L’agricoltura biologica potrebbe produrre abbastanza cibo per una popolazione mondiale in crescita se si riesce a ridurre il divario di resa rispetto all’agricoltura convenzionale. Uno studio di lungo periodo dimostra che quando si coltivano le piante è sensato incrociarle con varietà più vecchie o addirittura selvatiche per renderle più forti e produttive
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L’agricoltura biologica diventa più produttiva
Agricoltura biologica per produrre cibo sostenibile per la popolazione globale in aumento. Quello che molti hanno sempre ritenuto impossibile a causa delle rese inferiori a quelle dell’agricoltura convenzionale potrebbero ricredersi leggendo i risultati di uno studio condotto da un gruppo di ricercatori dell’Università di Bonn (Germania) e finanziato dalla German Research Foundation (DFG).
Una sperimentazione durata 23 anni
Nonostante il beneficio reso ai servizi ecosistemici, l’agricoltura biologica comporta una riduzione della resa del 20-30% rispetto a quella convenzionale. Pertanto, è fondamentale aumentare le rese poiché la domanda prevista di cibo aumenterà di circa il 70% fino al 2050.
Anche l’agricoltura convenzionale ha i suoi problemi, stretta fra il cambiamento climatico, la crisi energetica e i prezzi dei fertilizzanti.
Lo studio Deep genotyping reveals specific adaptation footprints of conventional and organic farming in barley populations – An evolutionary plant breeding approach, pubblicato in “Agronomy for Sustainable Development”, apre nuovi orizzonti all’agricoltura biologica.
I ricercatori tedeschi hanno dimostrato con uno studio di lungo periodo che le piante si adattano geneticamente alle condizioni dell’agricoltura.
Agricoltura biologica e convenzionale in due campi adiacenti
La sperimentazione è iniziata ventitré anni fa. I ricercatori hanno piantato piante di orzo su due campi adiacenti: uno coltivato con metodi convenzionali, l’altro con metodi biologici.
L’obiettivo della ricerca era studiare gli effetti dei metodi di coltivazione sul materiale genetico delle piante.
Per aumentare la variazione genetica, i ricercatori hanno incrociato l’orzo ad alta resa con uno di tipo selvatico; poi hanno piantato queste piante in due campi adiacenti affinché l’orzo crescesse nello stesso terreno e nelle stesse condizioni climatiche.
Nella parte coltivata in modo convenzionale i ricercatori hanno utilizzato pesticidi contro i parassiti, sostanze di sintesi per eliminare le erbacce e fertilizzanti minerali per garantire un buon apporto di nutrienti.
Nel campo adiacente, coltivato con metodo biologico, niente pesticidi, fertilizzazione con il letame proveniente dalle stalle e lotta alle erbe infestanti con metodi meccanici.
L’analisi dei genomi
Ogni autunno hanno conservato (a caso, senza alcun criterio particolare) una parte del raccolto per la semina della primavera successiva.
I ricercatori hanno analizzato i genomi delle piante di entrambe le coltivazioni su base annuale. Ogni singolo gene può esistere in varietà di forme diverse, gli alleli: la frequenza con cui si presentano gli alleli può cambiare nel tempo e le condizioni ambientali giocano un ruolo determinante.
Nei testi genetici, i ricercatori hanno visto che nei primi dodici anni la frequenza degli alleli è cambiata allo stesso modo in entrambi i campi: questo significa che popolazioni diverse nate dall’incrocio con orzo selvatico si stanno adattando alle condizioni locali. La spiegazione, secondo gli scienziati, è che fattori come clima, suolo e ore di sole erano identici.
Negli anni successivi, le cose hanno cominciato a cambiare. L’orzo biologico ha sviluppato varianti genetiche meno sensibili a un deficit di nutrienti o alla mancanza di acqua ed è rimasto più eterogeneo. L’orzo coltivato in modo convenzionale, invece, è diventato di anno in anno più uniforme.
L’eterogeneità genetica rende le piante più forti
Probabilmente, questo è dovuto al fatto che le frequenze alleliche e le condizioni ambientali variano di più nell’agricoltura biologica rispetto a quella convenzionale. Ad esempio, se un anno insorgono delle malattie, le piante fanno affidamento sugli alleli che le proteggono.
La variabilità ambientale conferisce alle piante una maggiore eterogeneità genetica che rende le piante adattabili ai cambiamenti.
I risultati dello studio dimostrano l’importanza di coltivare varietà ottimizzate per l’agricoltura biologica: il loro corredo si adatta a condizioni diverse e le rende più robuste e in grado di fare rese più elevate.
Inoltre, hanno rimarcato gli scienziati, quando si coltivano piante è sensato incrociarle con varietà più vecchie o addirittura selvatiche. I risultati dello studio sembrerebbero indicare che questa pratica potrebbe giovare anche alle varietà convenzionali ad alta resa.