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La scarsità d’acqua metterà a rischio la coesione interna dell’Europa: allarme dell’EEA

La qualità delle acque europee non migliora da 9 anni. Il 30% degli europei vive ogni anno in condizioni di stress idrico. E la percentuale salirà man mano che si aggrava la crisi climatica. L’aggiornamento del rapporto annuale dell’Agenzia Europea dell’Ambiente (EEA)

Stato risorse idriche in Europa: nessun miglioramento dal 2015

Già oggi il 20% dell’Europa e quasi 1 cittadino su 3 deve fare i conti con lo stress idrico. Nei prossimi anni, anche a causa della crisi climatica, questa situazione peggiorerà. Con il pericolo di creare “pressioni concorrenziali” e addirittura compromettere la coesione interna dell’UE” visto che l’acqua è una risorsa transfrontaliera per eccellenza. È l’allarme che lancia l’ultimo rapporto dell’Agenzia Europea dell’Ambiente (EEA) sullo stato delle risorse idriche in Europa.

Adattarsi alla nuova realtà, però, non è immediato. Gestire la scarsità d’acqua assumerà sempre più importanza in tutta Europa. Allo stesso tempo, diventerà sempre più cruciale gestire anche i rischi di inondazione “in modo sostenibile e conveniente”, aggiunge l’EEA.

Due questioni che hanno colpito l’Italia in modo drammatico proprio in questi ultimi anni. Da un lato il biennio di siccità, che sta proseguendo con una coda al Sud Italia. Dall’altro lato le alluvioni in Emilia-Romagna e Toscana, e le annesse incognite sull’obbligo di assicurazione per le imprese introdotto dalla Finanziaria 2024 (che potrebbe presto essere esteso anche alle famiglie).

Stato delle risorse idriche in Europa, aggiornamento 2024

L’aggiornamento del rapporto EEA sullo stato delle risorse idriche in Europa non contiene molte buone notizie. La constatazione più amara riguarda gli obiettivi fissati per l’ormai lontano 2015: sono stati completamente disattesi. E, nel complesso, la situazione continua a non migliorare o quasi.

Ci sono stati pochissimi progressi dal 2010 a oggi, si legge nel rapporto. Nel 2021, solo il 37% dei corpi idrici superficiali europei ha raggiunto uno stato ecologico buono o elevato. Il 29% ha raggiunto un buono stato chimico. Sono percentuali che rimangono quasi inalterate fin dal 2015.

Gli habitat sono ancora molto degradati

E ancora: la maggior parte degli habitat e delle specie acquatiche protette nell’UE sono valutati in uno stato di conservazione scarso o pessimo. Nei pochi casi in cui lo status è migliorato, non è arrivato ai livelli migliori. E anche le aree protette non se la passano bene. Sono in buono stato appena il 17% degli habitat fluviali, lacustri e ripari, e l’11% delle zone umide.

I fattori di stress più rilevanti per la qualità delle risorse idriche UE

I paesi membri segnalano che i principali fattori di pressione sulle acque superficiali sono legati:

  • all’inquinamento da fonti diffuse come la deposizione atmosferica (52%),
  • ai cambiamenti nelle caratteristiche fisiche e nel flusso naturale di fiumi, laghi, acque di transizione e costiere (51% delle acque superficiali),
  • all’agricoltura (29%)
  • a fonti puntuali come gli scarichi di acque reflue (13%)
  • all’estrazione (8%).

Mentre per le acque di falda, i fattori di stress più comuni sono:

  • l’inquinamento diffuso (34%)
  • inquinamento diffuso di origine agricola (32%)
  • l’estrazione (18%), anche qui con l’agricoltura che è il principale responsabile, seguita da approvvigionamento idrico pubblico e industria.

Il ruolo dell’agricoltura nel compromettere le acque europee

L’agricoltura è anche di gran lunga il settore con i più alti consumi netto di acqua in Europa. “Senza cambiamenti nelle pratiche” agricole, sottolinea l’EEA, “è probabile che la domanda da parte dell’agricoltura irrigua aumenti con il cambiamento climatico”. Oltre a svolgere un ruolo principale anche per quanto riguarda l’inquinamento delle acque. “Uno o più pesticidi sono stati rilevati al di sopra della loro soglia di effetto nel 10-25% di tutti i siti di monitoraggio delle acque superficiali segnalati all’EEA tra il 2013 e il 2021” mentre le concentrazioni medie di nitrati nelle acque sotterranee “non sono state ridotte nel periodo 2000-2021”.

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