimolato da radiazione ultravioletta-c è uno studio congiunto che ENEA e CREA hanno condotto con risultati interessanti. Alla base c’è l’irradiazione con raggi ultravioletti UV-C: sembra che aumenti la resistenza naturale delle piante ai patogeni e alle malattie, sia prima che dopo la raccolta. Infatti i raggi UV-C – emessi da matrici di Light Emitting Diodes (LED) – sono in grado di stimolare le difese naturali delle piante con l’effetto detto “ormesi”.
Pertanto, si può ottenere un risultato soddisfacente senza ricorrere ai fitofarmaci sintetici che, com’è noto, danneggiano l’ambiente e la salute delle persone. Come spiegano gli scienziati dei laboratori di ricerca ENEA, «l’irradiazione con i raggi UV-C ha indotto nelle piante di kiwi la produzione di particolari molecole, come carotenoidi e fenoli, che hanno rafforzato le naturali difese della pianta».
L’effetto ormesi, «potrebbe rappresentare un’alternativa promettente per contenere l’uso dei fitofarmaci in agricoltura, con notevoli vantaggi per l’ambiente e la salute dei consumatori e degli operatori del settore».
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Un dispositivo portatile grande come uno smartphone
I ricercatori hanno realizzato un dispositivo portatile grande come uno smartphone: 20 LED, un alimentatore a corrente costante, un’elettronica che gli consente irraggiamenti di potenza e di durata variabile e un sistema di raffreddamento indispensabile per garantire la stabilità dell’intensità irraggiata soprattutto nei trattamenti di lunga durata. Il tutto in soli 9×3 cm2.
I LED presentano diversi vantaggi rispetto alle lampade a mercurio utilizzate finora: sono più robusti, più leggeri, più rapidi nell’accensione/spegnimento. Infine, sono facilmente trasportabili per applicazioni in campo. Le foglie di kiwi infettate e non trattate con raggi UV-C dopo una settimana hanno mostrato imbrunimenti e afflosciamenti fogliari, quasi assenti nei gruppi irraggiati con dose 1,3 kJ/m2 e infettati.
Dopo dieci giorni anche i gruppi irraggiati hanno iniziato a presentare sintomi di infezione ma, dopo tre settimane, l’infezione è rimasta circoscritta al 36% delle foglie irraggiate e inoculate mentre ha colpito oltre il 90% delle foglie infettate e non trattate con UV.
Questi risultati sono in linea con quelli già ottenuti contro patogeni come la muffa grigia (Botrytis spp) e la muffa verde (Pennicillum) su basilico, mele e agrumi. I risultati sono incoraggianti e richiedono ulteriori approfondimenti per stabilire quale sia l’intervallo ottimale di dose UV-C.