Rinnovabili • Target rinnovabili 2030, perché l'Italia rischia di raggiungerlo nel 2038 Rinnovabili • Target rinnovabili 2030, perché l'Italia rischia di raggiungerlo nel 2038

Target rinnovabili 2030, l’Italia rischia di raggiungerlo con 8 anni di ritardo

Il Lazio unica regione che, ad oggi, centrerebbe l’obiettivo al 2030. Regioni come la Calabria, la Sardegna e l'Umbria rischiano oltre 20 di ritardo, 45 anni la Valle d'Aosta. L'analisi di Legambiente

Target rinnovabili 2030, perché l'Italia rischia di raggiungerlo nel 2038
Foto di tomasz jagla da Pixabay

Pubblicato il rapporto Scacco matto alle rinnovabili 2025

L’Italia delle green energy non decolla. Nonostante l’evidente accelerazione di questi anni in termini di nuova capacità installata, il target rinnovabili 2030 appare ancora estremamente distante. Al punto che per raggiungere gli oltre 80 GW definiti nel Decreto Aree Idonee, il Belpaese potrebbe impiegare 8 anni più del previsto. Il motivo? Un mix di lentezze burocratiche di cui la nazione non riesce a liberarsi, norme inadeguate e ostacoli locali.

A definire il quadro generale dei ritardi sulle FER nostrane è oggi Legambiente. In occasione della fiera KEY 2025 di Rimini, l’associazione ha presentato il suo rapporto Scacco matto alle rinnovabili 2025, documento che passa al setaccio i territori e i progetti legati alle rinnovabili attualmente in procedura di valutazione.

Qual è la capacità rinnovabile installata in Italia?

Partiamo dai risultati già raggiunti. Oggi l’Italia vanta una capacità FER installata totale di oltre 17.7 GW, pari al 22% dell’obiettivo rinnovabili 2030.

Nel contempo almeno 1.729 progetti risultano attualmente in procedura di valutazione (dato del 15 gennaio 2025) dei ben 2.109 totali avviati a VIA e VIA PNRR-PNIEC dal 2015. Di questi la maggior parte (1.367) appare in fase di istruttoria tecnica da parte della Commissione PNRR-PNIEC con ben 367 risalenti al 2022 e 505 al 2023.

“Senza dubbio – scrive Legambiente nel report – molti di questi hanno già inviato o dovranno inviare ulteriori integrazioni necessarie, tuttavia, l’elevato numero di progetti ancora in attesa di valutazione oltre a testimoniare un’intensa attività, è anche sintomo di lungaggini intrinseche al processo di valutazione che mettono in luce criticità da affrontare e risolvere proprio legate all’alto numero di progetti presentati”.

Ecco perché l’associazione sottolinea con forza la necessità di rafforzare il personale tecnico negli uffici regionali e comunali preposti alla valutazione e autorizzazione dei progetti. Così come di completare l’organico della Commissione PNRR/PNIEC del Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica.

Ma Legambiente non nasconde una certa preoccupazione per 85 progetti in particolare che hanno già ricevuto il parere della Commissione tecnica VIA PNRR-PNIEC, ma che rimangono in attesa di quello del Ministero dei Beni Culturali (MIC).

Target rinnovabili 2030, quale regione appare più indietro?

Il documento offre anche un’interessante spaccato sugli sforzi regionali rispetto al target rinnovabili 2030. Si scopre così che a livello territoriale Valle d’Aosta, Molise, Calabria, Sardegna e Umbria, sono le regioni più indietro rispetto al proprio obiettivo di burden sharing. Con ritardi stimati di oltre 20 anni. In particolare, la Valle d’Aosta rischia di impiegare 45 anni per raggiungere i suoi 328 MW di target,  fissati dal Decreto Aree Idonee. Per il Molise si stimano 29 anni di ritardo, 23 anni per la Calabria, 21 per la Sardegna  e 20 per l’Umbria.

Unica regione che, stando alla media di quanto realizzato negli ultimi 4 anni, centrerebbe il suo obiettivo (4.757MW) entro la fine del decennio è il Lazio. la Regione nel 2024 ha raggiunto il 39,9% del suo target rinnovabili 2030. Quelle che impiegheranno quasi due anni di ritardo sono Friuli-Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige.

“L’Italia è in colpevole ritardo sugli obiettivi di sviluppo delle rinnovabili da raggiungere al 2030 – dichiara Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente I principali ostacoli non tecnologici sono gli iter autorizzativi lenti, per l’ostracismo del Ministero della Cultura e l’inazione delle Regioni, i decreti ministeriali sbagliati e ideologici, come quelli su aree idonee e agricoltura, e le politiche miopi del Governo Meloni”.

About Author / La Redazione