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Api mellifere e api selvatiche in competizione

Le api mellifere e le api selvatiche sono in forte declino, soprattutto a causa dell’azione umana. Una ricerca ha scoperto che esiste una competizione per lo sfruttamento delle risorse floreali: nelle aree ristrette, senza le risorse floreali sufficienti per tutte le specie, le api mellifere esauriscono significativamente la disponibilità di nettare e polline e le api selvatiche calano dell’80%. Quasi un’estinzione

Api mellifere e api selvatiche in competizione
Foto di Pixabay

Le api mellifere minacciano la sopravvivenza delle api selvatiche

Le api, sia mellifere che selvatiche, sono in forte declino. Questo fatto desta forte preoccupazione sia per l’equilibrio degli ecosistemi che per le coltivazioni ortofrutticole. Infatti, gli impollinatori – anche quelli che non producono miele – svolgono un ruolo cruciale negli ecosistemi.

Le cause del declino degli impollinatori sono dovute a diversi fattori, ai quali non è estranea l’azione umana: distruzione degli habitat, uso di pesticidi, cambiamenti climatici, invasione di specie aliene.

Giannutri, un laboratorio a cielo aperto

Uno studio condotto da gruppi di ricerca dell’Università di Firenze e dell’Università di Pisa ha scoperto che esiste una competizione tra api mellifere e api selvatiche.

L’indagine alla base dello studio Island-wide removal of honeybees reveals exploitative trophic competition with strongly declining wild bee populations, pubblicato nella rivista “Current Biology”, è stata realizzata nell’arco di quattro anni (2021-2024) nell’isola di Giannutri (estesa su 2,6 Km2) che fa parte del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano.

Giannutri è stata una sorta di laboratorio a cielo aperto dove le api mellifere non sono presenti allo stato selvatico.

L’effetto negativo delle api mellifere sulle api selvatiche

Come ha spiegato Leonardo Dapporto, docente di Zoologia e referente scientifico della ricerca per l’Università di Firenze, «è il primo studio che ha evidenziato come la concorrenza tra api mellifere e altre specie di api si possa risolvere in favore delle prime, specialmente in aree ristrette senza le risorse floreali sufficienti per tutte le specie selvatiche e gestite.

A Giannutri abbiamo valutato il possibile effetto negativo di una grande densità di api da miele gestite dagli apicoltori sulle api selvatiche, che costituiscono parte fondamentale degli impollinatori naturali dell’isola».

Chiusura temporanea degli alveari

Il Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano aveva chiesto di verificare l’impatto dell’apiario (18 arnie) sugli apoidei presenti sull’isola.

L’osservazione ha riguardato in particolare Anthophora dispar, un’ape selvatica solitaria e Bombus terrestris, un calabrone sociale.

La misurazione è avvenuta con la chiusura temporanea degli alveari. «Senza competizione, le api selvatiche sono diventate più attive nel cercare il cibo, hanno trascorso più tempo sui fiori a succhiare il nettare e hanno impiegato meno tempo a prendere il polline», ha sottolineato Lorenzo Pasquali, primo autore e dottorando dell’Università di Firenze.

La competizione pesa più delle variazioni climatiche

La ricerca ha confermato che le api da miele alterano in modo significativo il comportamento delle api selvatiche: le api mellifere esauriscono significativamente la disponibilità di nettare e polline, e le api selvatiche calano dell’80%. Quasi un’estinzione.

Inoltre, l’assenza di variazioni climatiche significative indurrebbe a pensare che sia la competizione, più che il cambiamento climatico, a determinare il declino delle api selvatiche.

La ricerca sembra quindi dimostrare che l’alta densità di api mellifere può minacciare le api selvatiche attraverso la competizione per lo sfruttamento delle risorse floreali, amplificare i fattori di stress ambientale e portare al declino della popolazione, specie negli ecosistemi fragili come le piccole isole.

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