Pratiche circolari fanno risparmiare oltre 16 mld di euro rispetto ai costi di produzione delle aziende manifatturiere. Ma devono migliorare le PMI
![Rifiuti, Italia delle PMI all'avanguardia sull'economia circolare](https://www.rinnovabili.it/wp-content/uploads/2025/02/rifiuti-italia.jpg)
Campioni di economia circolare. In Italia un’azienda su due adotta pratiche di economia circolare, con il riciclo che è la strategia dominante, secondo lo studio CDP, che posiziona l’Italia al top in Europa per best practice. Si fa meglio al nord, e nelle aziende più grandi. Nel 2024 queste modalità hanno portato ad un risparmio dei costi di produzione delle imprese manifatturiere, pari a 16,4 miliardi, pari al 15% del potenziale teorico stimato al 2030, di 119 miliardi di euro. Eppure se siamo bravi, non siamo bravissimi. Perché? Non investiamo abbastanza in economia circolare rispetto ad altri principali paesi europei. Questo risultato, in parte condizionato dal difficile contesto economico degli ultimi anni, riflette anche la struttura imprenditoriale italiana, composta principalmente da piccole e microimprese con una limitata capacità di investimento. Solo la Spagna investe meno di noi, in settori come riciclo, riparazione, riutilizzo, noleggio e leasing.
C’è ancora da migliorare
Il riciclo emerge come strategia predominante, mentre sono meno diffuse le soluzioni volte a prolungare la durata d’uso di prodotti e componenti. I modelli di produzione e di consumo circolari ‒ che mirano a preservare il valore di materiali e prodotti più a lungo possibile, riducendo al minimo la produzione di rifiuti ‒ possono contribuire sia ad una gestione più sostenibile delle risorse sia a una riduzione del rischio di interruzione delle catene del valore. Secondo l’analisi condotta in Strategie Settoriali e Impatto di Cdp ‘economia circolare: una leva per la competitività delle imprese, si rende necessaria una gestione delle risorse sostenibili vista la dipendenza del nostro Paese dalle importazioni pari al 48%, a fronte di una media europea del 22%.
Serve supporto alle PMI
In particolare lo studio evidenzia che il contributo da parte delle pmi è molto ridotto, motivo per cui servono misure di incentivazione per l’adozione di queste pratiche tuttavia “le incertezze legate alla possibilità di usufruire degli incentivi Transizione 5.0 per gli investimenti in economia circolare creano un’ulteriore barriera per le imprese. Il piano Transizione 5.0, infatti, indica come finalità la transizione digitale e quella energetica, senza riferimenti espliciti all’economia circolare“, si legge nello studio.
Per sostenere la forza propulsiva delle Pmi italiane nella transizione a una economia circolare – evidenzia il brief Cdp – sono indispensabili programmi di supporto pubblico agli investimenti in macchinari, tecnologie, asset immateriali, un sempre maggiore accesso alla finanza sostenibile grazie all’operatività degli Istituti Nazionali di Promozione e nuovi progetti strategici con reti produttive circolari.
Risparmio delle aziende
In termini di performance economico-finanziarie, le aziende circolari hanno evidenziato una maggiore capacità di coprire il costo del debito tramite il risultato operativo, una maggiore generazione di cassa da destinare all’investimento e un minor livello di indebitamento. Negli ultimi tre anni, le imprese circolari hanno registrato, inoltre, una probabilità di default più bassa, anche in periodi contraddistinti da forti shock esogeni legati alle materie prime. Mostrano, inoltre, un più elevato potenziale innovativo, dovendo far leva su nuove tecnologie, nuovi processi produttivi e nuovi modelli di business. L’Italia risulta al 2° posto in Europa per numero di brevetti circolari, di cui oltre la metà depositati da PMI.