L’indice SPI a 12 mesi segnala una situazione severo-estrema in gran parte del Sud, con punte in Calabria e Sicilia dove il territorio colpito da siccità estrema arriva al 47% e al 69%. I dati di Greenpeace e Cnr-Ibe
Piogge scarse o assenti, temperature (dell’aria e al suolo) molto sopra la media, cattiva gestione della risorsa idrica tra invasi, prelievi e altre infrastrutture. Sono queste le cause della gravissima siccità in Sud Italia nel 2024, che ha raggiunto livelli senza precedenti nelle serie storiche.
Eventi siccitosi di questo tipo vengono “spesso affrontati sull’onda dell’emergenza” ma sarebbero in realtà “altrettanto spesso leggibili attraverso dati meteoclimatici che descrivono la situazione sul medio-lungo periodo”, cosa che permette di “anticipare alcune tendenze”.
Lo sostiene Greenpeace nel rapporto “Sud a secco. Il bilancio estivo sulla siccità in Italia” pubblicato il 24 settembre e realizzato insieme agli esperti del Cnr-Ibe. Qual è la situazione della siccità in Italia e in particolare nelle regioni meridionali? Quali sono le cause?
Siccità nel Sud Italia 2024: è estrema nel 29% del territorio
L’analisi dei dati dell’Osservatorio Siccità curato dal Cnr-Ibe mostra una situazione di siccità nel lungo periodo particolarmente grave nel meridione. L’indicatore di riferimento è l’indice SPI a 12 mesi, che evidenzia le anomalie delle precipitazioni in periodi di accumulo di 12 mesi ed è utile per stimare l’impatto nel medio e lungo termine (ad esempio, la riduzione del flusso dei corsi d’acqua e dell’immagazzinamento nei bacini, la riduzione della ricarica delle falde acquifere).
Nelle 5 regioni più colpite, ovvero Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna, l’indice SPI-12 indica una siccità severo-estrema nel 29% del territorio. Si tratta di una media che vede le situazioni più critiche in Calabria e in Sicilia, dove questa percentuale sale, rispettivamente, al 47 e al 69%.
Temperature anomale
Ad aggravare il quadro ha contribuito un’estate mediamente molto più calda della media. Tra giugno e agosto, al Sud la colonnina di mercurio (temperatura a 2 metri dal suolo) è stata 1,95°C più alta della media degli ultimi 30 anni. Negli ultimi 224 anni, l’estate è stata più bollente solo nel 2003.
Valori eccezionalmente anomali anche per la temperatura al suolo. Nei 3 mesi estivi la media nazionale segna +2,1°C con punte massime di 4,1°C in Calabria e 3,8°C in Puglia mentre le medie regionali sono state sopra la media storica in tutta la penisola.
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Impatto sull’agricoltura
Uno dei riflessi della siccità in Sud Italia del 2024 più percepibili nei prossimi mesi è quello del calo della produzione agricola. Nel Meridione sono concentrate quote importanti delle coltivazioni di base del paese. Ad esempio, la Puglia ospita l’11% dei terreni coltivati a cereali.
Secondo Greenpeace e il Cnr-Ibe, la prolungata evapotraspirazione provocata dalla siccità ha “ulteriormente favorito” danni alle colture tipicamente autunno-vernine prima, e a quelle primaverili-estive poi. I numeri: siccità severo-estrema colpisce il 42% delle colture non irrigue in Calabria, il 66% in Sicilia e il 20% in Puglia.
“Secondo il CREA, il Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria, nel 2024 la produzione nazionale di grano duro potrebbe registrare un calo medio dell’8% rispetto al 2023 e, in alcune zone, del 10-15%, sulla media dell’ultimo decennio”, ricorda il rapporto.
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La situazione degli invasi
Ieri Utilitalia calcolava che la siccità al Sud Italia 2024 ha svuotato gli invasi del Meridione, dove il livello di risorsa idrica tocca anche punte del -45%. Secondo i dati del rapporto Greenpeace-Cnr-Ibe, la percentuale di riempimento degli invasi regionali al 31 agosto 2024 era del 20,2% in Basilicata, del 9% in Puglia, del 44% in Sardegna e del 20% in Sicilia (dove la media per agosto 2023 era il doppio, il 39%).
Dati che evidenziano l’incrocio tra crisi climatica e cattiva gestione della risorsa. Per il rapporto lo stato degli invasi dipende dal disequilibrio tra minori precipitazioni e aumento dei prelievi idrici per i vari usi.
Secondo Ramona Magno, “è importante ad esempio ripristinare il volume di invaso dei bacini già esistenti, che con il tempo si riduce per la deposizione di sedimenti, ridurre le perdite idriche lungo le reti di distribuzione e iniziare, finalmente, a differenziare il tipo di acqua utilizzata a seconda del suo utilizzo finale, aumentando le capacità di recupero delle acque chiare nei contesti urbani, da destinare a tutti gli usi che non siano di tipo potabile o igienico-sanitari”.