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L’agricoltura biologica protegge la salute dei suoli

La sopravvivenza dei microrganismi che con la loro presenza garantiscono la vitalità dei suoli è messa a rischio dalle sostanze chimiche di sintesi usate normalmente in agricoltura. “Cambia la Terra” ha organizzato un campionamento dei suoli in sei regioni che ha evidenziato le differenze fra terreni coltivati in modo convenzionale e altri coltivati in regime biologico

agricoltura biologica
Foto di S. Hermann & F. Richter da Pixabay

(Rinnovabili.it) – La Global Soil Partnership della FAO è nata nel 2012 per promuovere la gestione sostenibile dei suoli, garantire suoli sani e produttivi e sostenere la fornitura di servizi ecosistemici essenziali per la sicurezza alimentare e una migliore nutrizione, l’adattamento e la mitigazione dei cambiamenti climatici e lo sviluppo sostenibile.

Quando un suolo è inquinato o desertificato impiega fino a mille anni per rigenerarsi. Proprio la Global Soil Partnership ha lanciato un allarme di cui dovremmo tenere conto: il 33% del suolo terrestre è già degradato, e si prevede che – se andiamo avanti di questo passo – entro il 2050 potrebbe arrivare al 90%.

L’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) calcola che il suolo sequestri il 30% della CO2 che produciamo, ma può farlo solo se è in buona salute.

Le sostanze chimiche mettono a rischio la vitalità dei suoli

La sopravvivenza dei microrganismi che con la loro presenza garantiscono la vitalità dei suoli è messa a rischio dalle sostanze chimiche di sintesi usate normalmente in agricoltura.

A tale proposito la FAO sottolinea che «l’uso eccessivo e improprio dei pesticidi causa danni indesiderati alle specie che non sono considerate dannose per l’agricoltura, mentre la persistenza nell’ambiente e i residui tossici può avere effetti nocivi sulle specie utili come sulle persone, oltre a contaminare le acque e i suoli a scala globale».

La crisi in atto a causa della guerra in Ucraina deve far riflettere sull’approccio più utile e produttivo in agricoltura.  

L’emergenza globale pone sul tavolo la questione dell’approvvigionamento di cibo, tuttavia non bisogna mettere da parte la protezione dell’ambiente, che continua a mandare segnali di grave malessere, ma rimanere coerenti con gli obiettivi del Green Deal europeo.

Analizzati 24 campioni di suoli agricoli

Cambia la Terra, il progetto di informazione promosso da FederBio insieme a Legambiente, Lipu, Medici per l’ambiente, Slow Food e WWF, ha analizzato 12 campioni di suoli agricoli convenzionali in sei regioni italiane e li ha confrontati con altrettanti terreni biologici contigui e con le medesime colture, per un totale di 24 aziende agricole partecipanti.

La Compagnia del Suolo, che ha eseguito i campionamenti, ha avuto il patrocinio dell’ISPRA.

Nei campi convenzionali sono state rilevate 20 sostanze chimiche di sintesi tra insetticidi, erbicidi e fungicidi. I più presenti sono il glifosato (in 6 campi su 12) e l’AMPA (un acido che deriva dalla degradazione del glifosato).

Il glifosato è l’erbicida più usato al mondo ma i suoi effetti sull’ecosistema e sulla salute umana continuano a far discutere, nonostante l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro di Lione l’abbia inserito nella lista delle sostanze probabilmente cancerogene.

Cinque delle altre 18 sostanze chimiche rilevate sono addirittura revocate da anni. Due di queste, il DDT e il DDE (che proviene dal degrado della molecola originaria) sono ancora presenti a distanza di 44 anni dalla loro messa al bando; permetrina e imidacloprid (vietate rispettivamente nel 2001 e nel 2018) sono state ritrovate in un campo di pomodori; tracce di oxodiazon (revocata nel 2021) erano presenti in un pereto.

Il rame, un fungicida usato da secoli e permesso anche per il biologico, è presente in tutti i suoli esaminati.

Il biologico diventa un modello di riferimento per l’agricoltura?

Nei campi biologici le analisi hanno evidenziato la presenza di tre sostanze di sintesi: un insetticida contro le zanzare (forse proveniente dalle abitazioni vicine) e tracce di DDT e DDE.

Da questo esame dei suoli si evidenzia senza ombra di dubbio che nei campi coltivati con tecniche convenzionali i residui di pesticidi sono presenti, mentre in quelli coltivati in regime biologico il residuo è minimo e dovuto a vecchi trattamenti.

Tuttavia si è rilevato che in alcune aree vocate, l’uso di prodotti di sintesi nel convenzionale è molto limitato anche nelle coltivazioni principali.

L’indagine ha addirittura rilevato l’assenza di residui chimici in un oliveto in Puglia e in un campo di frumento in Basilicata: un risultato incoraggiante, che fa ritenere che il biologico stia diventando un modello di riferimento per l’agricoltura.

I pesticidi danneggiano la biodiversità dei suoli

I controlli sanitari e ambientali analizzano la presenza di pesticidi negli alimenti e nell’acqua. I suoli sono esaminati con minore frequenza, quindi ignoriamo gli effetti dei pesticidi sulla salute dei microrganismi che vivono nei suoli e che sono così importanti per la loro salute.

Le acque, tra l’altro, possono veicolare le sostanze presenti nei terreni, come rilevato dall Compagnia del Suolo

«Il suolo sano e ricco di biodiversità offre riparo a vertebrati, invertebrati, virus, batteri, funghi, licheni e piante che forniscono una moltitudine di funzioni e servizi ecosistemici a beneficio di tutti e di tutto.

I suoli ospitano oltre il 25% della biodiversità del nostro Pianeta. Più del 40% degli organismi viventi negli ecosistemi terrestri sono associati direttamente con i suoli, nel corso del loro ciclo di vita e li rendono vivi e fertili.

Questa comunità diversificata di organismi viventi mantiene i suoli sani e fertili, regola molti processi biologici, chimici e fisici che portano alla produzione di alimenti e fibre o purifica il suolo e l’acqua.

Il rischio è che i pesticidi danneggino la biodiversità contenuta nel suolo», spiega Lorenzo Ciccarese, esperto ISPRA