Realizzato un nuovo convertitore catalitico con platino e zeolite in grado di abbattere gli ossidi di azoto che si formano durante il processo di combustione dell'idrogeno ad alta temperatura
I progressi verso un motore H2-ICE senza emissioni
I motori a idrogeno non emettono (quasi) anidride carbonica, non richiedono ingombranti batterie e si possono adattare facilmente alle attuali tecnologie di locomozione. Tutti questi vantaggi ne stanno facendo un interessante campo di studi, coinvolgendo grandi nomi industriali per una rapida commercializzazione. Ma c’è un “ma”. I motori a idrogeno inquinano. E nonostante questo inquinamento non sia paragonabile a quello dei motori diesel, non può essere trascurato.
La soluzione? Filtri catalitici che abbattano i contaminanti atmosferici, come quello realizzato dagli scienziati dell’UC Riverside. I ricercatori hanno messo a punto un metodo a basso costo per migliorare l’efficienza dei convertitori catalitici e ridurre significativamente le emissioni inquinanti.
Ma per capirne i benefici è necessario fare un passo indietro.
Motori a idrogeno, cosa sono e come funzionano
Quando si parla di motori a idrogeno ci si riferisce ai motori a combustione interna (ICE-internal combustion engine) che convertono l’energia termica del flusso aria-idrogeno in lavoro meccanico. Da non confondere con la tecnologia propulsiva che impiega invece motori elettrici alimentati da fuel cell a idrogeno.
Il funzionamento è quello di tutti i motori endotermici a gas, di cui possiedono quasi gli stessi componenti. Ovviamente le differenze nelle proprietà fisiche dell’idrogeno influiscono sul modo in cui il carburante e l’aria vengono dosati e iniettati. L’H2 è molto più reattivo determinando creando problemi nella pre-accensione. Ecco perché per gli H2-ICE si preferiscono sistemi di iniezione diretta, che iniettano il carburante direttamente nei cilindri. In alternativa si deve riprogettare completamente il sistema.
Quali vantaggi comporterebbe impiegare l’idrogeno nei motori a combustione interna? L’idrogeno ha un elevato numero di ottano (ossia indice della resistenza alla detonazione): un 130, contro 125 del metano e 98-85 della benzina. E vanta un elevato potere calorifico, caratteristica in grado di renderlo un carburante molto interessante per gli ICE. Non solo. Lato efficienza, i motori ad idrogeno possono arrivare ad eguagliare quella dei motori endotermici tradizionali se opportunamente ottimizzati.
Di contro esistono delle sfide pratiche che ne hanno rallentato la commercializzazione. A partire dalla necessità di mantenere l’idrogeno liquido raffreddandolo sotto i 253 gradi Celsius, per evitare che vaporizzi. Inoltre a differenza dei motori a fuel cell non si tratta di una tecnologia zero emissioni. I motori a combustione interna a idrogeno rilasciano solo tracce trascurabili di CO2 – in quantità prossime allo zero – a causa dall’aria ambientale e dell’olio lubrificante. Ma soprattutto causano la formazione di ossidi di azoto, similmente ad altri combustibili ad alta temperatura, come cherosene, benzina, diesel o gas naturale.
Le emissioni inquinanti del motore a idrogeno
Poiché la combustione dell’H2 avviene in un’atmosfera contenente azoto e ossigeno, queste molecole possono reagire tra loro formano ossidi di azoto (NOx). A sua volta questi composti, rilasciati in atmosfera, possono ossidarsi in biossido di azoto, un inquinante dannoso sia per la salute umana che per quella ambientale. Si tratta infatti di un gas irritante per l’apparato respiratorio, in grado di innescare diverse patologie. E nel contempo il biossido di azoto può trasformarsi in acido nitrico, contribuendo al fenomeno delle “piogge acide”, o portare alla formazione dell’ozono fotochimico.
Tuttavia le quantità di NOx emesse dipendono dalla miscela. Se l’idrogeno brucia in presenza di molto ossigeno, si formano pochi ossidi di azoto. Quando invece brucia con rapporti aria-carburante prossimi allo stechiometrico, la quantità cresce. Ecco perchè gli H2-ICE sono in genere regolati per funzionare in modo magro con un rapporto aria superiore. Ma anche così servono dei sistemi di trattamento delle emissioni.
Come ridurre al minimo le emissioni di NOx del motore a idrogeno?
Nella lista di iniziative che lavorano all’obiettivo il Southwest Research Institute, a maggio 2024, ha sviluppato un veicolo dimostrativo di Classe 8 alimentato a idrogeno con emissioni di ossidi di azoto estremamente basse. Nel dettaglio l’Istituto si è avvalso dell’esperienza di precedenti progetti per sviluppare un nuovo sistema di post-trattamento adattato specificatamente all’ambiente di scarico dell’idrogeno. In questo modo ha potuto ridurre i NOx a 0,008 g/cv-ora. Una novità assoluta nel settore.
“Volevamo che il programma si allineasse alla politica sui gas serra della Fase 3 dell’Environmental Protection Agency, quindi sapevamo che la nostra tempistica era ambiziosa“, ha spiegato Ryan Williams, manager della divisione Powertrain Engineering di SwRI e responsabile del programma. “È stata necessaria un’incredibile pianificazione da parte dei team di integrazione per garantire che la costruzione procedesse senza intoppi.”
Un ulteriore passo avanti arriva dalla ricerca degli scienziati dell’UC Riverside.
Come riportato sulla rivista Nature Communications, i ricercatori hanno scoperto che l’infusione di platino nei convertitori catalitici con zeolite Y – un materiale altamente poroso – migliora notevolmente le reazioni tra ossidi di azoto e idrogeno, convertendoli in innocuo azoto gassoso e vapore acqueo.
Rispetto a un convertitore catalitico senza zeoliti, la quantità di ossidi di azoto convertiti in sostanze innocue è aumentata da quattro a cinque volte a una temperatura del motore di 250 gradi Celsius. Il sistema è stato particolarmente efficace a temperature più basse, il che è fondamentale per ridurre l’inquinamento quando i motori si accendono per la prima volta e sono ancora relativamente freddi.
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