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Siamo ciechi al rischio reale dei cambiamenti climatici: possibile -50% pil globale nel 2090

Un rapporto dell’Institute and Faculty of Actuaries critica tutti i sistemi attuali di valutazione e gestione del rischio in uso a livello pubblico e privato. Se si incorporano anche gli effetti compositi e più gravi della crisi climatica, il suo impatto diventa molto più alto

Cambiamenti climatici: pil globale -50% nel 2090 se non cambiamo rotta
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Andiamo verso rischi catastrofici per l’economia mondiale, senza azioni immediate per frenare i cambiamenti climatici. La crisi climatica potrebbe causare una perdita del 50% del pil globale tra il 2070 e il 2090, spiega una nuova stima che incorpora anche gli effetti più severi del climate change.

Cifre apocalittiche. Esagerate? Sicuramente, quello previsto dal rapporto Planetary Solvency curato dall’Institute and Faculty of Actuaries (IFoA), è uno scenario estremo. Ma tenere un occhio su questi possibili futuri drammatici è utile per valutare meglio le priorità politiche oggi. E analizzare come i diversi fattori in gioco nella crisi climatica si possono concatenare e rafforzare a vicenda.

Il futuro a +3 gradi

Il rapporto da questo punto di vista è estremamente chiaro. Gli impatti attuali dei cambiamenti climatici includono insicurezza alimentare, scarsità d’acqua, stress da caldo estremo e malattie infettive in espansione. Senza interventi significativi contro la crisi climatica, questa costellazione può evolvere in mortalità di massa, migrazioni forzate, contrazione economica devastante e nuove guerre.

E anche se, presi tutti insieme, questi fattori ci sembrano descrivere un futuro che non è il nostro, la possibilità c’è. Il rapporto ricorda, come hanno fatto molti studi scientifici negli ultimi anni, le conseguenze di un aumento del riscaldamento globale di 3°C. Cioè una traiettoria compatibile con quella attuale: l’Emission Gap Report dell’Onu, lo scorso ottobre, calcolava che andiamo ancora verso 3,1 gradi di riscaldamento.

Quali sono queste conseguenze? IFoA cita 4 miliardi di morti, frammentazione socio-politica senza precedenti, collasso di intere società e fallimento di Stati. Oltre a eventi di estinzione di massa e degrado sistemico delle risorse naturali, che minaccerebbero per secoli la prosperità umana.

Gestire meglio il rischio dei cambiamenti climatici

Di fronte a scenari del genere, secondo gli autori del rapporto la priorità è rivedere profondamente il modo in cui analizziamo e gestiamo il rischio. A tutti i livelli. Le valutazioni del rischio climatico usate da istituzioni finanziarie e governi, spiega il documento, sottovalutano gravemente gli impatti futuri. Perché? Ignorano effetti gravi dei cambiamenti climatici, come i punti di non ritorno (tipping points), le migrazioni e i conflitti.

Serve quindi un cambio di paradigma. Il rapporto propone un nuovo quadro di gestione dei rischi globali. Basato su un approccio che riconosca i limiti del Pianeta e integri il ruolo fondamentale della natura. Che sostituisce l’approccio attuale, basato sulla sola idea dello sfruttamento delle risorse.

“Valutazioni ampiamente utilizzate ma profondamente imperfette dell’impatto economico del cambiamento climatico mostrano un impatto trascurabile sul PIL, rendendo i decisori politici ciechi all’immenso rischio in cui ci pongono le attuali traiettorie politiche”, commenta Sandy Trust, prima firma del rapporto, che include anche una proposta di metodologia per una migliore valutazione del rischio. “La metodologia basata sul rischio, esposta nel rapporto, mostra una contrazione del PIL del 50% tra il 2070 e il 2090, a meno che non venga istituita una rotta alternativa”.

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