Rinnovabili • Gli agricoltori, artefici del cambiamento sostenibile che hanno bisogno di certezze Rinnovabili • Gli agricoltori, artefici del cambiamento sostenibile che hanno bisogno di certezze

Gli agricoltori, artefici del cambiamento sostenibile che hanno bisogno di certezze

Agricoltori custodi dell’ambiente. Sono loro i primi ad essere interessati a mantenere un ambiente sano per avere colture di qualità e terreni produttivi. Le imprese agricole stanno investendo molto in innovazione, ma hanno bisogno di maggiore sostegno da parte di Bruxelles. Il rapporto tra agricoltura e ambiente è al centro di Agrifood Forum 2025 organizzato da Rinnovabili in collaborazione con Confagricoltura

Gli agricoltori, artefici del cambiamento sostenibile che hanno bisogno di certezze
Foto Confagricoltura

Agricoltori e ambiente guardano nella stessa direzione

Qual è il rapporto degli agricoltori con l’ambiente? Ottimo e complesso nello stesso tempo. Le pressioni che derivano dai cambiamenti climatici, dall’instabilità geopolitica e dalle incertezze commerciali rischiano di modificare le priorità di un settore fondamentale della nostra economia.

La necessità di una transizione verde è fuori discussione, ma oggi deve essere rivista alla luce dello scenario internazionale.

Una partita determinante per il nostro futuro che si può giocare solo grazie all’innovazione tecnologica, insieme alle imprese e al mondo della ricerca, e con la collaborazione delle istituzioni, da cui gli agricoltori si aspettano norme chiare e semplificazione.

Ne parliamo con Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura, alla vigilia di Agrifood Forum 2025, un’occasione di confronto tra i diversi attori della filiera per trovare un percorso comune verso la sostenibilità ambientale, sociale ed economica.

I cambiamenti geopolitici, climatici e commerciali hanno inevitabili ripercussioni sull’agricoltura. In che modo possono modificare le priorità di questo settore strategico della nostra economia?

L’aumento della produttività nazionale, la tutela e il rafforzamento del reddito degli agricoltori, la sicurezza degli alimenti che vengono immessi sul mercato e la gestione razionale delle risorse naturali sono le principali priorità del nostro settore primario.

Il cambiamento climatico, il conseguente aumento di fitopatie e le crisi geopolitiche richiedono un’accelerazione nella scelta delle strade e degli strumenti per raggiungere questi obiettivi.

Questo è il grande tema che Confagricoltura evidenzia da tempo e che la politica europea ha provato ad affrontare con il suo Green Deal, un patto per la transizione verde che oggi deve necessariamente essere rivisto alla luce dello scenario internazionale.

L’anno scorso è stato il più caldo di sempre, caratterizzato da lunghi periodi di siccità e intensi fenomeni alluvionali. L’effetto sulle produzioni è stato importante, basti pensare alla frutta fresca che soffre sia in termini di superfici coltivate, sia in termini di quantità prodotta. Ma l’impatto del clima sull’attività agricola c’è sempre stato.

Tuttavia, i dati ci dicono che questo comparto, nell’arco degli ultimi dieci anni, ha perso un terzo della sua produzione. A ciò si aggiungono conflitti e guerre commerciali che hanno dato vita a un’impennata dei costi di produzione e incertezze di mercato, con competitor che producono a costi inferiori ma con meno garanzie di sostenibilità.

Queste dinamiche possono essere affrontate sul piano operativo con vari strumenti: tecnologie e digitale, ricerca scientifica, pratiche di agricoltura di precisione e strumenti fitosanitari adeguati.

Aspetti su cui le imprese agricole stanno investendo tanto, come dimostrano i dati, ma che hanno bisogno di maggiore sostegno da parte di Bruxelles.

La PAC (Politica Agricola Comune) deve tornare ad essere una politica economica con una strategia di settore unica e condivisa da tutti i Paesi anche puntando di più su chi svolge l’attività agricola in modo professionale.

Perché è ragionevole affermare che l’agricoltura non è nemica dell’ambiente ma, al contrario, ha un ruolo determinante nella transizione verde?

L’agricoltura non può essere vista come parte di un problema per l’ambiente, noi siamo una soluzione. I nostri agricoltori gestiscono la maggior parte del territorio europeo e il loro lavoro ha un impatto diretto sulla salute dei suoli, delle risorse idriche e della biodiversità.

Confagricoltura sostiene una transizione verde, ma con sano pragmatismo. Il precedente Green Deal compromette la competitività dell’Unione Europea, favorendo i nostri principali concorrenti globali, come Cina e Stati Uniti, e Stati emergenti come Brasile e India, che adottano politiche più flessibili e supportate da incentivi concreti.

La decarbonizzazione è una priorità, ma non può essere perseguita a discapito della capacità produttiva delle aziende agricole. Negli ultimi anni, alcune normative europee hanno contribuito a una riduzione della produzione agricola del 10%, ovvero a una perdita di circa 43 miliardi di euro (secondo i dati Eurostat 2022, la PLV [Produzione Lorda Vendibile] agricola dell’Unione Europea è stimata intorno a 430 miliardi di euro) in un momento in cui il contesto globale richiede un aumento per rispondere alla crescente domanda alimentare.

Confagricoltura promuove quindi una transizione non ideologica, sostenuta da investimenti mirati e strategie funzionali alle esigenze del settore produttivo. È fondamentale bilanciare sostenibilità ambientale, economica e sociale, evitando di imporre oneri sproporzionati a cittadini e imprese.

Il 2024 ha rappresentato un anno cruciale per l’attuazione delle misure dedicate all’energia nel settore agricolo previste dal PNRR.

Sarà fondamentale, da un lato, garantire il raggiungimento degli obiettivi sulle energie rinnovabili entro il 2030, offrendo agli agricoltori l’opportunità di investire per ridurre i costi di produzione e diversificare le attività; dall’altro, occorrerà trovare un equilibrio che assicuri la tutela e la continuità delle attività agricole.

L’Unione Europea importa materie prime agricole cruciali. In uno scenario instabile come quello attuale quali rischi corrono le filiere agroalimentari? Esiste una strategia per il medio-lungo periodo in grado di garantire la sicurezza alimentare?

Oggi non esiste una strategia di medio-lungo periodo. Come Confagricoltura abbiamo lanciato un appello: partire da una visione chiara e condivisa per costruire un futuro solido per i nostri agricoltori e il nostro Paese. Definire gli obiettivi è il primo passo per costruire una strategia efficace.

Non possiamo limitarci a navigare a vista, reagendo alle crisi man mano che si presentano. Dobbiamo definire un quadro di riferimento ambizioso, che guidi ogni nostra azione e decisione. Abbiamo bisogno, quindi, di un piano pluriennale europeo e italiano.

La sicurezza alimentare è un tema strettamente legato a quello delle filiere e si garantisce tutelando le produzioni nazionali e il loro posizionamento sui mercati. Oggi il tasso di sovranità alimentare è intorno al 75%, un livello alto che però deve essere sostenuto e implementato perché stiamo assistendo a una riduzione dell’autoapprovvigionamento di molte filiere.

Attualmente, l’Unione Europea importa una percentuale significativa di materie prime agricole strategiche, tra cui semi oleosi, farine di semi oleosi, proteine vegetali.

Se per i cereali nel loro complesso il tasso di autoapprovvigionamento supera il 100%, quello relativo al grano duro e al mais si attesta intorno all’80% per entrambe le produzioni.

Nel 2023 e nel 2024, le importazioni di grano duro nell’UE sono aumentate di circa il 30% rispetto alla media dei cinque anni precedenti.

Per quanto riguarda il nostro Paese, il tasso di autoapprovvigionamento in molte filiere risulta decisamente basso ed è in peggioramento: è il caso del grano duro, dell’olio d’oliva, della carne bovina, del mais e del frumento tenero.

Questa dipendenza espone le nostre filiere a rischi enormi, soprattutto in tempi di crisi geopolitiche e climatiche. L’autosufficienza alimentare non significa chiusura verso il commercio internazionale, ma garantire che le nostre filiere siano resilienti, capaci di rispondere alle necessità interne e di resistere agli shock esterni. Significa investire nella produzione nazionale, sostenendo i nostri agricoltori e riducendo la dipendenza da importazioni critiche, rafforzando il nostro sistema industriale e il commercio organizzato.

In questa direzione si inserisce il nostro impegno con Unione Italiana Food. La qualità è il nostro obiettivo di lavoro, e lo è sempre stato: vogliamo costruire un modello agroindustriale virtuoso, in grado di trasferire valore aggiunto dal campo all’industria alimentare e ragioneremo anche con la distribuzione, perché riteniamo che oggi gli spazi di crescita siano enormi e solamente lavorando insieme riusciamo a creare valore aggiunto per le nostre filiere.

Foto Freepik

L’agroalimentare è una voce rilevante del nostro export. Autosufficienza e sovranità alimentare sono in contrasto con l’apertura ai mercati internazionali?

L’export agroalimentare è una voce molto importante sul dato generale e assistiamo a una sua costante crescita. Nel 2024 ha superato i 70 miliardi di euro rispetto ai 64 del 2023 e ai 50 del 2021.

Autosufficienza e apertura ai mercati non sono assolutamente in contrasto. Anzi. Questi numeri fanno capire bene quanto sia importante l’export per la bilancia commerciale delle nostre imprese. Ecco perché bisogna che l’UE si presenti unita e forte sui mercati, oggi più che mai di fronte a una nuova politica dei dazi.

Allo stesso tempo è fondamentale sostenere i consumi interni. Ma è anche necessario sostenere le filiere nazionali per aumentarne la resa e, in una dinamica domanda/offerta garantire il giusto prezzo al consumatore finale.

Ursula von der Leyen ha definito il Mercosur «un accordo vantaggioso per entrambe le parti, una svolta storica per la crescita e il lavoro». Secondo Lei, quest’area di libero scambio che riguarda 780 milioni di persone rappresenta una minaccia o un’opportunità per le nostre aziende, e perché?

Per Confagricoltura l’intesa siglata dalla Commissione non può entrare in vigore senza profonde modifiche, perché non è favorevole alle nostre produzioni di agrumi, riso, zucchero e pollame. Per le carni bovine, è stato addirittura concesso al Mercosur un contingente di importazioni a dazio zero pari a 99.000 tonnellate l’anno. È positivo, invece, per altri comparti, come ad esempio quello del vino.

La questione di fondo relativa alle relazioni commerciali dell’UE con i Paesi terzi, soprattutto con i Paesi Mercosur, è il rispetto del principio di reciprocità. Vale a dire, la diversità delle regole in materia di sicurezza alimentare e tutela delle risorse naturali.

In Italia come negli altri Stati UE, gli agricoltori sono sottoposti a rigidi disciplinari di produzione e al rispetto di requisiti essenziali per immettere i propri prodotti sul mercato. Il rispetto di tali condizioni è particolarmente provante per i nostri produttori che però sono riusciti, non senza difficoltà, a rispettare tutti i requisiti richiesti dall’UE. Ciononostante, questi requisiti non sono minimamente rispettati al di fuori dello spazio europeo, dove vengono persino utilizzati metodi di produzione vietati nell’Unione Europea.

Per queste ragioni gli agricoltori chiedono che negli accordi internazionali siano rispettati i principi di reciprocità, affinché all’interno del mercato unico entrino solo alimenti e derrate prodotte utilizzando gli stessi standard richiesti agli agricoltori europei ai fini della sicurezza alimentare e del rispetto dell’ambiente.

L’innovazione sicuramente rende l’agricoltura attrattiva per i giovani, ma la formazione è indispensabile. Come si sta muovendo Confagricoltura?

Sono attività fondamentali per noi, visto anche l’aumentare della complessità che caratterizza il nostro settore e l’innovazione tecnologica e digitale che richiede nuove competenze.

Non è un caso che le aziende agricole condotte da under 40 siano più performanti in termini di dimensione media, redditività e approccio alle nuove tecnologie e alla digitalizzazione. Uno standard elevato di partenza che rappresenta un valore che si ripercuote su tutta la filiera di trasformazione e di distribuzione.

Enapra, il nostro Ente di formazione, realizza corsi e progetti formativi, rivolti a tutti gli operatori del sistema agricolo (imprenditori, tecnici, professionisti, formatori, insegnanti, etc.) e opera su tutto il territorio nazionale. 

Le nostre iniziative sono finalizzate a supportare gli agricoltori nella valorizzazione delle proprie competenze, così da renderli competitivi in un contesto in continua evoluzione, attraverso la definizione di interventi formativi specifici, in diversi ambiti disciplinari.

I costi dell’energia pesano molto sull’agricoltura. Quali sono le potenzialità delle fonti rinnovabili – dall’agrivoltaico alle bioenergie – affinché il settore sia più autonomo? La generazione di questa energia pulita avrebbe ricadute positive anche sul territorio?

La crescita delle agroenergie rappresenta a nostro avviso lo strumento più efficace per traguardare gli obiettivi di decarbonizzazione del Paese nei diversi settori di produzione e un volano per la nostra economia.

Le imprese agricole che hanno investito in questi anni nel comparto, partendo dalla valorizzazione delle risorse aziendali hanno evidenziato migliori performance nella produzione primaria. Implementare il settore delle agroenergie lungo tutta la filiera è pertanto necessario per il settore agricolo e strategico per il Paese.

La potenza installata è di circa 3.500 MW con una produzione di energia elettrica rinnovabile nazionale, tra fotovoltaico e biogas, pari all’8,5% della produzione totale, tenendo conto del fotovoltaico, del biogas e delle biomasse.

Le imprese agricole, anche in relazione agli investimenti previsti dal PNRR (Parco Agrisolare, Sviluppo Agrivoltaico, e Comunità Energetiche) e a nuovi sistemi di incentivazione di attuazione del D.Lgs. 199/21 hanno un potenziale di potenza installabile nel breve periodo (2026) di almeno ulteriori 3 GW.

A tali obiettivi potranno contribuire gli impianti a biomasse e biogas di piccola potenza nell’ambito del FER2 (Fonti Energia Rinnovabile) se interverranno gli opportuni correttivi nelle tariffe incentivanti adeguandole all’inflazione degli ultimi anni.

Fermo restando che servono maggiori garanzie sugli strumenti diretti ad accompagnare il proseguimento della produzione elettrica rinnovabile degli impianti che si avviano alla fine del periodo di incentivazione o che lo hanno già concluso (oggi affidata al meccanismo dei PMG caratterizzato da contratto annuale rinnovabile e dunque poco stabile).

Occorre maggiore chiarezza su questioni fondamentali, quali l’applicazione della disciplina fiscale alla produzione di energia da biomasse e biogas realizzata dagli agricoltori accompagnata anche da una revisione dell’articolo 2135 del Codice Civile.

Bisogna poi proseguire il percorso di sviluppo della produzione di energia per l’autoconsumo al fine di diminuire i costi di produzione.

Motivo per cui occorre mantenere alta l’attenzione sul comparto delle energie da fonti rinnovabili, continuare sulla strada degli investimenti intrapresa con il PNRR promuovendo politiche di incentivazione, valorizzando il fotovoltaico, i sottoprodotti agricoli a fini energetici e l’uso del digestato da reflui zootecnici sulle colture in atto, a beneficio della fertilità agricola e dello stoccaggio di carbonio nel suolo.

Foto Freepik

Siamo all’inizio del nuovo anno, quali sono gli obiettivi di Confagricoltura per il 2025? Ma soprattutto qual è la visione per il futuro?

È una fase molto impegnativa per tutto il nostro settore: clima, transizione ecologica e accordi internazionali saranno il fil rouge dell’anno appena iniziato.

L’Europa deve necessariamente cambiare passo, dando agli agricoltori gli strumenti per raggiungere gli obiettivi di maggiore sostenibilità ambientale mantenendo salda la capacità produttiva.

Occorre quindi rivedere le politiche europee dedicate all’agricoltura, invertendo l’approccio, stabilendo prima che cosa il settore debba rappresentare strategicamente per l’Europa, e quindi definire il budget della PAC.

Si rischia altrimenti di rimanere compressi tra Cina e Stati Uniti se non si adottano velocemente politiche, innovazioni e risorse che ci consentano di affrontare le sfide globali, ma anche creare valore, tutelare il territorio e rafforzare la nostra posizione sui mercati.

Come dicevamo, serve un piano di crescita a lungo termine lontano dalle strette ideologie che hanno penalizzato l’UE in questi anni e capace di dare alle imprese agricole competitività e giusto reddito. E gli accordi commerciali devono essere strumenti per aprire mercati sulla base di regole certe e condivise.

Anche sul fronte interno ribadiamo tuttavia l’urgenza di una strategia pluriennale che possa definire il percorso per gli agricoltori e le politiche per il rafforzamento anche nel campo delle energie rinnovabili.

Certamente occorre verificare con il governo come individuare le risorse economiche per stabilizzare e proteggere il reddito degli agricoltori, in particolare quelli colpiti da fitopatie ed epizoozie, con un maggiore controllo della fauna selvatica.

C’è poi il grande tema della gestione del rischio. Il clima e la volatilità dei mercati rendono sempre più urgente la creazione di nuovi strumenti come fondi mutualistici, modelli assicurativi avanzati e un quadro normativo europeo che sostenga i fondi di emergenza nazionali e garantisca risposte rapide in caso di crisi.

Infine, investimenti in ricerca e sviluppo: non possiamo parlare di futuro senza mettere la ricerca al centro delle nostre politiche. Solo attraverso l’innovazione e la ricerca scientifica possiamo rendere l’agricoltura più efficiente, sostenibile e competitiva.

Rinnovabili •

About Author / Isabella Ceccarini

Lavora da più di trent’anni nel campo editoriale e giornalistico. Di formazione umanistica, è curiosa delle novità e affascinata dalla contaminazione tra saperi diversi. Non ama i confini mentali e geografici, è un’europeista sostenitrice dell’Italia, convinta che le sue grandi qualità – bellezza, arte, cultura, creatività – che il mondo ci invidia dovrebbero essere più apprezzate per primi dagli italiani. Promuove e sviluppa iniziative di comunicazione della scienza, di formazione giornalistica professionale e di sensibilizzazione sui temi della sostenibilità, ricerca, innovazione e formazione, nuove tecnologie, economia circolare. Organizza e modera tavole rotonde per mettere a confronto opinioni diverse.