L’87% delle risorse per la mobilità è stata fagocitata dal Ponte sullo Stretto. Insieme al taglio draconiano del Fondo Automotive, è uno dei fattori critici dietro i ritardi italiani nella transizione verso una mobilità più sostenibile. La fotografia di Legambiente

Un paese che “va in due direzioni opposte”. È la sintesi dello stato della mobilità sostenibile in Italia che emerge dalla 1° edizione del Forum Mobilità di Legambiente. Tagli ai fondi, dipendenza dall’automobile che non cala, sicurezza stradale in dubbio. Ma anche novità positive nel tpl con lo svecchiamento del parco mezzi e l’aumento della quota dei veicoli non inquinanti. Da un lato, politiche nazionali che tagliano risorse e rallentano la transizione ecologica. Dall’altro, città che provano a innovare.
Tagli drastici alle politiche di mobilità sostenibile
La legge di bilancio 2024 ha adottato un approccio che penalizza fortemente il settore della mobilità sostenibile in Italia. I dati presentati da Legambiente mostrano un quadro preoccupante: nessun fondo è stato previsto per il trasporto rapido di massa, la ciclabilità e la mobilità dolce. I fondi dove vanno? L’87% delle risorse infrastrutturali è stato dirottato verso il Ponte sullo Stretto, con finanziamenti previsti fino al 2038.
Particolarmente grave, giudica Legambiente, appare il drastico ridimensionamento del Fondo Automotive, che ha visto le proprie risorse dimezzate: dagli 8,7 miliardi inizialmente previsti entro il 2030, si è passati a soli 450 milioni per il 2025 e appena 200 milioni annui per gli anni successivi.
Di fronte a questa situazione, Legambiente avanza alcune richieste prioritarie al governo:
- ripristino del Fondo Automotive,
- stanziamento di risorse adeguate al trasporto pubblico locale,
- implementazione di un piano di elettrificazione del trasporto pubblico,
- prosecuzione dello sviluppo delle gigafactory sul territorio nazionale,
- definizione di un piano dedicato alla mobilità nel Social Climate Fund.
Il ritardo italiano sulla mobilità sostenibile
Scelte che non accompagnano il cambiamento necessario nel panorama della mobilità in Italia. Il Belpaese continua a detenere il primato europeo per il più alto tasso di motorizzazione, con 694 autovetture per 1.000 abitanti, ben al di sopra della media UE di 571.
Nelle 17 città analizzate dalla campagna Città2030 di Legambiente, l’uso dell’auto privata resta predominante, con percentuali allarmanti: 81,3% a Olbia, 65% a Reggio Calabria e 59,3% a Roma. Per fare un confronto, a Parigi solo il 4,3% dei cittadini sceglie l’auto per i propri spostamenti.
Il tasso di motorizzazione varia da un massimo di 78 auto per 100 abitanti a Olbia a un minimo di 48 a Genova, con Roma al 66%, Milano al 52,5% e Napoli al 61%1. Questi valori sono decisamente superiori a quelli di altre città europee come Barcellona (41), Londra (36), Amsterdam (25,7) e Parigi (25). E la quota di veicoli elettrici è bassissima: in media solo lo 0,55% del parco totale, si supera l’1% solo a Milano e Roma.
Parimenti, i dati sugli incidenti stradali restano allarmanti, sostiene Legambiente. La maggior parte degli eventi si verifica su strade urbane: 86% a Prato, 85% a Genova, 82% a Milano. Il rapporto tra morti e feriti per 1.000 abitanti raggiunge picchi preoccupanti di 8,4 a Firenze e Genova, mentre a Roma si attesta a 6,1, a Milano a 7,3 e a Napoli a 3,4.
Se il trend attuale di riduzione non accelererà, avverte l’associazione ambientalista, nessuna città raggiungerà l’obiettivo previsto dal Piano Nazionale Sicurezza Stradale (PNSS) di dimezzare il numero di decessi e feriti gravi sulle strade entro il 2030.
Qualche segnale positivo
Nonostante il quadro generale non sia incoraggiante, emergono alcuni dati positivi che mostrano come il cambiamento, seppur lento, sia in corso. Come il dato sulle infrastrutture di ricarica, aspetto su cui l’Italia è tra le migliori in Europa. Anche se persiste uno squilibrio geografico che premia il Nord.
Le notizie più positive arrivano dal livello locale. Ben 16 città sulle 17 analizzate da Legambiente hanno avviato progetti per rinnovare le flotte di bus con mezzi full electric (Bologna e Modena includono anche bus a idrogeno con tecnologia fuel cell). Inoltre, 12 città stanno realizzando ex-novo o ammodernando linee tramviarie, infrastrutture con una notevole capacità di riconnettere il tessuto urbano, come dimostrano le esperienze di Firenze e Padova.
Un risultato particolarmente significativo arriva da Milano, dove la quota modale del trasporto pubblico ha superato quella dell’auto privata (48% contro 43%). Bologna e Olbia, grazie all’adozione del modello Città30, hanno ottenuto significativi miglioramenti nella sicurezza e nella riduzione delle emissioni inquinanti. A Bologna, in appena un anno, le emissioni da traffico sono diminuite del 29%, gli incidenti stradali del 13% e quelli più gravi del 31%.