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Il 2011 incoronato “anno degli affari solari”

Crescono del 40% gli investimenti nel comparto delle rinnovabili, sostenuti dai nuovi contratti miliardari nel settore del sole, del vento e dell’efficienza energetica

(Rinnovabili.it) – Le rinnovabili rinnovano il loro appeal e chiudono il 2011 con più 40% nel trend d’investimenti annuali a livello planetario. I dati sono quelli diffusi dal nuovo rapporto fusioni e acquisizioni di PricewaterhouseCoopers (PwC), il network di consulenza fiscale che monitora ogni anno l’andamento dei principali mercati internazionali. L’analisi ha rivelato che gli investimenti nelle tecnologie di ‘nuova generazione’ – tra cui solare, eolico e biomasse – sono balzati dai 38,2 miliardi dollari del 2010 a un record di 53,5 miliardi dello scorso anno. Un aumento massiccio dovuto a una varietà di fattori, primi fra tutti il calo dei prezzi del solare e il cambio di marcia nei confronti dell’energia nucleare a seguito dei timori scatenati dall’incidente di Fukushima.

Con contratti da miliardi di dollari che dominano il business di settore, il rapporto sostiene che sia proprio il comparto della tecnologia solare a trainare il mercato delle rinnovabili, con un interesse tale da aver riguardato un affare su ogni tre stipulati nel corso dell’anno. L’investimento in questo segmento risulta esser stato del più 56% – da 10,2 miliardi dollari a 15,8 miliardi – e si avvicina all’80% se considerato in combinazione con l’efficienza energetica.

Per la prima volta nella storia, sottolinea ancora PwC, gli affari chiusi nell’ambito di solare, eolico ed efficienza energetica hanno superato gli investimenti nell’idroelettrico. Il panorama del fotovoltaico non è tuttavia esente da nubi poco rasserenanti “I produttori statunitensi ed europei stanno subendo pressioni sui prezzi, e non sono i soli. Anche alcuni produttori cinesi si trovano oggi a dover affrontare un debito pesante e sono sotto scacco di una feroce competizione a causa della sovraccapacità nazionale. Il risultato sarà probabilmente una serie di blocchi temporanei all’interno e tra i principali territori di produzione degli Stati Uniti, Germania e Cina, portando a un minor numero di grandi attori globali”.