Rinnovabili • Spesa bollette: in Italia, le microimprese pagano il 165% in più Rinnovabili • Spesa bollette: in Italia, le microimprese pagano il 165% in più

Le microimprese italiane pagano le bollette più care d’Europa

Il costo del MW per le imprese italiane con meno di 10 dipendenti e fatturato sotto i 2 milioni supera del 5,8% la Germania (ferma a 329,3 €/MWh) e del 43,2% la Spagna (che resta a 243,3 €)

Spesa bollette: in Italia, le microimprese pagano il 165% in più
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Le microimprese italiane – il 42% della forza lavoro – pagano l’energia elettrica il 165% in più rispetto alle grandi aziende. Mentre 5,3 milioni di cittadini sono costretti a tagliare i consumi di luce e gas per riuscire a pagare. È la fotografia scattata dalla CGIA di Mestre sulla spesa per le bollette e la povertà energetica, su dati relativi al primo semestre 2024.

Peggiori in Europa per spesa bollette microimprese

Nei primi 6 mesi dell’anno scorso, le microimprese italiane (attività con meno di 10 dipendenti e fatturato sotto i 2 milioni) hanno sostenuto un costo medio di 348,3 euro per megawattora (€/MWh). Le grandi aziende 131,6.

Un differenziale del +164,7% che colloca l’Italia al 4° posto nella classifica UE per disparità tariffaria, dopo Francia (+241,8%), Spagna (+199,6%) e Portogallo (+176,1%). Ma non è tutto.

“A differenza degli altri Paesi dell’Area dell’Euro, il prezzo dell’energia elettrica in capo alle nostre microimprese è il più alto di tutti”, scrive la CGIA di Mestre. In effetti, l’Italia detiene il primato europeo dei costi energetici per le microimprese. Supera del 5,8% la Germania (ferma a 329,3 €/MWh) e del 43,2% la Spagna (che resta a 243,3 €). Un gap che colpisce il 95% del tessuto produttivo nazionale, dove operano 4,2 milioni di microattività.

Da cosa dipende lo sbilanciamento tricolore nella spesa bollette tra grandi aziende e microimprese? Secondo il rapporto, il 18,4% del costo energetico per le microimprese deriva da tasse e oneri, contro una media UE del 9,6%. Le voci più pesanti sono:

  • promozione rinnovabili (55% degli oneri)
  • accise ambientali (16%)
  • sicurezza energetica (9%)
  • tasse locali (20%)

Per le grandi aziende questa componente si riduce a 1/3, grazie agli sgravi introdotti dalla riforma degli energivori del 2018. Un meccanismo che ha trasferito il carico fiscale sulle piccole realtà, nonostante i correttivi del Governo Draghi.

La mappa della povertà energetica in Italia

Sul fronte dei privati, lo studio della CGIA fissa a 2,4 milioni di famiglie, pari a 5,3 milioni di italiani, la quota di coloro che vivono in condizioni di povertà energetica. I dati OIPE 2023 rivelano un’Italia spaccata, con il Sud che registra – come di consueto – l’incidenza maggiore del fenomeno.

Nel dettaglio, le regioni dove insiste più povertà energetica sono:

  • Calabria (19,1% delle famiglie)
  • Basilicata (17,8%)
  • Molise (17,6%)
  • Puglia (17,4%)
  • Sicilia (14,2%)

Al contrario, Lazio (5,8%), Friuli Venezia Giulia (5,6%) e Marche e Umbria (4,9%) registrano i valori più bassi

Il divario tra nord e sud peraltro è amplificato dal tipo di riscaldamento, nota il rapporto. il 73% delle famiglie a rischio usa gas metano, contro il 27% che ricorre a pellet o combustibili alternativi. Chi è in condizioni di povertà energetica è soprattutto disoccupato (38% dei casi), pensionato che vive da solo (29%) o lavoratore autonomo (22%). Mentre i fattori aggravanti più comuni sono con scarse prestazioni energetiche (62% dei casi) e nuclei familiari numerosi (oltre 5 componenti nel 41% delle situazioni critiche).

Dati, questi, che potrebbero tornare a salire quest’anno. Dopo il calo del 2024 (-13,8% gas, -14,6% elettricità), i primi mesi del 2025 segnano una nuova impennata per la spesa bollette. Il gas a marzo segna +93% sullo stesso mese del 2024 (a 54 €/MWh). Mentre l’elettricità registra un aumento del 73% (a 152 €/MWh).

Per mitigare i rischi, la CGIA propone di:

  • Ricalibrare gli oneri per redistribuire i costi tra utenti,
  • rafforzare l’efficientamento energetico con incentivi mirati,
  • Preparare piani anti-povertà regionali differenziati.

Insomma: senza correttivi strutturali, rischiamo di strangolare il motore produttivo e sociale del paese, avverte la CGIA.

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