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Agricoltura rigenerativa ad alta tecnologia, l’accordo tra Italia e Algeria

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Immagine di wirestock su Freepik

Agricoltura rigenerativa ad alta tecnologia per l’autosufficienza alimentare

L’agricoltura rigenerativa ad alta tecnologia arriva in Africa grazie a un accordo firmato tra Italia e Algeria del valore di 420 milioni di euro.

La società Bonifiche Ferraresi SpA – che ha già progetti in corso in altri paesi africani – ha firmato un accordo con il governo algerino che prevede la concessione di 36mila ettari chesi trovano nel centro del Paeseaffinché siano riportati in condizioni di produttività agricola.

L’accordo firmato da Bonifiche Ferraresi rappresenta il più grande investimento in agricoltura rigenerativa ad alta tecnologia fatto dall’Italia nella sponda Sud del Mediterraneo.

Le attività agricole creare in Algeria una filiera agroalimentare inizieranno nel 2024, a cominciare dalla creazione di pozzi e dalla semina di cereali.

Perché l’agricoltura rigenerativa ad alta tecnologia?

Scegliere l’agricoltura rigenerativa ad alta tecnologia è stato quasi un percorso obbligato, in quanto questo tipo di pratiche agricole non guardano solo a mantenere i livelli di produttività, ma tendono a migliorare e ripristinare la salute del suolo, la biodiversità e l’ecosistema nel suo insieme.

In sostanza, sono pratiche sostenibili che cercano di invertire l’impatto ambientale delle pratiche agricole tradizionali e stimolare la resilienza degli ecosistemi agricoli.

L’obiettivo finale è ripristinare la salute dei terreni anche in un’ottica di autosufficienza alimentare.

Il piano prevede la realizzazione di una filiera integrata seme-prodotto finito totalmente sviluppata e gestita da BF SpA insieme ad alcuni dei suoi azionisti/partner industriali e con la collaborazione di importanti istituzioni locali come il Fondo Nazionale di Investimento algerino.

I prodotti sono destinati ai mercati locali

Nello specifico l’iniziativa vedrà, una volta a regime (2028), la coltivazione di cereali – grano duro e tenero – per circa il 70 % della superficie. Nella parte restante si coltiveranno legumi destinati al mercato locale. Infatti, BF ha assicurato che nulla sarà destinato alla produzione di biocarburanti.

Inoltre, è prevista la realizzazione di fabbricati da destinare alla lavorazione dei generi alimentari. Sono compresi anche dodici silos per lo stoccaggio dei prodotti agricoli con una capacità complessiva di 62.000 tonnellate.

I primi interventi nel 2024 prevedono la costruzione di pozzi per realizzare un sistema di irrigazione a goccia, fondamentale in Algeria, profondamente colpita dalla siccità dovuta al cambiamento climatico. A novembre inizierà l’attività agricola con la semina dei cereali nei primi 3mila ettari.

«Il progetto Algeria rappresenta per BF international il più importante esempio della capacità del Gruppo di replicare la visione e l’esecuzione del modello BF e di progetti agricoli ad alta tecnologia (Agritech) e sostenibilità ambientale per una valorizzazione della terra e delle filiere alimentari», ha sottolineato Federico Vecchioni, AD di BF SpA.

Investimenti in campo e nella formazione

Oltre agli investimenti in campo, non mancheranno azioni e programmi per la formazione degli attuali e futuri professionisti algerini gestiti da BF Educational srl (società controllata da BF SpA) per migliorare l’istruzione scientifica applicata all’agricoltura e all’agribusiness attraverso lo sviluppo di progetti in collaborazione con importanti enti di ricerca e istituzioni accademiche algerine.

«Si tratta di un investimento che garantisce autosufficienza alimentare, qualità dei prodotti e difesa dell’ambiente» ha dichiarato il ministro dell’Agricoltura, della Sostenibilità Alimentare e delle Foreste, Francesco Lollobrigida, sottolineando al contempo che il progetto «mette insieme la bandiera algerina con la bandiera italiana. Perché non è un progetto italiano né un progetto algerino, bensì è un progetto algerino e italiano insieme».

Secondo il ministro, questo accordo per l’agricoltura rigenerativa ad alta tecnologia è un «primo segno tangibile dell’impegno italiano in Africa nel quadro del Piano Mattei».

Non ha mancato di evidenziare che «è quanto di più lontano esista dal neocolonialismo, perché le terre restano nel pieno possesso dell’Algeria, il cui governo detiene il 51% dell’investimento».

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