Dalla FIRE, la Federazione italiana per l'uso razionale dell'energia, una riflessione sulle detrazioni fiscali edilizie alla luce della nuova Manovra
di Dario Di Santo, direttore FIRE
Il dibattito sull’energia negli ultimi mesi è stato dominato dal nucleare, fonte da sempre capace di stuzzicare l’immaginario collettivo e di accendere accesi dibattiti sui temi della sicurezza e della convenienza (più che altro per il futuro, perché al presente non è particolarmente sicuro e tantomeno economico). D’altra parte, dal momento che non si sa se e quando si faranno, e con che costi, i reattori piccoli e modulari (SMR) che sono al centro di queste discussioni, riteniamo utile parlare anche di temi energetici più concreti e impattanti nel breve e medio periodo per le nostre imprese e famiglie.
Ci concentriamo, per esigenze di spazio, su un argomento: le detrazioni fiscali per le ristrutturazioni virtuose degli edifici, ossia ecobonus e sismabonus.
Nel disegno di legge bilancio tutte le detrazioni vengono portate per le prime case al 50% nel 2025 e al 36% nei due anni successivi. Per le altre abitazioni le aliquote sono rispettivamente del 36% e del 30%. Rispetto alla situazione attuale è una riduzione consistente, che avrà inevitabilmente un effetto negativo sugli investimenti nel settore, con i relativi effetti su una filiera importante, che dà lavoro a oltre un milione e mezzo di persone, oltreché agli obiettivi fissati nel Piano nazionale integrato energia e clima (Pniec).
È chiaro che c’è un tema di conti pubblici da tenere sotto controllo, ma su questo fronte riteniamo utile porre alcune domande.
La prima è: perché mettere sullo stesso piano gli interventi di riqualificazione sismica ed edilizia – prioritari per la sicurezza, il contenimento delle bollette e la dipendenza energetica – con quelli di ristrutturazione semplice (che, tra l’altro, spesso si fanno a prescindere dagli incentivi)?
La seconda si collega ai rapporti degli anni passati redatti da varie parti, anche pubbliche, che sostanzialmente concordavano sulla neutralità delle detrazioni al 65% sui conti pubblici, sulla base della compensazione legata alle maggiori entrate per lo Stato: se non sono emersi elementi per ritenerli non attenibili, non c’è dunque la possibilità di considerare tale spesa un investimento e non, appunto, un semplice costo?
La terza è più spicciola: visto che si è preso l’impegno a ridurre l’evasione fiscale, siamo sicuri che questa riduzione delle aliquote non finisca per portare a un aumento del mercato nero? Chiudiamo l’elenco evidenziando come per l’ennesima volta si delinei un intervento di breve periodo, ossia il contrario di quelle che serve per favorire lo sviluppo delle imprese e un mercato sano e non speculativo.
Quando si parla di edifici, e di obiettivi comunitari come quelli della direttiva case green, il dibattito in genere si concentra sui costi elevati degli interventi e sull’onere eccessivo della decarbonizzazione e della sostenibilità in questo settore. Ci si dimentica però una questione a nostro avviso centrale: tutti noi passiamo la gran parte delle nostre vite – ahimè – dentro agli edifici, che siano residenze, uffici o stabilimenti produttivi. Immobili che spesso presentano problemi di sicurezza sismica, elettrica e di altro genere, non sono sempre confortevoli e salubri – con un impatto sul benessere, la produttività e la salute – e sono del tutto inadatti a fronteggiare gli eventi climatici estremi che sono ormai molto frequenti. Investire su una riqualificazione integrata degli edifici porta con sé benefici molteplici che vanno ben oltre il solo risparmio economico legato al risparmio energetico. E ravviva una filiera che non si limita alle costruzioni, ma a tutti i fornitori di prodotti e servizi coinvolti.
Investire in ricerca e sviluppo su soluzioni innovative è fondamentale e condivisibile. Ma non dovremmo perdere di vista le tante possibilità che abbiamo di usare meglio l’energia attraverso l’efficienza energetica e le fonti rinnovabili. La Fire, che tra l’altro gestisce la rete degli energy manager italiani, condivide continuamente esempi virtuosi sull’uso razionale dell’energia, che mostrano il grande potenziale di riduzione dei consumi e adozione delle fonti rinnovabili e i vantaggi per la competitività delle imprese che questo comporta. Riteniamo sia nell’interesse di tutti supportare questa transizione, che produce benefici economici, ambientali e sociali per i singoli e per il sistema paese.
Comprendiamo che non sia facile fare quadrare i conti per il Governo, ma forse si può intervenire in modo differente sulle detrazioni per il rinnovamento degli edifici, coniugando controllo della spesa con stimolo dell’economia. E speriamo che vengano accettati gli emendamenti, peraltro presentati da più parti, che mantengono il 65% per almeno un anno, in attesa di definire un quadro più certo e di fare valutazioni più precise sui conti.