All’agricoltura sociale Agrifood Forum 2025 ha dedicato un panel in cui sono emersi gli stretti legami con la sostenibilità ambientale che passa attraverso il benessere delle persone. Esperienze preziose che toccano varie categorie vulnerabili con un unico obiettivo: restituire una speranza
Innovazione dei valori con l’agricoltura sociale
L’agricoltura sociale è il frutto di un lavoro comune tra gli agricoltori e gli operatori sociali che si rivolge a tutte le categorie di vulnerabilità. A questo particolare settore dell’agricoltura, Agrifood Forum 2025 – organizzato da Rinnovabili in collaborazione con Confagricoltura – ha dedicato un panel in cui il racconto delle diverse esperienze ha mostrato quanto sia stretto e proficuo il legame tra agricoltura e ambiente.
Agricoltura sociale + energie rinnovabili = sostenibilità
I tre pilastri della sostenibilità sono la dimensione ambientale, economica e sociale. Per questo motivo possiamo ritenere l’agricoltura sociale e le energie rinnovabili come parti integranti della sostenibilità. Dalla collaborazione di questi settori possono derivare iniziative di successo.
Ma qual è la relazione tra le fattorie sociali e la sostenibilità ambientale? Lo ha spiegato Marco Berardo Di Stefano, presidente della Rete Fattorie Sociali. Molte fattorie sociali hanno investito in energie rinnovabili: un modo per realizzare la sostenibilità ambientale e quella economica, abbattendo i costi per l’energia.
La rete Fattorie Sociali è nata nel 2005 per far conoscere le attività del settore: opportunità di inserimento lavorativo e un servizio per le istituzioni. A questo proposito, Di Stefano ha evidenziato l’effetto positivo dell’agricoltura sociale in persone con disagio psichiatrico.
La formazione è indispensabile
Nel 2013 il comitato economico e sociale europeo esprime un parere sull’agricoltura sociale, nel 2015 viene approvata la legge nazionale che le ha dato un riconoscimento istituzionale; passaggi fondamentali per riconoscere il valore di queste imprese dal punto di vista istituzionale.
Di fronte alla platea, composta in parte anche da ragazzi di un istituto agrario, Di Stefano ha spiegato le difficoltà che incontra chi vuole avviare una fattoria sociale e cosa fare per superarle, e ha sottolineato quanto sia importante la formazione.
Alla fine del suo intervento, ha ricordato un viaggio di lavoro in Irlanda. I suoi interlocutori, ascoltando le esperienze italiane, le definirono “brilliant”: «Le fattorie sociali brillano sul territorio e rappresentano un punto di opportunità, di speranza, di sostenibilità anche nei posti più lontani e difficili da raggiungere».
“Ripartiamo dalla nostra terra”
Francesco Spagnolo del servizio Fundraising della Caritas Italiana, ha raccontato un interessante progetto nato dall’accordo tra Confagricoltura, Caritas Italiana e JTI Italia in collaborazione con AG-Formazione.
“Ripartiamo dalla nostra terra” è un progetto replicabile e sostenibile che prevede l’attivazione di 6 tirocini formativi e lavorativi in ambito agricolo per 15 persone tra detenuti ed ex-detenuti.
Perché la Caritas partecipa a un progetto di agricoltura sociale? La sua caratteristica è quella di intervenire partendo dalla realtà del territorio e dalle difficoltà delle persone. I dati confermano che disuguaglianze e disagio dipendono dalla somma di fattori diversi.
Papa Francesco nel ricordare che tutto è connesso, esorta a non considerare le persone come delle monadi e ad agire su più livelli. L’agricoltura sociale permette di rispondere a vari bisogni: educativi, lavorativi, di inclusione, delle persone detenute o affidate a misure alternative.
«Non a caso, Papa Francesco ha aperto la seconda Porta Santa a Rebibbia, insistendo sul recupero delle persone. Per farlo, serve un dialogo tra le diverse parti che partecipano a questi progetti, si ragiona non partendo da quello che alla persona manca ma dal potenziale che ha».
Ricordando anche un’altra esperienza analoga della Caritas di Ancona-Osimo, “L’orto del sorriso”, Spagnolo ha citato dati molto incoraggianti sulla recidiva. Inoltre, chi ha vissuto queste esperienze di recupero, è tornato a restituire il suo impegno come volontario o in forma professionale.
Il Pastificio Futuro, incoraggiato da Papa Francesco
Progetti, quindi, che “riattivano” le persone e creano anche valore economico: un possibile volano per altre realtà.
Un altro progetto illustrato nel corso di Agrifood Forum 2025 è quello di Pastificio Futuro, un’esperienza nata nel Carcere minorile di Casal del Marmo.
L’idea è stata “innescata” dalle parole pronunciate da Papa Francesco, quando andò in visita al carcere nel 2013: «I sogni più belli si conquistano con speranza, pazienza e impegno… Anche se sbagli, potrai sempre rialzare la testa e ricominciare, perché nessuno ha il diritto di rubarti la speranza».
Dopo dieci anni, nel 2023, la realtà di Pastificio Futuro è approdata sul mercato, come ha raccontato Alberto Dell’Agli, consigliere della cooperativa Pastificio Futuro. “Non farti rubare la speranza” è diventato una frase distintiva del progetto del pastificio: la pasta è un prodotto di uso quotidiano, per tutti.
Un percorso complesso sostenuto da molti
Il demanio e l’amministrazione carceraria hanno affidato alla cooperativa un edificio abbandonato da decenni: è stato necessario abbatterlo e ricostruirlo secondo le regole di efficienza energetica (ad esempio, c’è un impianto fotovoltaico sul tetto che ci ha reso autonomi per l’energia). L’edificio, pur facendo parte del carcere, ha un accesso esterno indipendente che non comunica con l’interno.
Il 50% Pastificio Futuro è stato finanziato dal mondo ecclesiastico (Caritas, Cei e 8 per mille), l’altra metà con un mutuo. «Confagricoltura ha fornito la materia prima italiana. Esselunga ha donato l’impiantistica per la produzione della pasta ed è la prima catena GDO che ci ha aperto le porte per la commercializzazione della pasta. Abbiamo un punto vendita nel pastificio e lo shop online; altri punti vendita sono alla Coop e in Vaticano, e a breve sarà anche sugli scaffali della Conad».
Citrus, l’innovazione dei valori dell’ortofrutta pop
Nel 2020 Forbes ha inserito Marianna Palella nella lista degli Under 30 che stanno cambiando il mondo, nel 2021 – a 22 anni – vince il Premio GammaDonna per la migliore startup femminile con Citrus L’Orto Italiano.
Che cosa c’è di diverso in questa startup che fa innovazione basata sui valori? Si comincia dal confronto tra generazioni diverse, ovvero il modo di vedere di madre e figlia. Obiettivo iniziale era una comunicazione “educativa”, che spiegasse perché fa bene mangiare frutta e verdura.
Da qui è iniziata la collaborazione con la Fondazione Umberto Veronesi e il sostegno di Citrus alle borse di studio per la ricerca scientifica.
«Citrus è riuscita a unire la filiera (mercati, supermercati e discount) convincendo tutti a vendere i medesimi prodotti (broccoli e limoni) a favore della salute e a sostegno della ricerca scientifica.
Progetti “pop” uniscono moda, ortofrutta e salute per invitare alla prevenzione oncologica.
L’innovazione prevede etichette e retine compostabili, economia circolare e il bilancio di sostenibilità ci permette di monitorare i passi avanti».
SbrisolAut, l’impresa profit valorizza i talenti dei ragazzi autistici
A Mantova un laboratorio di pasticceria produce una squisita torta sbrisolona. Qual è la particolarità? Sbrisolaut è un’impresa profit che impiega solo persone autistiche ideata dalla psicologa Laura Delfino.
«Sbrisolaut vuole rappresentare la bellezza di Mantova. Nella mia professione ho cercato di associare l’autismo a qualcosa di bello, riconoscendo i talenti di questi ragazzi. Si pensa sempre alle loro difficoltà e non alle loro abilità.
La sbrisolona è fatta con ingredienti che abbiamo sempre in dispensa, è alla portata di tutti, è essenziale e schietta come questi ragazzi. Il mondo dice sempre loro che non sono adeguati, hanno bisogno di qualcuno che creda in loro.
È una torta inclusiva perché gli ingredienti sono uguali tra loro, ma se ne possono aggiungere altri».
Il laboratorio che ospita i pasticceri di Sbrisolaut si trova nella casa circondariale di Mantova: gli ex-detenuti sono stati gli unici a credere in questi ragazzi e nel loro progetto aziendale (Sbrisolaut è un’azienda profit), dando inizio a una inaspettata collaborazione umana che ha permesso di valorizzare le loro capacità.
«Pensiamo che un’azienda debba anche prendersi cura delle persone, non vedere le loro difficoltà ma valorizzare quello che sanno fare. Attraverso le briciole della torta vogliamo fare una rivoluzione dolce, con l’obiettivo di comunicare che i diritti sono uguali per tutti».