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Shrinkflation, procedura di infrazione contro l’Italia

L’Italia è intervenuta contro la shrinkflation, ma ha ricevuto una procedura d’infrazione dalla Commissione Europea. È una mancanza di trasparenza nei confronti dei consumatori: infatti le aziende riducono la quantità di prodotto all’interno delle confezioni mantenendo però lo stesso prezzo o addirittura aumentandolo

Shrinkflation, procedura di infrazione contro l’Italia
Immagine di freepik

Shrinkflation e trasparenza verso i consumatori

La shrinkflation (che unisce le parole inglesi shrink “restringere” e inflation “inflazione”) è una tecnica di marketing a dire il vero un po’ furbesca messa in atto dalla grande distribuzione.

In pratica, le aziende riducono la quantità di prodotto all’interno delle confezioni mantenendo però lo stesso prezzo o addirittura aumentandolo.

Una mancanza di trasparenza nei confronti dei consumatori? Decisamente sì, ma non si configura come una vera truffa se il peso indicato sulla confezione è quello effettivo.

Facciamo un esempio: compro il solito pacco di pasta da 500 grammi, che in realtà contiene 450 grammi ma il prezzo è quello del pacco da 500 grammi.

Lo stesso avviene con i biscotti: stesso formato, contenuto ridotto, prezzo pieno.

L’Italia interviene contro la shrinkflation

L’Italia ha deciso di intervenire contro la shrinkflation, che una pratica scorretta nei confronti dei consumatori e ha introdotto l’obbligo di indicare in etichetta il calo di prodotto a parità di confezione.

La Commissione Europea, però, boccia le misure italiane a favore della trasparenza ed ha aperto una procedura di infrazione contro l’Italia per aver introdotto l’obbligo di indicare in etichetta il calo della quantità a confezione invariata (con conseguente aumento di prezzo).

Per la precisione, la messa in mora dell’Italia dipende dal fatto di «non aver affrontato il problema dell’incompatibilità dei suoi requisiti di etichettatura con gli articoli da 34 a 36 del TFUE (Treaty on the Functioning of the European Union)».

La Commissione, pur riconoscendo l’importanza di informare i consumatori, ritiene che la segnalazione in etichetta sia un’imposizione sproporzionata.

Perché la Commissione Europea ha messo in mora l’Italia

Qual è la motivazione? «I requisiti nazionali in materia di etichettatura costituiscono un grave ostacolo al mercato interno e compromettono gravemente la libera circolazione delle merci. La Commissione ritiene che le autorità italiane non abbiano fornito prove sufficienti in merito alla proporzionalità della misura, in quanto sono disponibili altre opzioni meno restrittive (ad esempio l’esposizione delle stesse informazioni accanto ai prodotti in questione)».

Inoltre, la Commissione ritiene che l’Italia «violi anche la direttiva sulla trasparenza del mercato unico in quanto la misura è stata adottata durante il periodo di status quo successivo alla notifica del progetto di legge da parte dell’Italia e senza considerare il parere circostanziato emesso dalla Commissione».

Una battaglia da portare in Europa

Quale sarà il prossimo passo? «L’Italia dispone ora di due mesi per rispondere e affrontare le carenze segnalate dalla Commissione. In mancanza di una risposta soddisfacente, la Commissione può decidere di emettere un parere motivato».

Quali sono le reazioni in Italia?

Secondo il Codacons le etichette contro la shrinkflation arrivano in ritardo, perché ormai molti prodotti sono stati riporzionati.

Di tutt’altro avviso è l’Unione Consumatori. Il presidente Massimiliano Dona ritiene che l’Italia non debba fare passi indietro nella difesa dei consumatori. Al contrario «bisogna portare in Europa la battaglia contro la shrinkflation e stabilire regole comuni con gli altri Paesi UE».

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