Buone pratiche per l’agrivoltaico, quanto valgono le energie rinnovabili?
I numerosi esempi di buone pratiche per l’agrivoltaico dimostrano come anche l’agricoltura possa avere un ruolo rilevante nella transizione ecologica dei sistemi agroalimentari. L’agricoltura rappresenta la produzione primaria e i suoi prodotti sono riconosciuti in tutto il mondo per la loro qualità e sicurezza.
Le buone pratiche per l’agrivoltaico sono state al centro dell’evento “Agricoltura e fotovoltaico per una giusta transizione ecologica” promosso da Fondazione Univerde e Coldiretti con la main partnership di Renexia e NextEnergy Group in qualità di event partner, entrambe aziende attive nel settore delle energie rinnovabili.
Le buone pratiche per l’agrivoltaico spingono la sostenibilità
Al centro del convegno, le buone pratiche per l’agrivoltaico applicabili in agricoltura con ottimi risultati per quanto riguarda la sostenibilità. Ad esempio, i sistemi fotovoltaici innovativi, integrati nella coltivazione di colture, permettono non solo la produzione diretta di energia da fonte rinnovabile ma sono anche utili per individuare le sinergie tra biota e impianti.
In questo modo, è possibile evitare lo spreco di suolo fertile e continuare il normale svolgimento delle attività agricole. Del resto è ormai cosa nota che la tecnologia è amica della buona agricoltura.
Ha dichiarato infatti Alfonso Pecoraro Scanio, presidente di Univerde, che «l’agrivoltaico va realizzato in accordo con il mondo agricolo e deve tenere il passo con la tecnologia, se l’Italia vorrà coglierne i benefici, anche per favorire lo sviluppo delle comunità energetiche rurali».
La multifunzionalità dell’agricoltura
La multifunzionalità dell’agricoltura rende più semplice arrivare a quella transizione ecologica ed energetica che è indispensabile raggiungere per la salute del Pianeta, e quindi delle persone, come ha precisato Dominga Cotarella, presidente di Terranostra: «Oltre a tutelare paesaggio, custodire il territorio, garantire qualità e salubrità alimentare, nonché cura delle risorse idriche, la multifunzionalità agricola ha come missione anche quella della produzione di energie rinnovabili».
Cotarella, inoltre, ha sottolineato il valore economico delle attività connesse «pari al 20% del Pil agricolo. In particolare, il valore della produzione delle energie rinnovabili equivale a circa 2,5 miliardi».
Le buone pratiche per l’agrivoltaico dimostrano l’esistenza di grandi opportunità per migliorare la competitività dell’agricoltura, incrementare la resilienza della produzione agricola e la produzione di energia rinnovabile.
Dalla “Terra dei fuochi” alla “Terra del sole”
Ancora una volta si evidenzia il ruolo strategico dell’agricoltura per il territorio. In questo caso, ad esempio, si passa dalla tristemente nota “Terra dei fuochi” alla “Terra del sole”: 140 ettari dove si produce energia rinnovabile senza consumo di suolo agricolo.
Il progetto nato a Giugliano e supportato agronomicamente dal PSR Innovazione Campania, risana un’area fortemente degradata e crea le condizioni ottimali per la coltivazione sostenibile: un’importante opportunità di riscatto e crescita economica, sociale e ambientale.
«Questa riqualificazione territoriale, urbana e sociale, rappresenta un passo avanti per l’immagine del Sud e della Campania che si avvarrà anche di tecnologie di agricoltura di precisione e di sistemi di misurazione della qualità e sicurezza delle produzioni», ha dichiarato Roberto Mazzei, coordinatore PSR Innovazione Campania, partner tecnico del progetto “Terra del sole”.
Le aziende agricole sono al centro, attraverso le comunità energetiche, gli impianti solari sui tetti e l’agrivoltaico sostenibile e sospeso da terra. Tutte soluzioni green che permettono agli agricoltori di integrare il loro reddito con ricadute positive sul territorio.
A tale proposito, Ettore Prandini, presidente di Coldiretti, ha sottolineato l’importanza dello «stop al fotovoltaico selvaggio venuto dal DL Agricoltura – che abbiamo fortemente sostenuto – che blocca lo scempio di distese di ettari di moduli fotovoltaici a terra o di tecnologie industriali camuffate da parchi agrivoltaici che invece sottraggono il suolo alla sua vocazione originale».