Secondo l’Agenzia delle Entrate vendere buona parte dell'energia elettrica prodotta dal proprio tetto solare non comporta l’obbligo di partita IVA
(Rinnovabili.it) – Caso controverso quello dell’assoggettabilità di un impianto fotovoltaico domestico al regime IVA. Caso che non ha ancora una visione univoca soprattutto dopo il pronunciamento della Corte di Giustizia Europea. Il Tribunale con la sentenza nella causa C-219/12 si è pronunciata sul caso di un cittadino austriaco che aveva chiesto il rimborso dell’Iva pagata dopo aver venduto in rete una buona parte dell’energia prodotta dal proprio impianto solare sostenendo che “il soggetto passivo può detrarre l’IVA che ha gravato a monte sui beni o sui servizi da lui impiegati per le sue operazioni soggette ad imposta”.
In altre parole la pronuncia stabilisce il principio in forza del quale il produttore sia obbligato ad aprire partita IVA, dal momento che la Corte ha rilevato che lo sfruttamento di un impianto fotovoltaico costituisce un’«attività economica» “se avviene al fine di ricavarne introiti aventi carattere di stabilità”.
In realtà tale principio ha carattere puramente facoltativo è non è stato accolto nella normativa italiana. In tal senso è intervenuta l’Agenzia delle Entrate ma che ha ricordato come in Italia tale attività sia considerata economica solo se “abituale e professionale” escludendo pertanto in tutti gli altri casi l’obbligo di apertura della partita IVA. Potrebbe accadere che il Fisco stesso ne chieda l’apertura anche se non appare molto probabile dal momento che un soggetto che installa un modulo solare sul tetto di casa difficilmente risponderà a quel requisito di professionalità che, a norma di legge, presuppone il carattere di sistematicità.