Gli sforzi messi in campo per tagliare l'inquinamento atmosferico del settore del riscaldamento, dal 2005 a oggi hanno raggiunto progressi sensibili solo con l'anidride solforosa. Meno pronunciate le riduzioni degli altri inquinanti atmosferici
I principali inquinanti del settore termico europeo
I sistemi di riscaldamento e raffreddamento hanno un impatto significativo sulla qualità dell’aria dell’Unione europea. A fine 2022, infatti, questo settore contribuiva ancora a quasi il 73% delle emissioni totali di particolato PM2,5. Con quote importanti anche di ossidi di azoto (NOx), di monossido di carbonio (CO) e di anidride solforosa (SO2).
A disegnare un quadro del comparto, riportando i vari fattori che influenzano le tendenze europee è il centro di ricerca Comune (JRC) della Commissione UE nel rapporto intitolato “Air pollution trends in the heating and cooling sector in the EU-27: A forward look to 2030″. Il documento passa in rassegna le tecnologie attuali ed emergenti nel settore, le prospettive sugli indicatori energetici e l’evoluzione delle emissioni inquinanti. Con uno sguardo al 2030 – come citato nel titolo – attraverso l’analisi dei Piani Nazionali Energia-Clima dei Ventisette.
Sistemi di Riscaldamento e raffreddamento, come stanno cambiando?
Partiamo dalle buone notizie. È ormai innegabile la trasformazione energetica che stanno vivendo i sistemi di riscaldamento e raffreddamento nel Vecchio Continente. Tra il 2005 e il 2022 il consumo finale lordo di energia di questi impianti nell’UE-27 è diminuito del 16%. Percentuale che sale al 23,8% se confrontata con il 1990. E sempre dal 2005 la produzione di calore rinnovabile è più che raddoppiata, crescendo sul consumo di quasi il 68% in 17 anni.
Inoltre nel segmento residenziale si è verificata una vistosa transizione dai combustibili a base di carbone/petrolio alla biomassa solida (nonostante il gas naturale rimanga il combustibile numero uno).
Bene ma non benissimo. Se si guardano le emissioni inquinanti infatti la strada appare ancora lunga. Nel Blocco, infatti, i sistemi di riscaldamento e raffreddamento contribuiscono a quasi il 73% di PM2,5, al 60% di CO, al 32,6% di NOx, al 48,6% di SO2 e al 18,2% di emissioni di composti organici volatili non metanici (COVNM). A cui si aggiunge anche un 2% di ammoniaca (NH3). E il segmento residenziale è una delle principali fonti delle emissioni di particolato, COVNM, NH3 e CO del settore.
Le tecnologie dominanti
Il problema principale è che, ad eccezion fatta della SO2, i trend di riduzione degli inquinanti atmosferici appaiono abbastanza moderati nel tempo. Ciò non sorprende più di tanto se si guarda al mix produttivo dove le fonti fossili forniscono ancora il contributo maggiore (60% nel 2022). Nel dettaglio quasi 80 milioni di abitazioni nell’UE-27 utilizzavano caldaie a gas nel 2022, quasi 26 milioni di abitazioni caldaie a gasolio e quasi 9 milioni di abitazioni caldaie a carbone.
I Paesi Bassi hanno la quota più alta di abitazioni con caldaie a gas (oltre il 90% del numero totale di abitazioni nel paese) e la Grecia la quota più alta di abitazioni con caldaie a gasolio (oltre il 70%). Bulgaria e Polonia hanno la quota più alta di caldaie a carbone, rispettivamente il 62% e il 58,6% (in base alle statistiche nazionali degli Stati membri).
Non solo. I dispositivi a combustione che emettono sostanze inquinanti rappresentavano alla stessa data addirittura il 97% del totale (includendo anche caldaie a biomassa, camini a legna, ecc.).
Non si possono non citare le pompe di calore, tecnologia senza emissioni dirette di inquinanti, il cui utilizzo è aumentato di sei volte dal 2005, rappresentando attualmente il 3,7% del consumo energetico finale lordo. Mentre il settore del riscaldamento e del raffreddamento ha raggiunto una quota di energia rinnovabile del 25% nel 2022, le pompe di calore rappresentano ancora una porzione relativamente piccola, contribuendo solo al 15%.
I PNIEC e i target 2030
“Nelle bozze dei PNIEC del 2023, gli Stati membri hanno aumentato le loro ambizioni di implementare sistemi di energia rinnovabile nel settore del riscaldamento e del raffreddamento rispetto alle versioni precedenti dei piani”, si legge nel report.
“Tuttavia, il settore del riscaldamento e del raffreddamento deve accelerare l’implementazione di sistemi rinnovabili per raggiungere gli obiettivi di quota rinnovabile per il 2030 negli scenari fit for 55. Raggiungere una quota del 32,8% di calore rinnovabile, come nello scenario di riferimento UE 2020, significa ottenere un aumento di 8 pp dal 2022 al 2030 (1 pp all’anno). In precedenza, un aumento di 8 pp era stato ottenuto in 14 anni (dal 2009 al 2023). Tale transizione nel settore del riscaldamento e del raffreddamento è considerata importante a livello politico nell’UE ed è espressa nell’obiettivo stabilito nella direttiva sulle energie rinnovabili per questo settore, che richiede un aumento di 1,1 pp all’anno tra il 2026 e il 2030″.
Leggi qui il report del JRC.
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