
Ad “Agricoltura È” le tante facce della sostenibilità in agricoltura
Cosa si intende oggi per sostenibilità dell’agricoltura? Sostenibilità è una parola ormai un po’ abusata, di cui forse si è perso il significato reale.
“Agricoltura È” racconta le sfide del settore
Per provare a chiarire questi concetti, nell’ambito della manifestazione romana “Agricoltura È” si è svolta la tavola rotonda Agricoltura è sostenibilità a cui hanno partecipato Massimiliano Giansanti, Andrea Segrè, Marco Caprai ed Emma Cogrossi.
Stando alle proiezioni di aumento della popolazione della FAO, sarà necessario produrre il 30% in più, ovviamente dove sarà possibile, compatibilmente con le condizioni di guerra e le avversità climatiche.
Garantire il giusto reddito agli agricoltori e il giusto prezzo ai consumatori
Per Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura, si tratta di «produrre di più, garantire il giusto reddito agli agricoltori e il giusto prezzo ai consumatori e garantire l’autosufficienza alimentare all’Italia e all’Unione Europea».
Raggiungere questi traguardi sarà possibile solo con l’aiuto della scienza, della ricerca e della tecnologia, ma anche con un approccio diverso ai problemi.
Fortunatamente si sta radicando l’opinione che «nella lotta al cambiamento climatico l’agricoltura non sia un problema, bensì possa essere parte della soluzione.
Del resto è evidente che gli agricoltori sono i primi a volere terreni sani in un ambiente pulito per avere frutti di qualità. Al contrario, terreni sovrasfruttati produrranno pochi frutti di scarsa qualità».
Fare sistema per rafforzare il settore primario
Abbiamo chiesto al presidente Giansanti cosa rappresenta “Agricoltura È” per Confagricoltura e per l’Italia nel contesto europeo: «Credo che questa manifestazione sia un bel momento per la città di Roma, che è la nostra capitale.
È giusto che si parli di agricoltura in momenti come questo dove si coniugano i tanti aspetti che fanno parte del sistema agroalimentare: la gastronomia, l’agricoltura e l’innovazione.
Tutto questo fa ben sperare, anche se c’è molto da fare. È un momento difficile in cui dobbiamo lavorare come squadra, come Paese, come sistema, come Europa per rafforzare il settore primario».
Sostenibilità e spreco alimentare
Non si può parlare di sostenibilità senza fare riferimento alla lotta allo spreco alimentare. Anzi, perché la lotta allo spreco alimentare è una precondizione della sostenibilità?
Abbiamo girato la domanda ad Andrea Segrè, super esperto della materia. Oltre ad essere ordinario di Economia circolare e politiche per lo sviluppo sostenibile nell’Università di Bologna, nonché fondatore di Last Minute Market-impresa sociale, è anche l’ideatore della campagna Spreco Zero e il direttore scientifico dell’Osservatorio Waste Watcher International: «Perché perdere o sprecare lungo la filiera agroalimentare gli alimenti significa gettare via delle risorse naturali, il suolo, l’acqua, l’energia, che come sappiamo sono limitate.
Quindi bisogna agire a monte, per questo parliamo di prevenzione. È importante avere qualche dato, per poi essere in condizione di agire di conseguenza.
L’azione deve essere sia a livello agricolo che industriale, di distribuzione, di comportamento alimentare, di acquisti, di consumo domestico ed extradomestico.
Possiamo veramente fare tante cose per essere sostenibili e riuscire a raggiungere l’obiettivo 12.3 dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, che è quello di dimezzare lo spreco alimentare entro il 2030. Una scadenza ormai dietro l’angolo, ma se ci impegniamo un pochino ce la possiamo fare».
I buoni propositi non corrispondono alla realtà
Ma, fa notare Segrè, c’è uno scollamento tra i buoni propositi di sostenibilità e l’effettivo valore di 14 miliardi di spreco alimentare.
Il nostro Paese è posizionato molto bene per quanto riguarda il riciclo, il riuso e la raccolta differenziata; non possiamo dire altrettanto per lo spreco alimentare. Probabilmente ciò è dovuto al fatto che negli anni abbiamo perso il valore del cibo, quello che l’educazione alimentare – anche familiare – ci aveva insegnato.
Dobbiamo allora recuperare il significato di quello che la FAO definisce “true cost”, il valore reale del cibo, ovvero la differenza tra il prezzo di mercato di una merce e il suo costo sociale totale, che può influenzare negativamente l’ambiente o la salute pubblica (le cosiddette “esternalità negative”).
Un nuovo concetto di sostenibilità
«Una volta si diceva che l’agricoltura non era sostenibile. In realtà lo è a prescindere: senza sostenibilità non c’è agricoltura», ha affermato Marco Caprai, amministratore delegato dell’azienda vitivinicola Arnaldo Caprai.
Soprattutto è cambiato il concetto di sostenibilità, che non è più solo ambientale, ma anche economica e sociale.
Innovazione? La nuova agricoltura si fa con i nuovi agricoltori. Per questo è importante la formazione e la comprensione di come la tecnologia cambia l’agricoltura: «bisogna conquistare i giovani con l’innovazione, che rende il lavoro agricolo più fruttuoso, più qualificato e più remunerato».
Caprai è tornato anche sul fatto che, tra spopolamento e invecchiamento della popolazione, solo la presenza di immigrati – adeguatamente formati emessi in regola – ha reso possibile coltivare 200 ettari di terreno.
Il suo progetto di accoglienza della forza lavoro, iniziato con il sostegno della Caritas, ha creato una comunità di persone pienamente integrate nel territorio.
Giovani e agricoltura
Come si configurano i giovani agricoltori? Emma Cogrossi, imprenditrice agricola e componente del Comitato di presidenza di ANGA Confagricoltura, spiega che le aziende agricole guidate dagli under 40 sono leggermente diminuite, ma si confermano più innovative e multifunzionali.
Il problema vero, secondo Cogrossi, è che i giovani complessivamente hanno ancora un’idea antiquata dell’agricoltura: è importante allora investire nella formazione, ma anche nella comunicazione.
I giovani agricoltori devono affrontare le stesse sfide dei meno giovani: l’oppressione della burocrazia, la scarsa chiarezza normativa, il cambiamento climatico, i costi dell’energia, le difficoltà di accesso al credito.
Per quanto riguarda l’energia, biogas e biodigestato rappresentano una grande opportunità per trasformare i reflui di stalla da rifiuti in risorse. A tale proposito avanza anche una proposta di sistema: poiché la disponibilità di biogas è programmabile, perché non renderlo parte della transizione energetica nazionale?
È possibile farcela da soli? Con enorme fatica, ma non è impossibile. Sicuramente, se si ha la fortuna di partire da un’azienda di famiglia tutto è più semplice.