di Isabella Ceccarini
(Rinnovabili.it) – Il tema di Cibus Forum 2020, evento phygital sull’agrifood che si è svolto a Parma, è stato “Food & beverage e Covid-19: dalla transizione alla trasformazione. Come reagire ai nuovi scenari aperti dall’emergenza Covid-19”. L’obiettivo dell’evento era partecipare alla definizione di una strategia globale utile a far ripartire sia i consumi interni che l’export. Tante le questioni sul tavolo: investimenti, canali di vendita, nuove abitudini dei consumatori, ma la parola sempre presente nei dibattiti è stata sostenibilità nel suo significato più ampio che abbraccia l’ambiente, le aziende e le persone.
L’emergenza Covid-19 ha sconvolto le abitudini dei consumatori a livello mondiale, come ha spiegato al Cibus Forum 2020 Christian Centonze, Industry Food Director di Nielsen: essere capaci di interpretare questi cambiamenti è fondamentale. Alla grave crisi economica si è accompagnata una polarizzazione dei consumi, si è fatta strada una nuova normalità digitale che ha fatto crescere enormemente le vendite online (alimentari e non), la sfera domestica ha ritrovato la sua centralità.
In questo quadro, il cibo ha occupato molto tempo durante la forzata permanenza in casa: se tutti erano con le mani in pasta nel vero senso della parola (come dimostrato dal boom di vendite di ogni tipo di farina), il cibo italiano ha dimostrato di avere la genuinità e la qualità richieste dai consumatori. L’italianità è diventata più che mai un valore: si preferisce comprare italiano sia per la qualità dei prodotti che per sostenere le economie locali e proteggere il lavoro dei dipendenti.
Agrifood europeo, standard di sostenibilità
Dopo lo European Green Deal è nata la strategia Farm to Fork, con l’obiettivo di rendere più sano e sostenibile il sistema alimentare europeo e far sì che diventi lo standard globale in materia di sostenibilità nell’agrifood. FTF richiederà riduzione di pesticidi e fertilizzanti, in Italia sono già stati ridotti gli agrofarmaci e i residui sono veramente minimi, abbiamo il 15% di biologico con l’obiettivo di arrivare al 25. L’assenza di residui rende più facile anche fare il biologico su foraggio e pascolo. Tuttavia siamo penalizzati dall’assenza di trasparenza, dalla scarsa capacità di fare sistema e dalla mancanza di una formazione adeguata a comprendere l’importanza dell’agricoltura 4.0 (adottata negli ultimi tre anni solo da 1 azienda su 5).
I prodotti italiani hanno un alto livello di qualità e di varietà (ad esempio, abbiamo 583 cultivar di olio): potremmo dire che la nostra biodiversità inizia dal frigo di casa. Ma non basta dare una mano di verde alle nostre attività. C’è un’attenzione crescente da parte delle imprese, le più grandi stanno affrontando l’argomento in modo più strutturato. Ma il rischio è vedere nella sostenibilità una minaccia più che un’opportunità. Perché diventare sostenibili? Non solo per etica e dovere verso le prossime generazioni, ma anche perché gli investitori guardano a questi temi con interesse, e sono importanti driver di cambiamento.
Angelo Riccaboni, presidente del Comitato di Indirizzo di Santa Chiara Lab, ha illustrato la metodologia del progetto Fixing the Business of Food, con il quale Fondazione Barilla Center for Food and Nutrition (BCFN), Sustainable Development Solutions Network (SDSN) delle Nazioni Unite, Columbia Center on Sustainable Investment (CCSI) e Santa Chiara Lab (SCL) dell’Università di Siena promuovono l’allineamento del settore agroalimentare agli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile. Quali saranno i nuovi modelli di business nell’agrifood? Per passare dal business as usual a un nuovo modo di fare impresa bisogna partire da una valutazione esterna e da un’autovalutazione interna. Non si tratta di mettere i voti in pagella, Fixing the Business of Food accompagna e sostiene le imprese nell’innovazione perché diventino pienamente e consapevolmente sostenibili.
La filiera agricola, “filiera della vita”
Come ha affermato la ministra delle Politiche agricole Teresa Bellanova, la grande sfida è progettare il rilancio della filiera agricola, da lei definita “filiera della vita”, all’insegna della sostenibilità. In questo quadro si inserisce la battaglia per il giusto prezzo in agricoltura, dove è fondamentale il comportamento d’acquisto del consumatore, e per la conquista di nuovi mercati. Dalla strategia Farm to Fork vogliamo però scelte coraggiose, a cominciare dall’etichettatura trasparente che dia le informazioni corrette: le etichette a bollino o a semaforo penalizzano i nostri prodotti veicolando informazioni distorte, mentre gli alimenti devono essere valutati nell’ambito di un regime alimentare bilanciato.
A Cibus Forum 2020 è stato ricordato come anche nell’emergenza Covid-19 il settore agroalimentare abbia mantenuto il passo assicurando i rifornimenti. In Italia si produce il 75% di quello che si mangia, l’obiettivo sarebbe raggiungere il 100%. I prodotti italiani sono apprezzati nel mondo, come dimostrano i tanti fake, i cosiddetti prodotti Italian Sounding. Non è possibile che prodotti French Sounding o German Sounding esportino più di noi: sostituiamoli in modo più competitivo unendo le filiere, suggerisce Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura.
Ma il cibo da dove deve venire, dal laboratorio o dalla terra? Senza dubbio dalla terra, afferma Giansanti, pur confermando l’apertura all’innovazione in agricoltura. Confagricoltura si è battuta perché si investisse in agricoltura 4.0: ricerca e innovazione siano al centro dell’agrifood, settore che può cogliere grandi opportunità dal Recovery Fund. Una posizione, questa, condivisa anche dal presidente di Coldiretti, Ettore Prandini, che sottolinea la necessità di investire in infrastrutture, il vero grande deficit italiano. Ma soprattutto smettiamo di considerare l’Italia suddivisa in aree geografiche, pensiamola come un sistema Paese.
È il momento di agire per rilanciare il sistema infrastrutturale e produttivo e per dare nuovo slancio al Made in Italy, il cui valore è agganciato al territorio. Ma bisogna fare sistema, ha insistito a Cibus Forum 2020 Nicola Bertinelli, presidente del Consorzio Parmigiano Reggiano. Il consumatore cerca un valore nel prodotto che acquista. Il Parmigiano Reggiano non è un brand aziendale ma di territorio e per fare un marchio di valore tutti i player devono essere del territorio. Dobbiamo essere coscienti di trovarci in un cambio di paradigma che può vederci al primo posto se sapremo lavorare insieme per raccontare le nostre eccellenze. Un discorso a cui Giuseppe Ambrosi, presidente di Assolatte, aggiunge uno slancio ulteriore: tornare a guardare al futuro, a investire per crescere, a portare nel mondo un sistema Paese forte che possa affrontare questioni che vanno oltre il Covid-19).
La riprogettazione sistemica della bioeconomia circolare
Non possiamo parlare di sostenibilità senza parlare di trasporti o di packaging. Catia Bastioli, AD di Novamont, ha spiegato in concreto come le competenze interdisciplinari possano alimentare filiere diverse di ricerca e innovazione. Il packaging biocompostabile, ad esempio, ha un valore simbolico: è il risultato dell’innovazione delle bioplastiche. Dobbiamo pensare alla bioeconomia circolare come riprogettazione sistemica che coinvolga aria, acqua, terra: la sua funzione di rigenerazione territoriale è un argine al cambiamento climatico e guida un processo di trasformazione making more with less.
La sostenibilità, per Guido Barilla, presidente del Gruppo Barilla, passa attraverso grandi investimenti i cui ritorni non sono immediati e comporta costi importanti in termini di gestione di filiera, di agricoltura, di logistica, di packaging, di distribuzione. Non è semplice far comprendere che la sostenibilità costa, bisogna spiegare che non c’è più tempo da perdere, la non sostenibilità ambientale del Pianeta è letale. Investire in sostenibilità oggi premierà nel lungo periodo, non lasciamo che sia la paura il motore delle nostre scelte. D’accordo con Barilla è Marco Pedroni, presidente di Coop Italia che ha avviato da molti anni pratiche sostenibili (no ai coloranti, agli antibiotici negli allevamenti, ai pesticidi). Tutto questo ha un costo che il consumatore deve conoscere, deve sapere che acquista un prodotto di valore anche sociale e ambientale.
L’emergenza Covid ci ha fatto capire che si può vivere bene anche con meno spreco, meno consumismo. Perché, riecheggiando le parole di Papa Francesco, non possiamo pensare di rimanere sani in un mondo malato.