Dimostrato che la manipolazione dei domini ferroelettrici nei cristalli di perovskite aumenta la produzione elettrica dell'effetto fotovoltaico di massa del 35%

Nuovi progressi nel campo dell’energia solare. Stavolta non nel tradizionale segmento dei semiconduttori bensì in quello dei materiali ferroelettrici che presentano il cosiddetto effetto fotovoltaico di massa.
Un gruppo di ricercatori dell’Università di Oulu, in Finlandia, ha dimostrato come sia possibile aumentare la produzione elettrica in questi elementi, applicando un campo di polarizzazione AC. Un risultato che potrebbe aprire le porte a celle solari multifunzionali e più efficienti di quelle attuali.
Cerchiamo di capire perché.
Effetto fotovoltaico di massa, cos’è?
L’effetto fotovoltaico di massa meglio noto con il termine inglese “Bulk Photovoltaic Effect” (BPVE) è un fenomeno fisico che si verifica in alcuni materiali non centrosimmetrici, come i ferroelettrici, la cui struttura cristallina non possiede un centro di inversione. Vale a dire materiali in cui non esiste un punto centrale in base al quale per ogni atomo presente in una determinata posizione, ne esiste un altro nella posizione opposta.
Come funziona? L’assorbimento di luce induce un flusso di elettroni, generando una corrente elettrica, senza la necessità di una giunzione p-n tipica dell’effetto fotovoltaico tradizionale. Nell’effetto fotovoltaico di massa, infatti, i portatori di carica fotoeccitati possiedono un momento incorporato a causa della polarizzazione spontanea (separazione intrinseca di cariche positive e negative) nella struttura cristallina dei ferroelettrici.
Bulk Photovoltaic Effect, vantaggi e svantaggi
Studiato a partire dagli anni ’60, questo effetto fornisce sulla carta una strategia per superare l’efficienza massima teorica di una cella solare a singola giunzione p-n.
“Nelle normali celle solari, il meccanismo di raccolta dell’energia solare e successiva conversione in elettricità verde si basa sulla formazione di giunzioni p-n di semiconduttori”, spiega professore associato Yang Bai che ha condotto la ricerca nell’ateneo finlandese. Il BPVE invece “forma la sua ‘auto-giunzione’ e, teoricamente, potrebbe superare il limite fisico del limite di Shockley-Queisser che impedisce alle celle solari basate su singole giunzioni p-n di essere più efficienti”.
Peccato che nella pratica migliorare l’efficienza del BPVE a un livello paragonabile a quello del fotovoltaico basato sui semiconduttori sia ancora una sfida. Uno degli ostacoli risiede nei requisiti di progettazione dei materiali: per avere una tensione alta, servirebbe un materiale spesso per ottenere una grande distanza tra gli elettrodi; per avere una densità di corrente alta un materiale sottile che riduca al minimo la perdita di energia.
Questa contraddizione tra i requisiti per un’alta tensione e un’alta corrente contribuisce a rendere l’attuale potenza di uscita delle celle, basate sul Bulk Photovoltaic Effect, ancora trascurabile.
Struttura a dominio impilato
Il team di Bai ha dimostrato però come ottenere un miglioramento del 35% nell’output elettrico di queste celle. Il “trucco” è creare una struttura a dominio impilato. Un dominio è una regione di dimensioni submicrometriche contenente polarizzazioni spontanee orientate nella stessa direzione, che possono essere commutate applicando un campo elettrico esterno.
“Tale configurazione – spiega il gruppo – consente una grande distanza tra gli elettrodi quando la luce incidente illumina l’area superficiale del film”. Il che aiuta quindi a creare una tensione a circuito aperto elevata. Nel contempo, la generazione di fotocorrente risulta efficiente all’interno di ogni singola parete del dominio grazie al ridotto spessore.
Quella del sottodominio impilato in realtà era una ipotesi nota per un determinato materiale (un film sottile di BiFeO3) ma difficile da verificare con altri materiali a causa della complessa manipolazione della parete del dominio.
Gli scienziati hanno superato l’ostacolo applicando un campo elettrico di polarizzazione AC, sotto il quale la microstruttura (domini) all’interno dei cristalli ferroelettrici risulta meglio allineata rispetto alla situazione sotto il campo DC usato convenzionalmente. Dopo aver rimosso il campo elettrico, i domini rimangono nello stato meglio allineato.
Verso celle solari ad effetto fotovoltaico di massa
I risultati del lavoro aprono la strada allo sviluppo di celle ad effetto fotovoltaico di massa più efficienti che possono aiutare a sbloccare la multifunzionalità nei futuri dispositivi fotonici, di elaborazione, di rilevamento e di raccolta di energia.
“Le prime applicazioni concrete saranno nei dispositivi di rilevamento e calcolo su piccola scala, dove oltre ai segnali elettrici, possiamo immettere luce di diverse lunghezze d’onda come un grado di libertà aggiuntivo per il funzionamento”, afferma Bai. “Ad esempio, abbiamo già dimostrato l’uso di BPVE in un sensore di colore senza filtro. Altri esempi includono componenti per il calcolo neuromorfico e raccoglitori di energia multi-sorgente per dispositivi IoT (Internet of Things)”.
Nonostante la svolta ora raggiunta, c’è ancora molto lavoro di ricerca da fare. La sfida principale risiede oggi nel band gap dei materiali. “Idealmente abbiamo bisogno di un materiale che abbia contemporaneamente un band gap stretto (per massimizzare l’assorbimento della luce visibile) e un’ampia polarizzazione spontanea (per massimizzare la tensione a circuito aperto)”.