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20 anni di Slow Food, il Gusto della biodiversità alimentare

Slow Food
Foto di 151390 da Pixabay

di Isabella Ceccarini

Dietro un presidio c’è sempre un territorio e in ogni territorio ci sono delle persone. Questa è la filosofia dei Presìdi Slow Food, animati da persone che credono nell’alimentazione sostenibile, nei cibi sani, nell’agroalimentare amico dell’ambiente. Nel 2020 Slow Food celebra il ventesimo anniversario con una serie di eventi organizzati in 160 Paesi in coincidenza con Terra Madre Salone del Gusto, la manifestazione dedicata al cibo buono e sano che Slow Food organizza insieme a Regione Piemonte e Città di Torino.

Come si legge nel sito, «Slow Food lavora in tutto il mondo per tutelare la biodiversità, costruire relazioni tra produttori e consumatori, migliorare la consapevolezza sul sistema che regola la produzione alimentare». Questa visione di Slow Food è nata negli anni Novanta del secolo scorso, quando ancora nessuno parlava di ambiente e biodiversità, e chi ne parlava sembrava un sognatore scardinato da una realtà agroalimentare fatta di produzioni intensive e di pochi scrupoli.

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I Presìdi Slow Food, in particolare, intendono salvaguardare o rilanciare piccole produzioni artigianali e tradizionali a rischio di estinzione. L’idea dei Presìdi nacque nel 1998 a Morozzo, in provincia di Cuneo. Il cappone tradizionale stava scomparendo perché si faceva largo quello allevato in batteria e trattato con ormoni: costava di meno e rendeva di più. Dopo venti anni i Presìdi Slow Food sono diventati 593 (ben 324 in Italia), i produttori da 500 sono diventati 2.500 e i prodotti segnalati da Arca del Gusto (un catalogo che segnala i prodotti a rischio di estinzione) sono 5.327. Quella che all’inizio sembrava un’utopia si è dimostrata una realtà solida e innovativa. Ma soprattutto una realtà dall’impatto ambientale estremamente positivo: le emissioni delle aziende agricole dei Presìdi sono inferiori del 30% a quelle delle produzioni convenzionali. 

Impatto positivo anche dal punto di vista sociale e culturale. Da pochi e anziani produttori, piano piano si sono aggiunte famiglie e giovani  – molti dei quali laureati – che hanno scelto di lavorare in campagna rispettando i severi disciplinari di produzione. Oggi i Presìdi costituiscono le Comunità Slow Food formate da persone che operano sul territorio con un obiettivo comune. I prodotti con la chiocciola rossa hanno etichette “narranti” dove il consumatore può leggere tutto quello che bisogna sapere. Spiega Francesco Sottile, del comitato esecutivo di Slow Food Italia, che il disciplinare di produzione «è il punto più vicino tra Slow Food e la ricerca scientifica, perché all’interno di quel documento sono contenuti tanti elementi frutto della conoscenza scientifica, dell’innovazione e della consapevolezza dei meccanismi che regolano il rapporto tra produzione e ambiente». Un modo concreto per salvaguardare la biodiversità.

Dal 19 al 22 ottobre Slow Food parteciperà anche alla Green Week Europea,  giornate di confronto sul tema della biodiversità in cui si proverà a individuare le strategie utili a salvaguardare la vita del Pianeta, e quindi anche la nostra.

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