La transizione energetica dai combustibili fossili alle energie rinnovabili è già in atto nel nostro Paese, anche se i nostalgici del nucleare non lo vogliono ammettere...
In una intervista del 2008 riportata su Rinnovabili.it, un noto economista sosteneva che per il raggiungimento degli obiettivi di Kyoto arriverà prima il nucleare di IV generazione delle rinnovabili; e alla domanda “Chi frena di più le fonti rinnovabili: la politica, la lobby del petrolio o quella del gas?” rispose: “Io darei la colpa principale al Secondo principio della termodinamica; è solo una speranza che la quota di rinnovabili “nuove” nei prossimi anni possa raggiungere il 5%”.
Si è sbagliato, capita. Il nucleare tradizionale è moribondo, i progetti per il nucleare di IV generazione continuano a giacere nei cassetti degli scienziati in attesa di un’improbabile messa in opera che in ogni caso richiederebbe decine di anni di sviluppo, mentre in pochi anni le rinnovabili sono decollate. La transizione energetica dai combustibili fossili alle energie rinnovabili è già in atto nel nostro Paese, anche se i nostalgici del nucleare non lo vogliono ammettere, le lobby dei combustibili fossili cercano di opporsi e molti politici e amministratori non sembrano esserne consapevoli. La transizione è in atto e proseguirà lungo la strada ormai tracciata dalle direttive della Unione Europea: entro il 2020, i paesi membri della UE dovranno ridurre le emissioni di anidride carbonica (-20%), ridurre il consumo d’energia (-20%) e aumentare la quantità di energia prodotta da fonti rinnovabili (+20%), per poi raggiungere il più ambizioso obiettivo di ottenere l’80% dell’energia da fonti rinnovabili entro il 2050.
Nella classifica della potenza fotovoltaica installata a fine 2011, l’Italia (12,5 GW) è al secondo posto preceduta dalla Germania (23,8 GW), ma davanti a Giappone (4,7 GW), Stati Uniti (4,2 GW), Spagna (4,2 GW) e Cina (2,9 G W). Il fotovoltaico installato in Italia durante il 2011 è in grado di generare, su base annua, 12 miliardi kWh, pari all’energia che avrebbe prodotto una delle quattro centrali nucleari da 1.600 MW che il precedente governo intendeva costruire. In altre parole, col fotovoltaico in un solo anno abbiamo costruito l’equivalente di una centrale nucleare, senza aspettare i 10-15 anni, che sarebbero stati necessari per costruirla davvero e, soprattutto, senza creare i numerosi e gravi problemi che il nucleare comporta. Alla fine del 2011 il fotovoltaico da solo copriva il 4,1% della domanda elettrica italiana e da molti mesi la sua immissione in rete ha fatto scendere di almeno il 10% il costo dell’elettricità nelle ore di punta, permettendo di evitare l’accensione delle centrali a gas utilizzate per coprire i picchi di consumo. Ed è proprio la lobby del gas che ora cerca di opporsi alla crescita del fotovoltaico. Indagini economiche hanno anche dimostrato che gli incentivi per il fotovoltaico pesano solo marginalmente nelle bollette elettriche, mentre generano investimenti privati molto elevati che fanno entrare nelle casse dello Stato un introito Iva quasi doppio rispetto agli incentivi stessi.
Sempre nel 2011, l’eolico da solo ha generato il 4,2% dei consumi elettrici italiani. In questo settore, tuttavia, siamo lontani dai primi della classe: Danimarca (26%), Portogallo (17%), Spagna (15,9%), Irlanda (12%) e Germania (11%). C’è spazio, quindi, per fare di più. Possibilità ancora maggiori di crescita ci sono nel settore del solare termico, visto che alla fine del 2010 avevamo installato soltanto 34 m2 di collettori ogni mille abitanti, quasi 15 volte in meno rispetto all’Austria (512 m2/mille abitanti). Lo sviluppo di questo settore potrebbe farci risparmiare il 10% del consumo di gas, una quantità pari a quella che importiamo dalla Libia, ed anche per questo la sua diffusione trova ostacoli.
Possiamo fare molto di più anche nella produzione di biogas, da immettere nella rete di distribuzione del metano, nel mini-idroelettrico e nel geotermico. Nel 2011 gli occupati nel settore delle rinnovabili erano 86 mila, rispetto a 41 mila del 2010 e a questa forte crescita si contrappone un calo dell’occupazione nei settori dei combustibili fossili e dell’energia elettrica tradizionale. Infine, un’analisi dell’Istituto Althesys (Irex Annual Report 2012) prevede che lo sviluppo di eolico, fotovoltaico, mini-idro, biomasse e geotermico porterà a risparmiare da 22 a 38 miliardi di euro entro il 2030. Ecco su cosa si deve puntare per una vera crescita del Paese!
Facendo parte della UE, anche il nostro paese è tenuto ad adottare la strategia basata su risparmio, efficienza e sviluppo delle energie rinnovabili. Il Governo ha suddiviso il compito da svolgere fra le Regioni che, a loro volta, lo ripartiscono fra i loro Comuni. Ciascun Comune deve formulare una propria strategia energetica integrata, redigere un bilancio energetico annuale e mettere in atto un piano per capire chi consuma, dove si consuma, come si può risparmiare e quanta energia da fonti rinnovabili si può produrre nel territorio. Il sindaco e la cittadinanza, dunque, diventano i protagonisti e, allo stesso tempo, i responsabili della transizione energetica attraverso un agire locale che deve contribuire a raggiungere obiettivi su più ampia scala: regionali, nazionali e, infine, europei. In questo contesto si incardina quello che l’Unione Europea ha chiamato “Patto dei Sindaci”, attualmente su base volontaria, firmando il quale un sindaco si impegna a raggiungere obiettivi precisi entro il 2020.
La politica energetica adottata dalla UE è conveniente per il nostro Paese? Certamente. L’Italia ha tutto l’interesse a ridurre i consumi di combustibili fossili che deve importare ed a sviluppare l’utilizzo delle energie rinnovabili, in particolare dell’energia solare, di cui abbonda. Il precedente governo, che puntava allo sviluppo del nucleare, non aveva colto questa opportunità, ma anche oggi ci sono ostacoli di vario tipo che rallentano lo sviluppo delle energie rinnovabili e il raggiungimento di una maggiore efficienza nei consumi energetici. Occorre stabilire con chiarezza un piano per gli incentivi, sveltire le pratiche burocratiche, eliminare gli incomprensibili (o forse fin troppo comprensibili) ritardi negli allacciamenti alla rete elettrica, ammodernare la rete stessa e, cosa molto ardua, contrastare le azioni messe in atto da lobby che vedono minacciate le loro posizioni di rendita fondate sull’uso dei combustibili fossili e sullo spreco.
di Vincenzo Balzani – Dipartimento di Chimica “G. Ciamician”, Università di Bologna