In Italia gli strumenti investigativi e giudiziari sono troppo deboli per contrastare con successo i rischi criminali nel comparto delle green energy
(Rinnovabili.it) – Non è un mistero che i deficit strutturali del mercato italiano delle rinnovabili abbiano prestato il fianco, e continuino a farlo, a non pochi rischi speculativi e criminali. Il progetto Green Clean Market ha voluto quantificare tali rischi e, nella ricerca ‘‘Corruzione e frode nella Green Economy”, ha presentato i dati dei danni economici subiti dal comparto delle green energy nostrane dal “sistema illegalità”. Si scopre così nel solo 2011, la corruzione ha consumato ben 2,5 milioni di megawatt prodotti da fonti rinnovabili, rubando 900 milioni di euro di investimenti; in altre parole sono stati sottratti un volume equivalente al reddito annuo di 27.000 nuclei familiari e l’energia consumata annualmente da 800.000 famiglie.
Il rapporto è parte focale del progetto Green Clean Market, realizzato da Transparency International Italia nell’ambito della Siemens Integrity Initiative; le pagine del documento rivelano come a livello globale “la corruzione pesi per circa il 5% del Pil mondiale, con oltre 1 miliardo di dollari pagato in tangenti. Per le aziende, questo si traduce in costi aggiuntivi pari al 10%, mentre per i Paesi in via di sviluppo l’acquisto di servizi da parte delle autorità pubbliche può subire incrementi anche del 25%. In ambito europeo, la corruzione impatterebbe sull’economia interna per circa 120 miliardi di euro all’anno, corrispondente all’1% del Pil”. Le criticità che causano maggiori opportunità criminali o indeboliscono il sistema di prevenzione e contrasto, sono connaturate sia alle scelte politiche e normative in ambito pubblico, come l’assenza di una pianificazione energetica nazionale o di un effettivo coordinamento centrale, sia all’assetto e alle regole del mercato, come ad esempio l’eccessiva mutevolezza delle norme sugli incentivi.
“Lo stesso sistema delle procedure autorizzative presenta un elevato rischio di esposizione alla corruzione e alla frode, a causa delle scelte differenti a livello nazionale, dell’insufficienza dei criteri di qualità che devono contraddistinguere i progetti e i soggetti proponenti, della discrezionalità e dei potenziali conflitti di interessi in fase decisoria, delle dinamiche legate ai tempi e i modi delle decisioni stesse”. In mancanza di misure volte a contrastare il rischio di corruzione e frode, ma anche di un generale radicamento dell’illegalità e del malaffare, lo studio mette in evidenza le conseguenze nel medio periodo per il mercato delle energie rinnovabili:
• rischio di abuso dei fondi nazionali e europei, anche perché la maggior parte dei fondi strutturali per le Regioni dell’Obiettivo Convergenza (2007-2013 energia) non è stata ancora erogata e rischierebbe di finire per sostenere soggetti ed attività criminali
• riposizionamento sia del crimine organizzato che dei colletti bianchi dall’eolico e fotovoltaico verso nuove frontiere, come biomasse, riqualificazione energetica (soprattutto di edifici pubblici)
• interdipendenza crescente tra settori contigui a quello delle rinnovabili, ad esempio il settore bonifiche ambientali per terreni destinati a impianti o il contrabbando di legname per la produzione termica
• sofisticazione degli schemi di riciclaggio, cui si contrappone una troppo debole attività di indagine e repressione
• perdita economica per lo Stato derivante non solo da corruzione, ma anche da evasione, lavoro nero, fuga dei capitali all’estero
• montante sfiducia da parte delle imprese nei confronti di un mercato “inquinato” da tangenti, mala-amministrazione, eccesso di burocrazia ecc.
• progressivo impoverimento dei territori con conseguenze dannose in termini anche di occupazione
• aumento dei rischi per ambiente e persone.