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L’acqua inutilizzata degli invasi potrebbe alleviare i disagi della siccità

Foto di Walter Perathoner da Pixabay

Il paradosso degli invasi di cui non si può utilizzare l’acqua

La situazione degli invasi è uno dei temi su cui si concentra la discussione sulla disponibilità di acqua, soprattutto in una estate caratterizzata da una forte e prolungata siccità.

I dati emersi dai lavori della Community Valore Acqua per l’Italia di The European House – Ambrosetti riportano cifre che stimolano una riflessione: si lamenta giustamente la carenza di acqua, ma una parte di quella che c’è negli invasi non viene sfruttata.

Chi risente di più della mancanza di acqua

Se pensiamo in particolare al settore dell’agricoltura – quello che senza dubbio paga il prezzo più alto alla mancanza di acqua – il discorso si fa ancora più critico.

Lo studio della Community Valore Acqua per l’Italia ha riguardato 42 tra aziende e istituzioni della filiera estesa dell’acqua.

The European House – Ambrosetti ha elaborato i dati dello studio e rileva che l’Italia in generale soffre una situazione di siccità, con punte particolarmente gravi nel Sud del Paese.

Qui la popolazione deve andare avanti con l’acqua portata (a caro prezzo) dalle autobotti e gli agricoltori sono costretti a scegliere quali colture eliminare.

Gli invasi contengono quasi 12 miliardi di metri cubi di acqua

Lo studio evidenzia una situazione paradossale. Gli invasi italiani contengono quasi 12 miliardi di metri cubi di acqua; tuttavia, 1,8 miliardi non si possono utilizzare perché mancano le autorizzazioni infrastrutturali e ambientali. Altri 58 milioni di metri cubi, invece, sono occupati da sedimenti.

A fronte di una generalizzata carenza di acqua che colpisce tutto il Paese, dallo studio emergono delle differenze.

Ad esempio, la Sardegna è una delle regioni che non sfruttano a pieno la capienza dei grandi invasi:

infatti non utilizza il 18,2% dell’acqua disponibile. In Sicilia va decisamente peggio (29%), e il potenziale idrico viene utilizzato ancora meno nell’appennino centrale (29,6%) e in quello meridionale (31,7%).

La necessità di una pianificazione degli interventi

Valerio De Molli, managing partner e CEO di The European House – Ambrosetti, spiega le differenze di sfruttamento degli invasi: «Le nostre elaborazioni confermano una differenza sostanziale tra Nord e Sud del Paese.

Nel 2024 i volumi di acqua non sfruttati dall’autorità di bacino delle Alpi Orientali sono stati il 15,7%, appena sopra la media italiana del 13,8%, mentre al di sotto si colloca l’Appennino Settentrionale (13,2%) e, in particolare, l’Autorità di Bacino del Fiume Po che non sfrutta solamente l’1,9% del proprio potenziale».

Esiste una via di uscita da questa trappola che aumenta le difficoltà in tutto il Paese? La evidenzia con grande chiarezza il Commissario Straordinario per la siccità Nicola Dell’Acqua: «L’unico strumento necessario per la pianificazione degli interventi è quello del bilancio idrico che deve essere redatto a livello di distretto in una visione più ampia che superi diatribe locali e regionali.

I grandi nodi idraulici porteranno acqua da un punto A a un punto B del Paese superando confini regionali e distrettuali: non abbiamo più il tempo di assistere a diatribe sul pagamento della risorsa. Tutti gli attori in campo devono prendere coscienza del pesante impatto della gestione frammentata dell’acqua sul futuro dell’Italia».

Il PNIISSI stanzia 10 miliardi per gli investimenti

The European House – Ambrosetti ha condotto un attento studio sul Piano nazionale di interventi infrastrutturali e per la sicurezza nel settore idrico (PNIISSI) del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.

Grazie al PNIISSI – che prevede 10 miliardi di euro di investimenti – si potranno recuperare e utilizzare 594 milioni di metri cubi d’acqua di cui oltre 400 dall’Autorità di Bacino dell’Appennino Meridionale e 81 in Sicilia.

Anche dalle Alpi Orientali si potranno sfruttare 50 milioni di metri cubi che oggi non sono a disposizione, 36 dal fiume Po, 19 dall’Appennino Settentrionale, 6 dalla Sardegna e 2 dall’Appenino Centrale.

Recuperare questi volumi di acqua dagli invasi «porterà un beneficio concreto per 42.368 aziende agricole e per 14,7 milioni di italiani», ha sottolineato Benedetta Brioschi, partner di TEHA.

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