Gli scienziati che 15 anni fa hanno parlato di net zero avvertono: sbagliato contare il ruolo delle compensazioni di carbonio da foreste, oceani e altri pozzi di CO2. Il vero net zero si ottiene solo con stoccaggi permanenti di tipo geologico
Per molti il concetto di emissioni nette zero è un passpartout. Il net zero è interpretato come una bilancia. Se un piatto pesa troppo, basta aggiungere peso sull’altro per arrivare in equilibrio. Chi la pensa così ritiene che si possa realizzare la transizione anche senza ridurre significativamente le emissioni dei combustibili fossili. Basta compensarle con più assorbimenti. Ma le tecnologie come la cattura diretta dall’aria e soluzioni analoghe sono ancora agli albori. Quindi si punta su più capacità di assorbimento dai pozzi di carbonio naturali, come foreste e oceani.
Questo approccio ci porterà a sbattere. Equiparare le rimozioni di CO2 naturali a quelle tecnologiche favorisce un riscaldamento globale continuo. Perciò, bisogna ricalibrare il concetto stesso di net zero per impedire queste interpretazioni fuorvianti. Come? Parlando di geological net zero, net zero geologico.
Emissioni nette zero, ma a livello “geologico”: cosa significa?
È la proposta avanzata in uno studio apparso su Nature dal gruppo di scienziati che, 15 anni fa, ha lavorato alla scienza dietro il concetto di emissioni nette zero. Concetto che, per funzionare davvero, non deve includere il ruolo dei pozzi di carbonio naturali.
Al contrario, oggi molti – forse tutti – i bilanci di carbonio nazionali fanno valere proprio i carbon sink naturali come misure per ridurre la quantità di emissioni. Lo stesso fanno le aziende. Ma le compensazioni così ottenute sono temporanee, poco sicure, difficilmente misurabili.
Da qui l’idea di sostituire, o meglio specificare, il vero significato di emissioni nette zero attraverso il concetto di Geological Net Zero. In cosa consiste?
Si arriva a emissioni nette zero a livello geologico quando i flussi di carbonio in entrata e in uscita dalla crosta terrestre sono bilanciati. Per ogni tonnellata di gas serra ancora generata da qualsiasi uso continuato di combustibili fossili, bisogna quindi contrapporre una tonnellata di CO2 messa in stoccaggi geologici. La prima ripercussione? Lo stoccaggio permanente di CO2 costa molto. Costa molto meno ridurre le emissioni fossili alla fonte.
“Stiamo già contando sulle foreste e sugli oceani per ripulire le nostre emissioni passate, la maggior parte delle quali derivano dalla combustione di cose che abbiamo estratto dal terreno. Non possiamo aspettarci che compensino anche le emissioni future. Entro la metà del secolo, qualsiasi carbonio che esce ancora dal terreno dovrà tornare giù, in uno stoccaggio permanente. Questo è Geological Net Zero”, afferma Myles Allen dell’università di Oxford e primo autore dello studio.