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L’accaparramento di cereali altera il mercato

cereali
via Pixabay

di Isabella Ceccarini

(Rinnovabili.it) – La Federazione Russa, primo esportatore mondiale di grano, quest’anno limiterà le vendite di cereali all’estero per contenere l’inflazione interna. Nel 2021 le esportazioni complessive di cereali sono state di 17,5 milioni di tonnellate, per il 2022 si prevede una riduzione di 3,5 milioni di tonnellate.

L’indipendenza alimentare è un asset strategico

Quanto ci deve allarmare questa notizia? «A differenza del gas, l’Unione Europea non dipende dalle importazioni di cereali dalla Federazione Russa per soddisfare il fabbisogno interno. Le limitazioni dell’export decise a Mosca non avranno un impatto diretto sugli Stati membri. Anzi, aumenterà la competitività della produzione europea sui mercati internazionali», ha dichiarato Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura.

Se al momento le decisioni della Federazione Russa non avranno impatto sull’Europa e sull’Italia in particolare, Giansanti sottolinea giustamente che «l’indipendenza alimentare si conferma come un asset strategico per l’UE e per l’Italia.

Il sistema agroalimentare europeo garantisce il rifornimento del mercato interno con prodotti sicuri e di qualità. I dati della Commissione UE indicano, inoltre, che nei primi otto mesi dello scorso anno l’interscambio con l’estero ha un saldo attivo di circa 44 miliardi di euro».

Se l’agroalimentare italiano ha totalizzato circa 50 miliardi di euro di esportazioni nel 2021, un vero record storico, bisogna dedicare particolare attenzione ai cereali, fondamentali anche per la produzione della pasta: «L’obiettivo è quello di aumentare la produzione italiana e di rafforzare il comparto, grazie ai contratti di filiera finanziati in primo luogo con le risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza».

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La politica della Cina altera il mercato agroalimentare

Le notizie che arrivano dallo scenario internazionale sono però tutt’altro che rassicuranti. Secondo l’analisi di Nikkei Asia sui dati del Dipartimento americano dell’Agricoltura (USDA) elaborati da Coldiretti, entro la prima metà dell’annata agraria 2022 la Cina avrà accaparrato nei diversi continenti il 69% delle riserve mondiali di mais per l’alimentazione del bestiame ma anche il 60% del riso e il 51% del grano per l’alimentazione umana.

La conseguenza evidente di questo accaparramento di cereali sarà un forte aumento dei prezzi a livello globale.

La tendenza è confermata anche dal World Food Price Index della FAO: le quotazioni delle materie prime alimentari hanno raggiunto il livello massimo da dieci anni a questa parte, dovute ai forti aumenti di oli vegetali, zucchero e cereali.

Sullo sfondo, la pandemia e i cambiamenti climatici hanno fatto il resto, scatenando accaparramenti e speculazioni sui beni di prima necessità per la sopravvivenza delle popolazioni.

Il costo dell’energia pesa sulle aziende agricole

Anche per Coldiretti il cibo ha un valore strategico: proprio per questo occorre ridurre la dipendenza dall’estero per rifornirsi di prodotti agroalimentari in un momento di grandi tensioni internazionali.

Anche l’aumento dei prezzi dell’energia incide pesantemente sulle imprese agricole che devono affrontare costi esageratamente alti rispetto ai prezzi di vendita. Per questa ragione Coldiretti si batte perché sia garantita la sostenibilità finanziaria delle aziende e delle stalle e quindi i prezzi riconosciuti ad agricoltori e allevatori non siano inferiori ai costi di produzione.

Il presidente di Coldiretti, Ettore Prandini, ha presentato una serie di proposte per disegnare il quadro futuro: «Puntiamo sui contratti di filiera per rafforzare i rapporti tra agricoltori e trasformatori per il vero Made in Italy con un budget da 1,2 miliardi. Vogliamo puntare sulle energie rinnovabili utilizzando tutte le risorse a disposizione per i pannelli fotovoltaici da mettere sui tetti con consumo di suolo zero.

Sulla logistica serve agire sui ritardi strutturali dell’Italia e sbloccare tutte le infrastrutture che migliorerebbero i collegamenti tra Sud e Nord del Paese, ma anche con il resto del mondo per via marittima e ferroviaria in alta velocità, con una rete di snodi composta da aeroporti, treni e cargo.

Una mancanza che ogni anno rappresenta per il nostro Paese un danno in termini di minori opportunità di export al quale si aggiunge il maggior costo della “bolletta logistica” legata ai trasporti e alla movimentazione delle merci».

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