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Sensori senza batteria a consumo zero: si ricaricano con l’energia dei batteri nella terra

Un sensore altamente innovativo che si ricarica grazie all'energia dei batteri nel terreno: fino a 1 watt di potenza con un metro cubo di terra

Sensori a consumo zero: si ricaricano con l'energia dei batteri nella terra
Fonte Innoitaly

Sensori a consumo energetico zero, senza batterie, che si ricaricano con l’energia dei batteri della terra. Suona molto innovativa (e lo è) la soluzione proposta dalla startup Innoitaly, che ha sviluppato un sensore che svolge il compito per cui è progettato – raccogliere ed inviare dati – senza aver necessità di un’alimentazione tradizionale a batteria, perché i suoi founder (Michele Carlet, Davide Brunelli, Roberto La Rosa, Roberto Santolamazza e Carlo Sam) hanno realizzato un prodotto che è capace di ricavare l’energia che gli serve per funzionare, direttamente dall’ambiente ed in vari modi.

Sensori senza batteria: energia dalle terra per ricaricarsi

Il metodo più rivoluzionario è quello dell’utilizzo di celle a combustibile microbiche, in grado di catturare l’energia dai batteri che si trovano nel terreno: un prodotto che nel suo genere sarà tra i primi al mondo ad arrivare sul mercato, ed è il frutto della collaborazione con i ricercatori dell’Università di Trento e del Dipartimento di Biologia dell’Università Federico II di Napoli”, spiega il direttore marketing Carlo Sam.
Infatti i piccoli sensori senza batteria, che misura 2,5×2,5×2 centimetri, può funzionare con un solo decimetro cubo di terra, ma è sufficiente salire a un metro cubo di terra per generare 1 watt di potenza elettrica che può alimentare una lampada a basso consumo.

Piccolo sensore per rivoluzionare agritech

E l’impatto di un device così piccolo, per il settore dell’agritech al contrario, potrebbe essere enorme. Ad esempio, si sta studiando insieme ad un produttore di mele, la possibilità di alimentare una piccola fotocamera in grado di scattare una foto ogni minuto, per identificare gli insetti che si posano sulle piante. Ma invece di inviare le foto in alta risoluzione nel cloud per poi essere processate e quindi consumando molta energia, è integrato direttamente sul piccolo sensore un dispositivo di AI che inviare solo le informazioni sul tipo di insetti identificato. 

Questa operazione che richiede pochissima energia, ricavabile appunto anche dal terreno, consente di lasciare i sensori in una coltivazione per anni senza preoccuparsi del relativo approvvigionamento energetico” aggiunge ancora Sam di Innoitaly.  

Non solo per l’agricoltura

Ma come è noto, ormai i sensori sono dappertutto ed i loro utilizzi sempre più estesi, dovunque ci sia bisogno di raccogliere dati. Ed infatti il sensore Innoitaly permette di tenere sotto controllo macchinari industriali, per predire eventuali guasti e anticipare la manutenzione, essere inserito nell’ambiente per monitorare aree in cui potrebbero verificarsi valanghe in inverno o incendi nei boschi d’estate. E ancora in tutte quelle aree in cui serve monitorare il dissesto idrogeologico, proprio perché essendo autonomia dal punto di vista energetico, possono essere usati per lunghi periodi senza alcuna batteria.

Sensori senza batteria per monitorare raccolta rifiuti

E ancora: la raccolta rifiuti di quei cassonetti posizionati in strada. Si pensi alle grandi città dove i camion passano per svuotare i cassonetti, senza sapere se sono effettivamente pieni. Ecco i sensori sono in grado di indirizzare i camion di raccolta solo verso i cassonetti pieni, evitando spreco di energia” dicono ancora da Innoitaly convinti che “la nostra soluzione per qualsiasi tipo di applicazione, porta anche un altro enorme vantaggio, che è quello di abbattere anche i periodici costi di manutenzione dei dispositivi stessi, che solitamente aumentano esponenzialmente con il numero di sensori utilizzati”.

E c’è ancora un’altra innovazione prodotta da questa startup italiana, che propone l’impiego di mini e micropannelli solari fatti a base di PET flessibile, il polimero usato per le bottiglie, e non in vetro e silicio come i pannelli fotovoltaici tradizionali; sopra il PET è sono costituiti da una base di PET (il materiale usato per le bottiglie di plastica) flessibile, sopra cui viene stampata con materiale organico la parte che genera elettricità. “Questa soluzione consente di riciclare i pannelli una volta a fine vita insieme alla plastica in maniera veramente veloce e sostenibile. Questo tuttavia non basta, ed è per questo che stiamo lavorando per produrre pannelli solari e altri componenti elettronici a base 100% organica” spiegano da Innoitaly.

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About Author / Paolo Travisi

Ancora prima che giornalista, curioso per natura. Ha iniziato a scrivere per mestiere nel 2004, dapprima in tv, poi su giornali nazionali e web. Appassionato di scienza e tecnologia (ma non solo), ama scoprire nuovi argomenti di cui poter scrivere ed imparare. In questa avventura per Rinnovabili si occupa in particolare di economia circolare e mobilità sostenibile, e realizza i contenuti video per i social.