È vero che l’agricoltura consuma troppa acqua?
Il Forum Acqua organizzato da Legambiente insieme a Utilitalia fa il punto sui consumi dell’agricoltura tra infrastrutture obsolete, perdite insostenibili e conseguenze del cambiamento climatico.
L’agricoltura è il comparto produttivo che più soffre dei danni dovuti al clima. Negli ultimi quattro anni grandine (58%), siccità (27%) e allagamenti (10%) hanno causato danni incalcolabili.
Tra il 2021 e il 2024 l’Osservatorio Città Clima di Legambiente ha registrato 96 eventi meteo estremi legati all’acqua. Le regioni più colpite sono Piemonte, Veneto, Puglia, Emilia-Romagna e Sardegna.
Quanta acqua consuma l’agricoltura italiana?
Mancano sei anni alla scadenza degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite e l’Italia è decisamente in ritardo nella gestione sostenibile dell’acqua.
Rispetto ad altri settori produttivi, l’agricoltura consuma il 57% del totale dei prelievi d’acqua, il 31% è destinato usi civili e il 12% a quelli industriali.
I dati emersi dal Forum Acqua mostrano un’agricoltura assetata e nello stesso tempo sprecona: consuma in media 17 miliardi di metri cubi di acqua all’anno, ma solo nel 4,6% dei terreni irrigati si usano acque reflue depurate.
Il recupero delle acque piovane è trascurabile, mentre richiederebbe una visione strategica che favorisca l’accumulo e la reimmissione in falda e che possa mitigare e ridurre i danni di eventi meteo estremi.
Infine, l’uso di fertilizzanti e pesticidi incide sulla qualità dell’acqua e delle falde, che sono anche inquinate dalla presenza di microplastiche.
Quanta ne potrebbe risparmiare?
A fronte di questo, il Forum Acqua mette in evidenza anche il grande potenziale di risparmio idrico dell’agricoltura italiana: il risparmio di acqua con l’impiego dell’irrigazione a goccia si colloca in una forbice che va dal 40 al 70%, mentre il riutilizzo delle acque reflue e depurate potrebbe coprire addirittura il 45% della domanda irrigua.
Secondo Legambiente, per utilizzare appieno questa importante risorsa, bisognerebbe darsi degli obiettivi di crescita con un riutilizzo in agricoltura del 20% delle acque reflue depurate entro il 2025, il 35% entro il 2027 e il 50% entro il 2030.
Spiega Filippo Brandolini, presidente di Utilitalia: «Il riuso delle acque depurate rappresenta un tassello importante insieme alla costruzione di invasi a uso plurimo, all’utilizzo dei fanghi di depurazione e dei rifiuti organici come fertilizzanti, fino al recupero del fosforo e alla produzione di biometano.
Il riuso delle acque reflue depurate in agricoltura è una soluzione che dovrebbe diventare strutturale applicando all’acqua, laddove economicamente sostenibile, gli stessi principi dell’economia circolare.
I gestori sono pronti a fare la propria parte, considerando che il nostro Paese ha depuratori di ottima qualità: auspichiamo una pubblicazione tempestiva dell’aggiornamento del DM 185/2003 alle disposizioni del Regolamento europeo 2020/741.
Bisogna, inoltre, individuare incentivi anche per coprire i costi per la realizzazione e gestione degli impianti e delle infrastrutture necessarie».
L’agricoltura dal modello intensivo a quello agroecologico
Per Legambiente bisogna potenziare l’uso dell’agricoltura di precisione e passare dal modello di agricoltura intensiva a quello agroecologico, che riesce a coniugare sostenibilità e innovazione.
Afferma Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente: «L’acqua è una risorsa vitale ma anche sempre più scarsa a causa di stress idrico e siccità. Per questo è fondamentale utilizzarla meglio e meno e in questa partita l’agricoltura ha un ruolo strategico.
Occorre, perciò, mettere al primo posto l’agroecologia e le buone pratiche agroecologiche che, al contrario dell’agricoltura intensiva e della monocultura, permettono di utilizzare meno acqua rispondendo al meglio alla crisi climatica, agli eventi meteo estremi, all’abbassamento delle falde e ai fenomeni di desertificazione a cui stiamo assistendo in modo sempre più frequente.
Per mettere a sistema il grande potenziale del comparto agricolo, bisogna unire interventi di economia circolare, innovazione tecnologica, prevenzione, promuovere colture meno idroesigenti, il recupero delle acque reflue depurate in agricoltura, diffondere la produzione di biologico e dare attuazione anche alle progettualità già previste dal PNRR sul risparmio idrico in agricoltura».
Al Forum Acqua 4 proposte per un’impronta idrica sostenibile
L’agricoltura rappresenta l’ago della bilancia della gestione sostenibile della risorsa idrica. Al Forum Acqua, Legambiente ha presentato al Governo 4 proposte che hanno al centro innovazione e buone pratiche agricole, che riportiamo di seguito.
- Investire sul paradigma agroecologico e sull’innovazione tecnologica, che sviluppa e impiega nuove tecnologie per il monitoraggio in tempo reale della qualità e della quantità usata dell’acqua e per la diminuzione dell’impiego di sostanze chimiche in agricoltura.
- Adottare strategie per la mitigazione degli input chimici favorendo le buone pratiche agricole quali le rotazioni, la pacciamatura e l’inerbimento, l’incremento della fertilità dei suoli, l’utilizzo di cultivar meno idroesigenti, l’agricoltura biologica e quella integrata di alto livello, che consentono di ridurre l’uso di pesticidi, con un’attenzione anche sulla dispersione dei rifiuti agricoli in plastica. In quest’ottica è utile anche rafforzare il monitoraggio delle risorse idriche unendo alle rilevazioni biochimiche anche le innovative tecniche di biomonitoraggio.
- Incentivare il recupero e il riutilizzo delle acque reflue depurate per l’irrigazione agricola, efficientando la depurazione delle acque reflue, valorizzandole come risorsa e permettendone il completo riutilizzo in settori strategici come l’agricoltura, velocizzando la redazione del DPR che ne regolamenterà il riutilizzo per i molteplici usi irrigui, industriali civili e ambientali, armonizzando la normativa vigente e permettendo ai gestori un quadro normativo stabile e coerente.
- Sul lato della governance, si ribadisce l’importanza di avere una regia unica della risorsa idrica a partire delle Autorità di bacino distrettuale garantendo la sinergia fra tutti i settori di utilizzo della risorsa con l’obiettivo di arrivare a una pianificazione degli usi che diminuisca innanzitutto e non aumenti la domanda di acqua. Sulla base di questo è necessario regolamentare la tariffazione di conseguenza e aggiornare i canoni di derivazione anche per l’uso irriguo, basati sulla reale disponibilità della risorsa idrica e determinati tanto dalla tipologia di coltura quanto dalla modalità di coltivazione.