Oggi l’agricoltura si avvale della tecnologia e del digitale per essere più competitiva, ma anche più sostenibile dal punto di vista ambientale ed economico. I giovani agricoltori hanno un approccio manageriale orientato al business, il biologico è una scelta imprenditoriale e la sostenibilità è considerata un investimento per il futuro. Ma quando a ottobre a Bruxelles si faranno scelte politiche che avranno impatto nei prossimi dieci anni la loro voce dovrà essere ascoltata, perché le decisioni di oggi li riguarderanno domani. Ne parliamo con Francesco Mastrandrea, presidente de I Giovani di Confagricoltura-ANGA
di Isabella Ceccarini
Le aziende agricole a conduzione giovanile negli ultimi cinque anni sono cresciute del 15,2%. Il giovane agricoltore oggi è un imprenditore. Quanto punta sul biologico?
La scelta del modello colturale per un’impresa agricola è dettata da diversi fattori, primi fra tutti il territorio e la zona in cui l’azienda opera: non tutte le aree infatti hanno le medesime caratteristiche e condizioni climatiche e di questo non si può non tenere conto. Altro fattore importante è sicuramente l’andamento del mercato. Puntare sul biologico quindi non è solo una decisione di carattere ambientale, aspetto verso cui abbiamo grande attenzione, ma per i Giovani di Confagricoltura si tratta di una scelta imprenditoriale, in relazione anche al mercato.
Giovani e agricoltura 4.0 sono un binomio inscindibile?
Assolutamente sì. Oggi l’agricoltura si avvale della tecnologia e del digitale per essere più competitiva, ma anche più sostenibile dal punto di vista ambientale ed economico. L’agricoltura delle nostre imprese viene realizzata con un approccio manageriale orientato al business.
L’innovazione in agricoltura non riguarda solo strumenti, macchinari e software, ma è molto più complessa, coinvolge l’intero processo produttivo e organizzativo di un’azienda, dal campo alla tavola, perciò si ha bisogno di nuovi servizi e nuove professionalità e competenze. A tale proposito Anga punta a formare gli agricoltori per stare su un mercato sempre più complesso. Per questo ha messo in campo numerose attività, in collaborazione con l’ente di formazione di Confagricoltura, Enapra, ma anche con la SDA Bocconi, l’Università di Siena, nonché con la Fondazione Einaudi e con partner quali Topcon Agriculture, Netafim e Idroplan, leader nell’ambito del precision farming e dell’irrigazione di precisione, solo per citarne alcuni.
La strategia Farm to Fork punta a realizzare un sistema alimentare europeo più sano e sostenibile con dei target specifici da realizzare entro il 2030, tra cui forte riduzione di pesticidi e fertilizzanti e conferimento al biologico di almeno il 25% della coltivazione. Secondo Lei sono obiettivi realizzabili e quanto inciderebbero sulla produttività?
Ad ottobre proseguirà a Bruxelles il dibattito sulla nuova PAC e sulla strategia Farm to Fork, all’interno del quale porteremo le nostre proposte: si tratta di una politica decennale ed è indispensabile che i giovani abbiano il giusto peso, visto che sono i diretti interessati delle decisioni di oggi per domani. La nostra Organizzazione, così come tutta Confagricoltura, è in prima linea per contribuire al raggiungimento degli obiettivi comunitari in materia di sostenibilità. Siamo pronti a impegnarci ulteriormente, per un percorso strategico di sviluppo che aiuti il settore agroalimentare a crescere sempre di più in termini di valorizzazione ambientale.
Tutto questo a condizione però che tale strategia non vada ad inficiare il valore aggiunto dell’agricoltura e non comprometta il lavoro e la redditività del primario. Per attuare gli obiettivi della strategia europea Farm to Fork e promuovere la transizione verso un sistema agroalimentare più sostenibile, bisogna evitare di tagliare le risorse della PAC. Bruxelles dovrà mettere al centro delle sue scelte la sicurezza alimentare e la salvaguardia del sistema produttivo agricolo europeo e tener conto del rispetto del principio di reciprocità tra gli Stati membri.
Sul tema della sostenibilità ambientale, comunque, le nostre imprese osservano già tutta una serie di adempimenti. L’agricoltura sta facendo la sua parte – e il suo ruolo è stato riconosciuto durante questo periodo di emergenza – pertanto a maggior ragione non deve essere penalizzata. Occorre ragionare in maniera lungimirante e in chiave globale.
La sostenibilità ha un costo. È un rischio o un’opportunità? Si riesce a coniugare il giusto ritorno economico con il rispetto dell’ambiente?
La sostenibilità è assolutamente un’opportunità, oltre che un ottimo investimento per il futuro, i cui risultati si vedono col tempo. Produrre in modo sostenibile consente non solo di ridurre l’impatto sull’ambiente (basti pensare ad alcune tecniche di precision farming che consentono di somministrare al terreno le esatte dosi di nutrienti, fertilizzanti, acqua e fitofarmaci, di cui ha bisogno, azzerando così gli sprechi o di intervenire tempestivamente in caso di fitopatologie), ma anche di ridurre costi, aumentando la qualità e la quantità delle produzioni.
Siamo ancora in una fase iniziale di diffusione dell’agricoltura di precisione, che gioca un ruolo fondamentale per la sostenibilità delle imprese, ma non dobbiamo fermarci. Il percorso per un suo maggior sviluppo è ancora lungo e richiede l’impegno di tutti.
Su questo, e noi come Associazione lo facciamo, bisogna continuare a formare i giovani imprenditori.
Parallelamente è necessario che il legislatore accompagni questo percorso di crescita. Un esempio per tutti il credito d’imposta, proposto da Confagricoltura, pensato come meccanismo tecnico per rendere accessibile gli strumenti di Industria 4.0 alle imprese agricole che determinano il proprio reddito a catasto, e che è diventato, con la legge di bilancio 2020, lo strumento di accesso di tutte le imprese italiane a tali fondi. Perché creare le condizioni per investire in nuove tecnologie è fondamentale.