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Trasformazione dei sistemi agroalimentari e conservazione della biodiversità

La trasformazione dei sistemi agroalimentari non è un’opzione ma una necessità, ha ammonito la FAO nel corso della COP 16 sulla biodiversità. Nessun accordo è stato raggiunto per l’obiettivo di proteggere il 30% delle aree terrestri e il 30% di quelle marine entro il 2030 istituendo aree protette né per la creazione di un fondo globale per la protezione della natura

Trasformazione dei sistemi agroalimentari e conservazione della biodiversità
Image by Alain Audet from Pixabay

Quanto incidono i  sistemi agroalimentari sulla perdita di biodiversità?

Dalla trasformazione dei sistemi agroalimentari dipende la conservazione della biodiversità. La FAO ha lanciato quello che suona come un appello alla Conferenza delle Nazioni Unite sulla biodiversità (COP 16), che si è appena conclusa a Cali (Colombia).

Per COP 16 sulla biodiversità si intende la sedicesima conferenza delle parti (conference of parties) della Convenzione delle Nazioni Unite sulla diversità biologica.

Le minacce alla biodiversità

L’obiettivo del vertice era stabilire la creazione di un fondo globale per la protezione della natura di 200 miliardi di dollari all’anno fino al 2030, di cui fanno parte anche 30 miliardi di dollari di aiuti versati dai Paesi ricchi. Purtroppo, però, non si è raggiunto nessun accordo sul suo finanziamento.

Il messaggio centrale della COP 16 – intitolato “Pace con la natura” – è il ruolo dei sistemi agroalimentari per raggiungere gli obiettivi di salvaguardia della biodiversità, mentre si devono affrontare le sfide interconnesse della perdita di biodiversità, del cambiamento climatico e dello sviluppo sostenibile.

Trasformare i sistemi agroalimentari non è un’opzione ma una necessità

L’appello lanciato dalla FAO alla COP 16 non lascia spazio a dubbi né a possibili interpretazioni: la trasformazione dei sistemi agroalimentari non è un’opzione ma una necessità per la salute del Pianeta e la conservazione della biodiversità.

La presenza della FAO alla COP 16 ha sottolineato da un lato il suo impegno per costruire sistemi agroalimentari resilienti, dall’altro l’importanza di lavorare a livello globale per la conservazione e il ripristino della biodiversità. Un tema legato strettamente all’adattamento e alla mitigazione dei cambiamenti climatici, che a loro volta hanno un impatto determinante sulla sicurezza alimentare.

Alla trasformazione dei sistemi agroalimentare sono legate grandi sfide che si possono vincere solo con politiche lungimiranti e con l’innovazione tecnologica: solo se questa raggiunge i piccoli agricoltori e i piccoli produttori il cambiamento avrà un impatto reale e strategico.

Riconosciuto il ruolo chiave delle comunità indigene

L’iniziativa di supporto agri-NBSAPs (National Biodiversity Strategies and Action Plans), lanciata durante la COP 16, è nata per integrare la biodiversità nella trasformazione dei sistemi agroalimentari e promuovere lo sviluppo del mercato anche attraverso incentivi finanziari. In sostanza, promuove la conservazione della biodiversità e la sostenibilità nell’agricoltura, nella silvicoltura, nella pesca e nell’acquacoltura assicurando la produzione di cibi sani e sostenibili.

L’approvazione dell’articolo 8J della Convenzione sulla Diversità Biologica (CDB) riconosce un ruolo chiave nella conservazione della biodiversità alle comunità indigene che potranno partecipare alle decisioni in merito alla gestione della biodiversità come parte di un organismo apposito che sarà operativo fino al 2030.

Niente di fatto per l’obiettivo 30×30

È stato approvato il documento che associa il cambiamento climatico alla perdita di biodiversità. Il documento che approva le modalità di ampliamento delle aree marine di importanza ecologia o biologica rappresenta un passo avanti per facilitare la conservazione della biodiversità marina.

Niente di fatto, invece, per quanto riguarda i finanziamenti per rendere operativo l’accordo Kumming Global Biodiversity Framework (KM-GBF) centrato sul “30×30”, ovvero l’obiettivo di proteggere il 30% delle aree terrestri e il 30% di quelle marine entro il 2030 istituendo aree protette a sostegno della biodiversità come barriera contro i cambiamenti climatici.

Fino ad oggi, solo 33 nazioni hanno presentato piani d’azione completi; altre nazioni devono ancora stabilire un elenco delle priorità.

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