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Brescia produrrà il 1° cemento a impatto zero d’Italia

Heidelberg Materials valuta le opzioni di conversione del sito di Rezzato-Mazzano. Al centro la tecnologia CCUS (cattura, stoccaggio e utilizzo della CO2) già testata in un impianto in Norvegia

Cemento a impatto zero: in Lombardia il 1° impianto in Italia
crediti: Heidelberg Materials

Heidelberg Materials realizzerà nel 2025 il 1° cemento a impatto zero al mondo in Norvegia

La cementeria di Rezzato-Mazzano, in provincia di Brescia, potrebbe diventare il primo impianto in Italia a produrre un cemento a impatto zero dal punto di vista della CO2. Il sito di proprietà della Heidelberg Materials è al centro di uno studio di fattibilità per valutare le opzioni migliori per la decarbonizzazione dei processi produttivi ad alto tenore emissivo. Principalmente con il ricorso alla cattura, stoccaggio e utilizzo della CO2 (CCUS).

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È sulla CCUS che il gruppo tedesco, che ha acquisito Italcementi nel 2016, sta puntando per decarbonizzare i suoi impianti hard to abate. La prima esperienza in questo senso sta per diventare realtà in Norvegia, a Brevik. Lì dal 2025 l’impianto della Heidelberg Materials diventerà la prima cementeria a livello mondiale a produrre un cemento a impatto zero. Tramite la cattura dell’anidride carbonica attraverso l’assorbimento chimico con solventi a base di ammine. Che verrà poi stoccata in profondità, nei fondali oceanici al largo della Norvegia.

Dopo la cattura, la CO2 generata dal cementificio viene però solo in parte stoccata. Una quota viene reimmessa nel processo produttivo, contribuendo a creare evoZero. Si tratta del primo cemento “net zero carbon captured” al mondo, ovvero con un’impronta di carbonio netta pari a zero grazie all’integrazione della CCUS.

La sinergia di Rezzato-Mazzano con Ravenna CCS

È su entrambe queste direttrici che si muoverà lo studio di fattibilità per il cementificio bresciano. L’opzione dello stoccaggio vede come orizzonte più concreto la sinergia con il progetto Ravenna CCS appena inaugurato da Eni e Snam. Si tratta dello stoccaggio geologico nell’Alto Adriatico, all’interno di giacimenti esausti di idrocarburi a grandi profondità, della CO2 industriale catturata. Nella prima fase, avviata a inizio settembre, lo stoccaggio riguarderà solo l’anidride carbonica catturata dalla vicina centrale a gas di Casalborsetti di proprietà di Eni. Ma presto si aprirà a soggetti esterni, con l’obiettivo di servire i distretti industriali hard to abate nazionali.

La conversione del cementificio di Rezzato-Mazzano “potrebbe partecipare ai futuri processi di conferimento delle capacità di trasporto e stoccaggio della CO2 nei giacimenti di gas esauriti al largo di Ravenna”, fa sapere l’azienda, che ha già avviato il dialogo con Eni e Snam per “una valutazione tecnica preliminare”.

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