Quale sarà il futuro dell’agricoltura? Tante le sfide da affrontare e tutte vitali: dal cambiamento climatico all’innovazione tecnologica, dalla tutela del lavoro alle politiche di mercato. In un contesto globale difficile e instabile dal punto di vista geopolitico, climatico ed economico occorre una visione comune per rimettere l’agricoltura al centro e procedere con pragmatismo verso la transizione verde
L’agricoltura che verrà secondo Confagricoltura
L’Assemblea di Confagricoltura è, per definizione, l’occasione per fare un bilancio delle azioni compiute e riflettere sulle sfide e sulle opportunità che il mondo dell’agricoltura avrà davanti.
Il futuro dell’agricoltura in un contesto globale instabile
Il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti lo ha detto con chiarezza aprendo l’Assemblea: «Siamo qui non solo per analizzare il presente, ma per immaginare il futuro dell’agricoltura italiana ed europea, in un contesto globale che ci chiama ad agire con determinazione e lungimiranza».
Serve un’analisi attenta: l’agricoltura italiana e quella europea si trovano in un contesto globale difficile e instabile, dal punto di vista geopolitico, climatico ed economico.
Il valore dell’agricoltura non è solo economico e produttivo (è una parte importante del nostro Pil), ma anche ambientale. Come tante volte si è detto, gli agricoltori sono i primi custodi del territorio, dal loro lavoro dipende la sicurezza alimentare nostra e delle generazioni future.
Agricoltura e transizione verde: sì, ma con pragmatismo
Nelle sedi europee si ricomincia a parlare di produzione, competitività, mercati.
Confagricoltura sostiene con pragmatismo una transizione verde non ideologica: deve bilanciare sostenibilità ambientale, economica e sociale senza imporre oneri sproporzionati a cittadini e imprese.
Infatti la decarbonizzazione è una priorità, ma non deve andare a discapito della produttività delle aziende agricole.
Questo non vuol dire assolutamente mettere da parte la sostenibilità. Tuttavia, «non possiamo permetterci di perdere 43 miliardi di euro l’anno di prodotto lordo vendibile come è accaduto con le scelte della precedente Commissione».
Cosa significa autosufficienza alimentare?
Bisogna chiarire il significato di autosufficienza alimentare. Non si tratta di una chiusura verso il commercio internazionale, bensì di garantire che le nostre filiere siano resilienti, capaci di rispondere alle necessità interne e di resistere agli shock esterni.
Significa «investire nella produzione nazionale, sostenendo i nostri agricoltori e riducendo la dipendenza da importazioni critiche, rafforzando il nostro sistema industriale e il commercio organizzato».
Inoltre, l’autosufficienza alimentare è strategica dal punto di vista della sostenibilità. Dobbiamo farci una domanda fondamentale: quanto costa all’ambiente approvvigionarsi da paesi lontani anche migliaia di chilometri? Qual è l’impatto di questi trasporti? E quale quello dello stoccaggio e della conservazione di questi prodotti?
I 3 elementi che cambiano le nostre priorità
L’agricoltura è al centro di trasformazioni che stanno cambiando il mondo, in modo veloce e imprevedibile. Tre sono gli elementi che cambiano le nostre priorità:
- La geopolitica del cibo. La guerra in Ucraina e in Medio Oriente e la crisi asiatica hanno mostrato quanto siano vulnerabili le filiere agroalimentari globali.
- Le tensioni commerciali. Gli Stati Uniti, con le politiche protezionistiche annunciate dall’amministrazione Trump, potrebbero imporre dazi che penalizzerebbero l’agroalimentare europeo e il Made in Italy. Allo stesso tempo, l’accordo Mercosur e quello in itinere con la Thailandia rappresentano una minaccia per la competitività delle nostre aziende, con l’ingresso sul mercato di prodotti che non sempre rispettano gli stessi standard di sicurezza. Probabilmente a livello italiano potremo anche avere alcuni vantaggi per i consumatori, ad esempio una diminuzione del costo di alcuni prodotti, ma al momento non esistono garanzie per quanto riguarda la sicurezza. I produttori europei dovranno abbassare il prezzo di vendita per competere con i prodotti del Sudamerica. Negli ultimi anni abbiamo perso il 20% di agricoltori: a queste condizioni, tra pochi anni non ne avremo più e compreremo tutto dal Sudamerica o da altri paesi.
- Il cambiamento climatico. La desertificazione, le condizioni meteorologiche estreme, e la pressione sulle risorse idriche stanno trasformando il modo in cui produciamo cibo. Le nostre imprese agricole, già alle prese con margini ridotti e costi crescenti, devono affrontare anche l’urgenza di una transizione ecologica ed energetica che richiede investimenti significativi.
La sala dell’Assemblea a Palazzo della Cancelleria a Roma (foto Confagricoltura)
Il calo della produzione non corrisponde a un beneficio ambientale
I dati confermano una flessione nella produzione agricola nazionale. L’Istat stima -4% per le coltivazioni; per il Centro Studi di Confagricoltura la flessione complessiva è del 3,1%. In particolare, il vino segna -17,4% e la frutta -11,2%, e il valore delle produzioni vegetali si è ridotto di 1,2 miliardi di euro nel 2023 rispetto all’anno precedente.
Anche il ministro dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste, Francesco Lollobrigida, ha messo in evidenza il paradosso di un calo della produzione a cui non corrisponde un pari beneficio ambientale: «Abbiamo chiesto all’Europa di partire da dati scientifici certi, non da proposte concepite dalla burocrazia di Bruxelles».
Nel caso particolare della pesca, il risultato è che i prodotti ittici si acquistano da mercati che non seguono le nostre stesse regole di sicurezza e qualità. Il tutto a fronte di comportamenti virtuosi delle nostre flotte.
Il ministro dichiara di aver inserito ulteriori dieci milioni per combattere la peste suina, problema molto sentito da Confagricoltura. Giansanti, infatti, si augura che nella legge di bilancio si trovino risorse adeguate, perché la peste suina sta mettendo a rischio una filiera che vale il 2% del Pil nazionale: «Non si tratta di trovare coperture, ma di giocarsi il futuro di un settore fondamentale».
Una strategia di lungo periodo in 5 punti
Strette nella morsa dei grandi gruppi di produzione agricola (pensiamo ai Paesi BRICS) quali obiettivi vogliono darsi l’agricoltura italiana e quella europea?
Per Confagricoltura serve prima di tutto una visione chiara e condivisa: «Definire gli obiettivi è il primo passo per costruire una strategia efficace. Non possiamo limitarci a navigare a vista, reagendo alle crisi man mano che si presentano.
Dobbiamo definire un quadro di riferimento ambizioso, che guidi ogni nostra azione e decisione. Abbiamo bisogno, quindi, di un Piano pluriennale europeo e italiano», ha detto Giansanti elencando 5 punti chiave.
- Produttività e competitività, l’agricoltura come motore economico
Il primo obiettivo è rafforzare la produttività e la competitività del settore agricolo. Qualità e tradizione contraddistinguono le produzioni italiane ed europee, ma devono andare di pari passo con innovazione ed efficienza.
Dobbiamo garantire alle nostre aziende gli strumenti e le risorse per prosperare. Un’agricoltura competitiva crea valore aggiunto, genera posti di lavoro, sostiene l’economia e porta nel mondo le eccellenze italiane ed europee.
- Garantire la sicurezza del cibo
L’instabilità geopolitica mondiale è un campanello d’allarme. In Russia si sono riuniti 24 Paesi (tra cui Russia, Cina, Brasile, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Turchia, India, Sudafrica) che rappresentano il 37% dell’economia mondiale contro il 29% dei Paesi del G7. È evidente che la sicurezza alimentare non è una cosa scontata.
L’Unione Europea importa una percentuale significativa di materie prime agricole strategiche (semi oleosi, farine di semi oleosi, proteine vegetali).
Il tasso di autoapprovvigionamento dell’Italia sta peggiorando per grano duro, olio d’oliva, carne bovina, mais, frumento tenero: una condizione che ci espone a gravi rischi in caso di crisi.
- Sostenibilità ambientale, un modello che guarda al futuro
«L’agricoltura non può essere vista come parte di un problema per l’ambiente, noi siamo una soluzione. Il precedente Green Deal, non prontamente aggiornato, rischia di compromettere la competitività dell’Unione Europea, favorendo i nostri principali concorrenti globali, come Cina e Stati Uniti, e Stati emergenti come Brasile e India, che adottano politiche più flessibili e supportate da incentivi concreti».
Il 2024 è stato un anno cruciale per l’attuazione delle misure dedicate all’energia nel settore agricolo previste dal PNRR con i bandi per l’agrisolare, l’agrivoltaico, le comunità energetiche, il biometano, il biogas: tutte soluzioni che dimostrano come l’agricoltura possa contribuire a contrastare il cambiamento climatico.
Giansanti, infatti, ha sottolineato che «l’obiettivo deve essere valorizzare queste materie prime, incentivando la produzione nazionale e creando un ecosistema in grado di contribuire alla sostenibilità ambientale ed economica». Ad esempio, nel 2021 il 14,1% dei biocarburanti sostenibili immessi in consumo è stato prodotto con materie prime di origine nazionale.
Inoltre, bisogna valorizzare le aree interne, con particolare attenzione al turismo rurale, agli agriturismi, all’enogastronomia e alle foreste: servono strategie in grado di coniugare la tutela del territorio con la crescita economica.
- Innovazione e giovani, costruire il futuro con le nuove generazioni
Parlando di giovani e agricoltura non ci si deve fermare all’idea, giusta, del ricambio generazionale. I giovani sono un motore di innovazione tecnologica, indispensabile per trasformare l’agricoltura e i modelli di produzione in modo sostenibile, sano e redditizio.
Poiché non c’è innovazione senza formazione, Confagricoltura sta investendo in percorsi di formazione per guidare il cambiamento e permettere ai giovani di avere le competenze necessarie per avviare o modernizzare le imprese.
- Tutela degli agricoltori, garantire dignità e protezione
Dietro ogni prodotto agricolo ci sono persone: agricoltori, allevatori, imprenditori. Ognuno di loro lavora per la nostra sicurezza alimentare, è doveroso che abbiano un giusto reddito e le tutele necessarie.
I dati confermano che in agricoltura c’è un reale impegno per garantire condizioni di lavoro sicuro: dal 2018 al 2022 gli infortuni sul lavoro sono diminuiti del 22,4%. Servono però anche strumenti di protezione adeguati, come fondi mutualistici e nuovi modelli assicurativi.
I lavoratori extracomunitari rappresentano circa un terzo della forza lavoro (circa 350mila lavoratori), che deve essere reperita in modo trasparente. A tal fine, Confagricoltura ha attivato ConfagriJob, un servizio digitale mettere in contatto domanda e offerta di lavoro.
Inoltre, ha attivato programmi di formazione in loco in Nord Africa per creare delle professionalità da far entrare nel nostro Paese e metterle a disposizione delle aziende.
Anche Marina Calderone, ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, ha confermato l’interesse a investire in un lavoro agricolo all’insegna della qualità, che non deve essere solo stagionale. Occorre valorizzare le professionalità e avviare una diversa gestione dei rapporti di lavoro.
La manodopera che arriva dall’estero è indispensabile, con il decreto flussi il Governo punta a favorire il lavoro regolare. A tale proposito, Calderone ha anche specificato che «chi denuncia i casi di caporalato riceve un assegno di inclusione ed entra automaticamente in un percorso di lavoro regolare».
Il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida intervistato da Alberto Orioli (foto Confagricoltura)
Competition Plan, passare dal pensiero all’azione
Con il pragmatismo che la contraddistingue, Confagricoltura lancia un Competition Plan, «una iniziativa strategica per ridefinire il futuro dell’agricoltura italiana e posizionarla come leader a livello globale. Non solo una dichiarazione d’intenti, ma un vero e proprio programma d’azione che traduce le idee in risultati concreti.
Per trasformare l’agricoltura in un settore più produttivo, sostenibile e resiliente, dobbiamo adottare politiche, innovazioni e risorse che ci permettano di passare dal pensiero all’azione, dall’analisi alla concretezza».
Vediamo quali sono i punti fondamentali alla base del Competition Plan:
- Politica Agricola Comune (PAC), il cuore della strategia europea
La PAC non è una politica economica, ma uno dei principali strumenti a sostegno del settore agricolo affinché possa raggiungere i suoi obiettivi.
Negli anni la PAC è progressivamente diminuita e ha bisogno di essere riformata per essere in grado di fronteggiare le sfide presenti e future.
Confagricoltura chiede una PAC che rimetta al centro la produttività e la competitività dell’agricoltura europea nel quadro di un mercato globale.
In concreto, deve premiare chi investe in sostenibilità, innovazione e competitività; deve adattarsi alle diverse specificità dei territori; deve sostenere le pratiche agricole che tutelano il suolo, le risorse idriche e la biodiversità.
In merito alla distribuzione delle risorse, di cui si discute, Confagricoltura ritiene che debbano essere considerati agricoltori quelli vocati al mercato e con profilo fiscale attivo.
- Gestione del rischio, proteggere gli agricoltori dalle crisi
Il cambiamento climatico e la volatilità dei mercati rendono sempre più urgente la creazione di strumenti di gestione del rischio. Gli agricoltori devono essere sereni, e sapere che non sono lasciati soli.
Pertanto, servono fondi mutualistici, modelli assicurativi avanzati e interventi pubblici mirati.
- Digitalizzazione e innovazione, un’agricoltura connessa e resiliente
La tecnologia e l’intelligenza artificiale sono l’alleato più prezioso per affrontare le sfide del futuro.
Le priorità sono agricoltura di precisione, piattaforme digitali, tecniche di evoluzione assistita (TEA), nuove frontiere dell’agricoltura come il vertical farming.
C’è ancora una grande sfida sul tavolo, quella di «una rete infrastrutturale che permetta agli agricoltori di essere connessi. Oggi in molte parti d’Italia gli agricoltori non hanno neanche il 3G. Ci viene chiesto di essere innovativi, digitali, di spiegare la produzione attraverso i sistemi di tracciabilità. Ma se non c’è la rete come facciamo?», ha sottolineato Giansanti.
- Politiche commerciali coerenti, difendere il modello agricolo europeo
Il commercio internazionale è un’opportunità, ma anche una sfida. «Gli accordi commerciali devono essere strumenti per aprire mercati, non per compromettere il nostro modello produttivo».
Le azioni da mettere in corso sono: reciprocità degli standard, tutela delle denominazioni di origine, infrastrutture viarie, portuali e aeroportuali adeguate integrate con un sistema di agromercati centralizzati.
- Investire nella ricerca e nello sviluppo, costruire l’agricoltura del futuro
La ricerca deve avere un ruolo centrale e il partenariato pubblico-privato dovrebbe sostenere gli investimenti: l’innovazione tecnologica rende l’agricoltura più efficiente, sostenibile e competitiva.
Tra le priorità per la ricerca in agricoltura, Confagricoltura individua tecnologie per la sostenibilità, modelli predittivi ed economia circolare.
Le difficoltà esistono, è innegabile, ma emerge forte e chiara la possibilità di un futuro in ripresa per l’agricoltura, che sia sostenibile e competitivo. A patto però di lavorare insieme, senza pregiudizi, per il bene comune. Bisogna crederci.