Un rapporto di First Street analizza l’impatto che gli eventi climatici estremi stanno avendo negli USA sui prezzi delle case, i costi delle assicurazioni e le dinamiche migratorie. Il riscaldamento globale restringe l’accesso alla casa, che diventa anche un bene rifugio meno conveniente. E rimescola i flussi migratori interni
Investire nel mattone non è più un buon investimento. Il motivo? L’impatto della crisi climatica sul mercato immobiliare (e sulle assicurazioni). Questo è già vero in alcune zone degli Stati Uniti – Florida, parte della California. Ma diventerà vero anche per altre parti degli States. E osservare cosa accade da quella parte dell’Atlantico aiuta a immaginare un futuro possibile anche in Europa. D’altronde, gli eventi estremi aumentano di frequenza e intensità anche nel vecchio continente. E il Mediterraneo è uno degli hotspot mondiali del riscaldamento globale.
Crisi climatica e mercato immobiliare, cosa succederà negli Stati Uniti?
Il rischio di una svalutazione dei prezzi delle case è elevatissimo. Nei prossimi 30 anni, il mercato immobiliare degli Stati Uniti potrebbe perdere 1.500 miliardi di dollari per strada tra uragani, inondazioni, incendi. Molte case in aree ad alto rischio climatico potrebbero perdere fino al 40-100% del loro valore.
Tutto questo significa che a rischio non sono soltanto dei beni materiali. Ma anche il modello di accumulo della ricchezza basato sulla proprietà della casa. Che è valido negli USA, dove 2 persone su 3 possiedono una casa (che rappresenta, in media, il 67% dei loro risparmi). E trova un corrispettivo anche in Europa. In Italia, secondo gli ultimi dati Istat, l’80% degli abitanti ha un’abitazione di proprietà.
La fotografia arriva da un rapporto di First Street, che si concentra sulla situazione della crisi climatica e del mercato immobiliare negli Stati Uniti.
Accesso alla casa, la nuova vittima del cambiamento climatico
L’impatto della crisi climatica sul mercato immobiliare può essere riassunto in 4 dinamiche:
- svalutazione delle case, con conseguente erosione della ricchezza delle famiglie;
- aumento dei costi delle polizze assicurative, che tendono a diventare una voce di spesa elevata e spesso insostenibile;
- cambiamenti nella domanda abitativa, con migrazioni verso aree più sicure e un conseguente declino di valore nelle zone più esposte;
- riduzione della platea di chi si può permettere di acquistare casa: essere proprietari diventa un affare per (più) ricchi rispetto a prima.
Crisi climatica e mercato immobiliare: quali impatti?
Secondo il rapporto, il cambiamento climatico sta già incidendo pesantemente sul valore delle proprietà. Principalmente attraverso una svalutazione nelle aree ad alto rischio. Le case in zone esposte a incendi o inondazioni stanno subendo perdite di valore fino al 30-50%.
Così aumenta il divario tra zone ritenute sicure e aree più rischiose. Mentre le aree a basso rischio vedono un incremento dei prezzi (+7% nel 2024), quelle ad alto rischio crescono meno (+6,3%) o perdono valore.
Paradise, in California, devastata dagli incendi nel 2018, ha visto crollare i valori immobiliari e ha sperimentato un esodo della popolazione. Miami e New Orleans affrontano rischi crescenti dovuti all’innalzamento del livello del mare, con stime di forte svalutazione delle case costiere.
Il fattore assicurazione
A questo quadro si aggiunge il fattore assicurazione. In media, negli Stati Uniti i costi delle assicurazioni sulla casa sono più che raddoppiati dal 2013 al 2022, passando da circa il 7-8% al 20% dei costi di mutuo e interessi.
Anche questi numeri sono una media, ma è importante considerare le aree dove le polizze hanno già registrato dei picchi o è probabile che aumenteranno in futuro. Prendiamo New Orleans. Tutti ricordiamo la devastazione dopo l’uragano Katrina del 2005. Ma non c’è bisogno di un evento così catastrofico per restringere drasticamente l’accesso alla casa per gli abitanti della città. Lì, il rapporto prevede che i danni da alluvione aumenteranno del 533% entro il 2055, con un conseguente incremento vertiginoso dei premi.
Non solo: in molte parti del paese – lo si è visto con gli incendi di Los Angeles – le assicurazioni semplicemente non offrono più i loro prodotti perché il rischio è troppo alto. Le abitazioni diventano inassicurabili in decine di contee. Altrove, alcune aree ad alto rischio vedono aumenti delle polizze superiori al 100% entro il 2055, rendendo l’accesso all’abitazione sempre più difficile.
I migranti climatici saremo noi
Tutto ciò determina un fenomeno su vasta scala: cambiamenti (epocali) dei flussi migratori. Negli USA i paesi della Sun Belt attirano storicamente più abitanti. Ma 3 dei principali Stati della fascia (Florida, Texas e California) hanno assorbito il 40% dei danni da catastrofi climatiche di tutti gli USA dal 1980 a oggi.
“Il cambiamento climatico sta trasformando il mercato immobiliare statunitense attraverso due potenti forze indirette (l’impennata dei costi assicurativi e il cambiamento delle preferenze dei consumatori), che insieme stanno creando un circolo vizioso in cui i rischi climatici determinano spostamenti di popolazione e rimodellano il valore degli immobili in tutto il paese, alterando radicalmente i modelli tradizionali di crescita immobiliare e di sviluppo della comunità”, sintetizza il rapporto.
Quando parliamo di migranti climatici, di solito pensiamo a cosa avverrà in regioni come l’Africa Subsahariana o il Sud-est asiatico, o ancora l’Artico. E se i migranti climatici fossimo anche noi, tra Stati Uniti ed Europa?