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Greening degli agrumi, l’unica strategia è la prevenzione

Greening degli agrumi, l’unica strategia è la prevenzione

Immagine di wirestock su Freepik

Greening degli agrumi, l’unica strategia è la prevenzione
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Il Greening minaccia l’agrumicoltura

Il Greening è una delle patologie globali più gravi che colpisce le piante di agrumi. Considerando l’impatto della sua diffusione nei Paesi UE, la Commissione Europea ha inserito i suoi agenti eziologici nella lista dei venti organismi da quarantena considerati Organismi Nocivi Prioritari.

Non esiste una cura efficace; come regolarsi nelle aree che ancora non sono state colpite? Al momento la prevenzione è strategica e la diagnosi precoce è fondamentale.

L’origine antica del Greening

La cosiddetta “citrus greening” è una patologia antica. Il nome originario è HLB, ovvero Huanglongbing (dal cinese malattia del drago giallo). Infatti il greening è presente in Cina fin dall’Ottocento, poi è arrivato in Asia e in Africa.

Al momento, ne sono indenni Europa, bacino del Mediterraneo, Australia e Nuova Zelanda.

La trasmissione a lunga distanza attraverso materiale vegetale infetto è dovuta alla progressiva movimentazione delle merci; gli insetti vettori la diffondono all’interno di un campo o nei campi limitrofi.

Come si manifesta?

Il Greening si manifesta con l’ingiallimento e la caduta delle foglie fino al deperimento generale della pianta. I frutti, piccoli e asimmetrici, presentano un’inversione di colore: la parte superiore rimane verde mentre quella superiore è gialla o arancione.

All’interno dei frutti sono visibili semi neri e avvizziti e la columella (la piccola struttura a colonna al centro del frutto) è marrone anziché bianca. Il succo ha un gusto salato o amaro, o è insapore.

Tre batteri del genere Candidatus Liberibacter sono associati al Greening, gli insetti vettori sono la psilla asiatica (Diaphorina citri) e la psilla africana (Trioza erytreae).

I pericoli del Greening

Il Greening rischia di diventare la nuova Xylella. Attualmente, il batterio è presente in Nord e Sud America, ma è stato sporadicamente intercettato anche in Egitto e nell’isola di Madeira: segno che il pericolo si sta avvicinando all’Europa.

La superficie coltivata ad arance in Italia ammonta a circa 86mila ettari (dati dell’ultimo report Tendenze Agrumi di ISMEA). 

La Sicilia copre i due terzi delle superfici coltivate ad agrumi, con oltre 50mila ettari dedicati a questo tipo di coltura.

La produzione di arance per la campagna in corso è stimata in 1,6 milioni di tonnellate, in aumento del 20% su base annua, ma al di sotto della media delle ultime tre campagne. Un valore rilevante se confrontato con i 5,5 milioni di produzione complessiva in Europa.

Il plus della produzione italiana rimane la qualità. I nostri maggiori concorrenti sono Marocco, Sudafrica ed Egitto, che hanno costi di produzione irrisori e controlli sulle malattie sono scarsi o nulli.

Gli altri patogeni che aggrediscono gli agrumi

Se si stima che il Greening abbia colpito circa 100 milioni di piante nel mondo, esistono altri patogeni che stanno mettendo a dura prova l’agrumicoltura. Di origine batterica, fungina o virale, hanno tutti un potenziale impatto sulla produttività e sulla qualità degli agrumi.

Il Citrus Black Spot (Phyllosticta citricarpa) è un fungo che provoca macchie nere sui frutti, compromettendone l’aspetto e la commerciabilità. Presente in Sudafrica e in Australia, la sua eventuale diffusione in Europa richiederebbe misure di contenimento rigorose.

Il Citrus Canker (Xanthomonas axonopodis) è un batterio che causa lesioni su foglie, rami e frutti, portando a una riduzione della produttività. Già presente in diverse aree del mondo, inclusi Stati Uniti e Sudamerica, è altamente contagioso e necessita di un attento controllo fitosanitario.

Gli acari trasmettono il Citrus Leprosis Virus, attualmente diffuso in Brasile, che provoca necrosi su foglie, rami e frutti, compromettendo la salute delle piante.

Il batterio Xylella fastidiosa subsp. pauca è all’origine del Citrus Variegated Chlorosis (CVC), che determina ingiallimenti fogliari e frutti di scarsa qualità.

Greening, la prevenzione con la sensoristica

Queste patologie – per cui non esistono cure efficaci – non sono presenti in Italia, ma globalizzazione e cambiamento climatico costituiscono un fattore di allarme per i potenziali contagi.

Per questo investire in ricerca e prevenzione rappresenta il primo strumento di difesa, insieme a rigidi protocolli di quarantena.

Grazie alle tecnologie sensoristiche è possibile monitorare la salute delle piante. L’australiana Hydroterra e l’americana Dynamax hanno sviluppato soluzioni per misurare la quantità di linfa che fluisce in tempo reale nel fusto, ma gli strumenti sono invasivi e costosi.

Plantvoice, una tecnologia italiana

Plantvoice – società benefit con sede a Bolzano – ha introdotto un sensore biocompatibile non invasivo (è grande come uno stuzzicadenti) che oltre a vedere il flusso della linfa, riesce anche a determinarne la composizione. In questo modo è in grado di rilevare parametri vitali della pianta in tempo reale, contribuendo a una gestione più efficiente delle coltivazioni.

Questi strumenti permettono quindi di individuare precocemente alterazioni riconducibili al patogeno e possono essere determinanti per identificare e isolare le piante malate.

Grazie a queste tecnologie, gli agricoltori possono adottare strategie più efficaci per contenere la diffusione del Greening o di qualunque altro virus, riducendo al minimo i danni economici e ambientali e migliorando la produttività delle coltivazioni.

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