Il decoupling è un segnale positivo, ma i principali indicatori della decarbonizzazione degli edifici sono lontani dalla traiettoria giusta per rispettare l'Accordo di Parigi. Il punto nell'ultimo rapporto dell'Unep

Per la 1° volta dal 2020, l’anno della pandemia di Covid-19, le emissioni degli edifici hanno smesso di crescere a livello globale nonostante l’aumento della superficie edificata. Un segnale incoraggiante, benché la traiettoria dei gas serra generati dal settore non sia ancora in linea con gli obiettivi stabiliti dall’Accordo di Parigi.
Il settore edilizio continua a essere responsabile di circa 1/3 del consumo energetico globale e delle emissioni di CO2. Ad analizzare luci e ombre della decarbonizzazione degli edifici a livello mondiale è l’ultimo rapporto dell’Unep, l’Agenzia per la protezione dell’ambiente dell’Onu, in un rapporto pubblicato il 17 marzo in collaborazione con la Global Alliance for Buildings and Construction (GlobalABC).
Progressi tangibili nel ridurre le emissioni degli edifici globali
Il 2023 ha segnato un punto di svolta nel settore delle costruzioni, segnala il rapporto. Per la 1° volta, la crescita della superficie edificata globale si è scollegata dalle emissioni di gas serra, che hanno raggiunto un plateau.
Un segnale importante sulla bontà degli sforzi normativi messi in campo per arrivare al decoupling. Dal 2015, anno della firma dell’Accordo di Parigi, l’intensità energetica del settore è diminuita del 9,5% e la quota di energia rinnovabile nella domanda energetica finale è aumentata di 4,5 punti percentuali.
Se le politiche stanno dimostrando di funzionare, necessitano di un’attuazione più rapida e su scala maggiore, avverte l’Unep. Attualmente, l’80% dei paesi affronta il tema della mitigazione climatica nel settore edilizio all’interno dei propri piani d’azione per il clima (NDC). Sul fronte normativo, 85 paesi hanno adottato codici energetici per gli edifici residenziali, l’80% dei quali sono obbligatori.
Altri segnali positivi includono la riduzione del consumo di gas naturale di oltre il 4%, continuando un trend iniziato nel 2022, e il fatto che il 17% della domanda energetica totale degli edifici viene soddisfatta da fonti rinnovabili, specialmente per riscaldamento e raffrescamento. Ben 30 paesi hanno reso obbligatorio l’uso di energia rinnovabile negli edifici.
Cosa non sta funzionando
Nonostante questi progressi, spiega il rapporto, il settore edilizio continua a consumare il 32% dell’energia globale e a contribuire al 34% delle emissioni globali di CO2. I materiali da costruzione, come cemento e acciaio, sono responsabili del 18% delle emissioni di CO2 degli edifici.
I progressi sono quindi giudicati insufficienti rispetto agli obiettivi dell’Accordo di Parigi:
- la riduzione dell’intensità energetica del 9,5% è ben al di sotto del target del 18,2%;
- le emissioni totali di CO2 dalle operazioni degli edifici sono aumentate del 5,4%, mentre l’obiettivo sarebbe una riduzione del 28,1%;
- l’aumento della quota di energia rinnovabile (+4,5%) è inferiore all’obiettivo del 17,8%.
Solo il 18% dei paesi include obiettivi quantificabili nei propri NDC, appena 19 paesi hanno strategie integrate dettagliate per il settore edilizio, e solo due paesi hanno implementato codici energetici allineati con gli standard degli Edifici a Energia Zero.
Sul fronte finanziario, gli investimenti globali nell’efficienza energetica degli edifici nel 2023 sono diminuiti del 7%, scendendo a 270 miliardi di dollari dai 290 miliardi del 2022. Solo il 4% dell’investimento globale totale nella costruzione di edifici è stato diretto verso progetti verdi ed energeticamente efficienti. Mancano ancora circa 1.100 miliardi di dollari in investimenti per l’efficienza energetica.
Le sfide future per il settore edilizio
Guardando al futuro, il rapporto prevede che entro il 2030 la domanda energetica nel settore raggiungerà il picco nei paesi ad alto reddito per poi diminuire dello 0,3% annuo fino al 2050. Scenario diverso per i paesi a medio e basso reddito, dove la domanda energetica nel settore è prevista aumentare dell’1,5% fino al 2030 e dell’1,3% annuo fino al 2050, principalmente per soddisfare le esigenze di raffrescamento.
Tutto ciò in un contesto in cui gli sforzi normativi di oggi hanno un impatto potenziale enorme. Basti pensare che quasi la metà degli edifici che esisteranno nel 2050 non sono ancora stati costruiti. L’adozione di codici energetici ambiziosi per gli edifici è una priorità assoluta, segnala il rapporto.
Il rapporto identifica 6 sfide fondamentali per decarbonizzare il settore:
- Codici edilizi: i principali paesi emettitori devono adottare codici energetici obbligatori per edifici a zero emissioni di carbonio entro il 2028; altri paesi con codici esistenti devono rendere obbligatori gli standard zero-carbon entro il 2030; i paesi senza codici devono stabilire un percorso verso l’adozione obbligatoria entro il 2035.
- Ristrutturazioni per l’efficienza energetica: il tasso di ristrutturazioni per l’efficienza energetica degli edifici dovrebbe essere triplicato entro il 2030 per ottenere una riduzione del 35% dell’intensità energetica.
- Adozione di energia rinnovabile: riflettere l’obiettivo globale di triplicare l’energia rinnovabile negli edifici; accelerare l’implementazione di rinnovabili in loco dal 6% al 18%; aumentare la quota totale di energia consumata da fonti rinnovabili (in loco e fuori sede) dal 17,5% al 46% entro il 2030.
- Integrazione negli NDC: i principali emettitori devono includere piani dettagliati di riforma dei codici edilizi nei loro nuovi NDC.
- Carbonio incorporato: i principali emettitori devono adottare limiti di carbonio incorporato nei codici edilizi entro il 2030, con linee guida chiare sulla rendicontazione. Altri paesi devono promuovere materiali a basso contenuto di carbonio, privilegiando il riuso.
- Finanziamento: raddoppiare l’investimento globale nell’efficienza energetica degli edifici da 270 miliardi a 522 miliardi di dollari entro il 2030.