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Cambiamento climatico, il parere della Corte internazionale di giustizia sarà rivoluzionario?

La Corte Internazionale di Giustizia (ICJ) terrà udienze dal 2 al 13 dicembre 2024 per definire le responsabilità legali degli Stati nella lotta al cambiamento climatico. Vanuatu e altri 120 Paesi chiedono chiarezza sulle obbligazioni degli Stati per proteggere l’ambiente e affrontare i danni del riscaldamento globale. Il parere, atteso nel 2025, potrebbe influenzare cause climatiche in tutto il mondo

Cambiamento climatico: verso parere Corte Internazionale Giustizia
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Chiarire le obbligazioni legali degli Stati nella lotta contro il cambiamento climatico e le conseguenze per i paesi che contribuiscono al riscaldamento globale. È questo l’obiettivo delle audizioni che si terranno dal 2 al 13 dicembre alla Corte Internazionale di Giustizia (ICJ). E che potrebbero sfociare, l’anno prossimo, in un “parere consultivo” capace di riscrivere la storia dei contenziosi climatici e dell’azione climatica globale.

Perché il parere della Corte Internazionale di Giustizia è importante?

Non è un’esagerazione. Certo, la ICJ non emetterà una sentenza, ma solo un parere. E il parere non sarà giuridicamente vincolante, quindi nessuno Stato è tenuto per legge ad adeguarsi a cosa dirà il principale organo giudiziario dell’Onu, basato a L’Aia in Olanda.

Ma il parere dell’ICJ potrà essere usato come un precedente in qualsiasi altro dibattimento, in qualsiasi giurisdizione. Solitamente, i pronunciamenti della Corte Internazionale di Giustizia sono tenuti in alta considerazione.

In sintesi: dall’ICJ può arrivare un’arma nuova da usare in tutti i contenziosi climatici contro Stati e aziende per obbligarli a fare di più contro il riscaldamento globale.

Combattere il cambiamento climatico, il ruolo di Vanuatu

A chiedere all’ICJ di emettere un parere consultivo è stata l’Assemblea Generale dell’Onu nel 2023, su impulso di Vanuatu. Il piccolo stato insulare del Pacifico, insieme ad altri 120 paesi, ha chiesto che la Corte chiarisse quali sono i doveri degli Stati in relazione al cambiamento climatico.

Questo è il testo della richiesta avanzata all’ICJ:

“Tenuto conto in particolare della Carta delle Nazioni Unite, dei Patti internazionali sui diritti civili e politici e sui diritti economici, sociali e culturali, della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, dell’Accordo di Parigi, della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, del dovere di diligenza, dei diritti riconosciuti nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, del principio di prevenzione di danni significativi all’ambiente e del dovere di proteggere e preservare l’ambiente marino,

  • Quali sono gli obblighi degli Stati ai sensi del diritto internazionale per garantire la protezione del sistema climatico e di altre parti dell’ambiente dalle emissioni antropiche di gas serra per gli Stati e per le generazioni presenti e future;
  • Quali sono le conseguenze giuridiche derivanti da tali obblighi per gli Stati che, con i loro atti e omissioni, hanno causato danni significativi al sistema climatico e ad altre parti dell’ambiente, per quanto riguarda:
    • gli Stati, compresi, in particolare, i piccoli Stati insulari in via di sviluppo, che, a causa delle loro circostanze geografiche e del loro livello di sviluppo, sono danneggiati o particolarmente colpiti o sono particolarmente vulnerabili agli effetti negativi dei cambiamenti climatici?
    • i popoli e gli individui delle generazioni presenti e future colpiti dagli effetti negativi dei cambiamenti climatici?”

L’obiettivo di Vanuatu si intreccia con i risultati della COP29 di Baku. Il paese insulare, fortemente minacciato dall’aumento del livello dei mari e da altri impatti del cambiamento climatico, punta a un parere che rafforzi le richieste di:

  • Dichiarare illegale il contributo alle emissioni storiche cumulative che danneggiano il sistema climatico.
  • Aumentare i finanziamenti per i paesi più poveri colpiti dal cambiamento climatico. Alla COP29, l’accordo sulla finanza climatica prevede solo 300 mld $ l’anno entro il 2035, da risorse pubbliche e private. Secondo i paesi in via di sviluppo è una somma troppo bassa per affrontare il cambiamento climatico.
  • Eliminare gradualmente i combustibili fossili. Anche questo punto è stato discusso alla COP29. Dopo che l’anno scorso a Dubai si era finalmente riusciti a includere nella dichiarazione finale l’impegno a una “transizione dalle fossili”, quest’anno molti paesi hanno provato a indebolire l’accordo e a non citare mai i combustibili fossili.
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About Author / Lorenzo Marinone

Scrive per Rinnovabili dal 2016 ed è responsabile della sezione Clima & Ambiente. Si occupa in particolare di politiche per la transizione ecologica a livello nazionale, europeo e internazionale e di scienza del clima. Segue anche i temi legati allo sviluppo della mobilità sostenibile. In precedenza si è occupato di questi temi anche per altri siti online e riviste italiane.