Il presidente americano Trump ha scatenato una insensata guerra dei dazi anche contro i suoi storici partner, come i Paesi dell’Unione Europea. I mercati internazionali sono già in fibrillazione, e le conseguenze già si avvertono anche in quello interno degli USA. Molti gli appelli alla calma e altrettante le misure di protezione attivate. L'unica certezza è che dalle guerre commerciali si esce tutti perdenti

Nella guerra dei dazi perdono tutti
Dal 2 aprile scatteranno i dazi che Trump vuole imporre ai prodotti esteri. Se la sola minaccia ha già provocato terremoti nelle borse mondiali e ingenti perdite anche per l’economia interna degli Stati Uniti, quali possono essere le conseguenze per l’Italia?
La prima vittima dei dazi americani sarà l’agroalimentare italiano
Sicuramente uno dei settori che andrebbe in grave sofferenza è l’agroalimentare Made in Italy, come dimostrano i dati di CIA-Agricoltori Italiani.
Il mercato USA, infatti, vale quasi il 12% del nostro export e rappresenta il secondo mercato di riferimento mondiale per l’agroalimentare. Se negli ultimi dieci anni l’export agroalimentare verso gli Stati Uniti ha segnato +158%, nel solo 2024 ha totalizzato 7,8 miliardi di euro (+17% rispetto al 2023).
Due sono i pericoli della guerra commerciale innescata da Trump: da un lato il calo delle esportazioni, dall’altro l’incremento delle vendite dei prodotti Italian sounding che già danneggiano ampiamente le imprese italiane.
Cosa colpiscono i dazi
Quali saranno i prodotti più danneggiati dai dazi? Sicuramente il vino (per cui gli USA sono il primo mercato di sbocco), il pecorino (molto utilizzato per insaporire le patatine e snack in busta, di cui gli americani sono consumatori compulsivi), l’olio d’oliva.
Il prodotto in assoluto più penalizzato sarebbe il sidro, molto ricercato negli USA per produrre l’Apple Cider, una bevanda che va fortissimo tra i ragazzi.
Meno esposti, invece, pasta, Parmigiano Reggiano e Grana Padano.
Un impatto devastante sulle eccellenze del Made in Italy
Il presidente nazionale di CIA-Agricoltori Italiani, Cristiano Fini, esprime preoccupazione per «l’impatto devastante sulle eccellenze del Made in Italy» ma cerca di mantenere la calma: «Serve un’azione diplomatica forte per trovare una soluzione e non compromettere i traguardi raggiunti finora.
L’Italia può e deve essere capofila in Europa nell’apertura di un negoziato con Trump, visto che abbiamo anche più da perdere. Gli Stati Uniti, infatti, valgono quasi il 12% di tutto il nostro export agroalimentare globale: siamo in testa alla classifica dei Paesi UE, molto prima di Germania (2,5%), Spagna (4,7%) e Francia (6,7%).
Bisogna agire e fare di tutto per contrastare l’effetto deflagrante dei dazi USA alle porte, tra danni enormi a imprese e cittadini, dilagare dell’Italian sounding e spazi di mercato a rischio occupazione da parte di altri competitor extraeuropei».
La risposta dell’Unione Europea
Anche nel 2019 Trump impose dei dazi che durarono solo un anno, mentre questa volta potrebbero protrarsi per tutto il mandato presidenziale. Per questo Fini chiede anche un intervento rapido di Bruxelles affinché metta in atto «una contromossa importante per contrastare l’effetto deflagrante dei dazi USA su tutti i prodotti UE».
Davanti all’imposizione di dazi per 28 miliardi di dollari, la risposta dell’UE non si è fatta attendere: la Commissione Europea ha deciso di imporre contro-tariffe su 26 miliardi di euro di prodotti statunitensi a partire dal 13 aprile, pur dichiarandosi aperta ai negoziati.
I vini saranno gravati di dazi del 200%?
Certo non è facile confrontarsi con un presidente che cambia idea più volte al giorno e mostra intenti distruttivi contro quello che da decenni è uno storico alleato: «L’Unione Europea, una delle autorità al mondo più ingiuste e ostili su tasse e dazi, formata con il solo scopo di approfittare degli Stati Uniti d’America, ha appena imposto un odioso dazio del 50% sul whisky.
Se questa tariffa non sarà subito rimossa, gli Stati Uniti imporranno a breve dazi del 200% su tutti i vini, gli champagne e i prodotti alcolici in arrivo dalla Francia e dagli altri Paesi dell’Unione Europea.
Sarà grandioso per le aziende statunitensi di vino e champagne», ha scritto sul suo social Truth, affermando che «gli Stati Uniti non hanno liberi scambi commerciali, hanno scambi stupidi. Il mondo intero ci deruba».
Una pericolosa guerra commerciale
Le reazioni alla guerra commerciale scatenata da Trump con i dazi sono state unanimi, e tali devono restare, anche alla luce di evidenti falsità contrabbandate per verità.
Niente di più falso, ad esempio, che l’UE voglia esportare negli USA lasciando le porte chiuse all’import statunitense, come confermano i dati della Banca d’Italia e della Banca Centrale Europea. Casomai è vero il contrario.
Il presidente americano, con il chiaro obiettivo di dividere il fronte UE, lascia intendere che potrebbero esserci negoziati separati con alcuni paesi, Italia inclusa.
Ma anche su questo terreno l’UE non si fa cogliere impreparata: se un Paese intavolasse trattative a livello nazionale, gli altri membri UE lo taglierebbero fuori dai loro mercati nazionali.
Le reazioni di Germania e Francia
La Germania, che ha un’economia in contrazione da due anni e vede avvicinarsi il pericolo di un terzo anno di recessione, ritiene che queste politiche economiche del passato saranno perdenti per tutti. Tuttavia bisogna reagire, non si può accettare una politica simile.
Secondo Joachim Nagel, presidente della Deutsche Bundesbank, solo quando gli USA si renderanno conto che saranno proprio gli americani a pagare il prezzo più alto sarà possibile ragionare su una soluzione conciliativa.
La posizione della Francia è durissima, come ha scritto su X il ministro del commercio francese Laurent Saint-Martin: «Trump sta intensificando la guerra commerciale che ha deciso di scatenare. La Francia resta determinata a rispondere insieme alla Commissione Europea e ai nostri partner. Non cederemo alle minacce e proteggeremo sempre i nostri settori».
Il vincitore di questa insensata guerra commerciale sarà la Cina
Kaja Kallas, alto rappresentante UE per la Politica estera, in poche parole ha sintetizzato lucidamente la situazione: «In questa guerra commerciale scatenata dagli Stati Uniti contro l’Unione Europea il vincitore sarà la Cina, che ne trarrà sicuramente beneficio.
Non ci sono vincitori nelle guerre commerciali. Politiche analoghe, in passato, hanno causato depressione e stress economici. E alla fine saranno i consumatori a pagare di più».
Kallas ha sottolineato che l’UE si sta impegnando per impedire questa deriva che penalizzerebbe le economie europee, con pesanti ricadute sulle persone.
Tuttavia «se queste tariffe vengono usate contro di noi, ovviamente dobbiamo proteggere i nostri interessi».
Privilegiare la negoziazione
Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura, rimane pragmaticamente con i piedi ancorati a terra e vuole privilegiare la trattativa, convinto che nelle guerre commerciali si esca tutti perdenti.
«Confidiamo che l’ultima dichiarazione del presidente Trump sia una provocazione. Inutile dire che con tariffe di queste (s)proporzioni, i nostri produttori di vino perderebbero il partner commerciale numero uno al mondo.
L’export italiano di vino verso gli USA vale, infatti, quasi 2 miliardi di euro ed è in crescita. Restiamo convinti che innescare una guerra di dazi non serva a nessuno.
L’Unione Europea, per evitare di azzerare l’export verso gli Stati Uniti, deve fare sistema e agire in modo coeso privilegiando la negoziazione».
Le preoccupazioni per il settore vinicolo
Ettore Prandini, presidente di Coldiretti, non nasconde la sua preoccupazione per la tenuta del settore vinicolo, che nel 2024 ha esportato negli Stati Uniti hanno per un valore di 1,94 miliardi di euro (analisi Coldiretti/Filiera Italia).
Pertanto, «occorre ora fermare una pericolosa escalation che sta conducendo a una guerra commerciale globale dove le prime vittime saranno i cittadini statunitensi che pagheranno di più i prodotti e, con essi, gli agricoltori.
Bisogna mettere in atto tutte le azioni diplomatiche necessarie per scongiurare lo stravolgimento dei flussi commerciali».
Dal canto suo, Filiera Italia fa appello al buonsenso attraverso l’amministratore delegato Luigi Scordamaglia: «La minaccia di Trump è legata alla conferma dell’Europa del dazio del 50% sul whisky americano.La Commissione Ue dovrebbe dimostrare buona volontà continuando ad evitare con la moratoria in essere questo dazio salvaguardando cosi vino ed alcolici europei. Qualcuno deve cominciare a mostrare un po’ di buon senso, sia l’Europa a farlo per prima».
I più colpiti? Agricoltori e consumatori
È di tutta evidenza, quindi, che le prime vittime dei dazi sull’agroalimentare sono gli agricoltori e i consumatori, anche americani.
I dazi sull’agroalimentare colpiscono anche i principali fornitori di frutta e verdura degli Stati Uniti, cioè Messico e Canada da cui gli USA dipendono per il 60% della frutta e il 30% della verdura.
Trump ha ordinato di produrre di più, ma per farlo servono infrastrutture (che non si fanno in un giorno) e braccia (soprattutto di migranti appena espulsi).
Pertanto si può ipotizzare che diminuirà l’acquisto di prodotti freschi a favore di cibi ultra-processati: cosa che in un Paese con il 70% di obesi non è certamente augurabile.
Il cittadino comune teme i rincari, le aziende di import hanno fatto ordini da fine del mondo (specie nel settore vinicolo): il mondo finirà il 2 aprile o per l’ennesima volta l’amministrazione USA salirà sull’altalena cambiando idea e mandando in tilt le borse mondiali?
Non dimentichiamo, infatti, che anche i prodotti agricoli sono quotati sui mercati mondiali e l’equilibrio dei loro prezzi risente delle decisioni politiche.