Il tratto di 2 km dove saranno installate le bobine di rame che consentono la ricarica senza sosta supporta l’87% del traffico passeggeri e merci
Partirà l’anno prossimo la prima sperimentazione di una “autostrada elettrica” in Francia, che permetterà la ricarica dei veicoli senza sosta grazie all’induzione magnetica. Il tratto interessato dal test si trova a sud-ovest di Parigi sull’A10: un segmento di 2 chilometri all’altezza di Saint-Arnoult-en-Yvelines.
Come funziona l’autostrada elettrica?
In quel tratto di autostrada saranno interrate delle bobine di rame circa 10 cm sotto la striscia di asfalto, in corrispondenza della corsia di destra. Le bobine, alimentate dalla rete elettrica, generano un campo elettromagnetico che interagisce con un sensore installato sotto il telaio dei veicoli, grazie al quale viene nuovamente convertito in energia elettrica.
Secondo le previsioni di Vinci Autoroutes, la concessionaria che gestisce quella tratta, con 200 kilowatt di potenza si potrebbe ricaricare il 50% della batteria di un’auto guidando per 10 minuti lungo la corsia di destra.
La sfida di decarbonizzare i trasporti
Vinci ha collaborato con l’università Gustave-Eiffel e la Hutchinson per stimare la fattibilità dell’operazione. La tecnologia, infatti, non è nuova. Ed è già in funzione su alcune strade in Svezia. Ma il suo impiego e la sostenibilità economica devono essere vagliati caso per caso.
La scelta è ricaduta su quel segmento specifico di A10 perché è la tratta su cui transita l’87% dei passeggeri e delle merci. E anche in uno scenario di transizione a metà secolo con uno shift modale pronunciato verso il traffico su rotaia, quell’arteria autostradale resterà cruciale per la Francia con il 75% degli spostamenti.
Scommettere sulla autostrada elettrica non è solo un modo per diffondere la mobilità elettrica e favorire l’elettrificazione del trasporto pesante, agendo sulla “range anxiety” e riducendo la necessità di una certa densità di punti di ricarica. Se il sistema a induzione fosse integrato in modo più ampio nell’infrastruttura dei trasporti, permetterebbe anche, in prospettiva, di ridurre la taglia delle batterie. E quindi tagliare il fabbisogno di minerali critici, e i costi di produzione dei mezzi.